La diagnosi citologica della peritonite infettiva felina: un approccio multidisciplinare Saverio Paltrinieri Dipartimento di Patologia Animale Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria – Università di Milano La Peritonite Infettiva Felina (FIP) è una malattia letale dei felini sostenuta da Coronavirus Felini (FCoV) (Pedersen, 1995). I FCoV sono molto diffusi nelle popolazioni feline. La maggior parte dei ceppi, conosciuti come coronavirus enterici felini (FECV) inducono leggere enteriti. I FCoV sono molto instabili geneticamente: in ambienti endemici e spesso nello stesso gatto, nove quasispecie vengono generate di continuo (Gunn-Moore et al., 1999). In questo contesto possono comparire ceppi patogeni conosciuti come FIP virus (FIPV). Quest’ultimo infetta i macrofagi e, con essi viene distribuito nell’organismo. La risposta immunitaria determina la comparsa di lesioni granulomatose (forma secca) o di una diffusa vasculite che porta alla comparsa di versamenti cavitari (forma umida) (Pedersen, 1995). La diagnosi di FIP presenta molte difficoltà per il veterinario clinico. Sebbene siano infatti numerose le alterazioni cliniche, ematologiche e chimico cliniche indicative di FIP (sintomi neurologici o oculari, presenza di versamenti endocavitari, anemia non rigenerativa, linfopenia, alterazioni degli indicatori di funzionalità epato-renale, iperprotidemia con aumento delle 2- e delle -globuline, aumento delle proteine di fase acuta, e in particolare della 1-glicoproteina acida), nessuna di tali alterazioni è sufficientemente specifica per FIP (Pedersen, 1995; Sparkes et al., 1991; Duthie et al., 1997; Addie et al., 2003). Per una diagnosi certa della patologia rimane quindi valido quanto suggerito molti anni fa da Barlough e Stoddart (1990), i quali affermavano che l’unica diagnosi certa è quella istologica, eventualmente corredata dall’evidenziazione immunoistochimica del FCoV. Tale diagnosi è per lo più effettuabile post-mortem, in sede di necroscopia. Sebbene alcuni organi, e in particolare fegato e rene, presentino sempre lesioni focali, spesso multiple, anche in assenza di sintomi riferibili ad insufficienza epato-biliare, da un punto di vista pratico risulta infatti molto difficile eseguire un prelievo bioptico laparoscopico per il prelievo dei tessuti lesionati, in quanto le condizioni generali del gatto sono in genere tali da rendere rischiosa l’anestesia generale. In tale contesto diventa molto più semplice l’utilizzo di tecniche meno invasive come la biopsia percutanea mediante tru cut su fegato e rene, o meglio l’esame citologico. Quest’ultimo presenta due vantaggi fondamentali: non richiede affatto procedure anestesiologiche (può infatti essere eseguito in sedazione profonda) e può essere eseguito non solo su fegato e rene ma anche su eventuali neoformazioni di natura piogranulomatosa (a sede omentale, linfonodale o intestinale) o addirittura, nelle forme umide, sui versamenti. Anche l’esame citologico, peraltro, può non essere del tutto risolutivo, in parte per la stessa natura della tecnica, che può non evidenziare lesioni focali come quelle rilevabili nei parenchimi in corso di FIP, in parte per l’aspecificità degli infiltrati flogistici indotti da FcoV (Paltrinieri et al., 2001). Sia nei parenchimi che nei citocentrifugati ottenuti da versamenti, è infatti rilevabile un quadro di flogosi non specifico, compatibile con una diagnosi di forma piogranulomatosa e caratterizzato dalla presenza di neutrofili, per lo più non degenerati, di elementi linfoplasmacellulari e di macrofagi, eventualmente corredato dalla presenza, nei versamenti di cellule mesoteliali reattive (Pedersen, 1995; Meinkoth et al.., 1998). Anche se non specifico, l’esame citologico è comunque importante perché permette quantomeno di escludere altre patologie caratterizzate da un quadro citologico tipico (neoplasie, forme primariamente purulente, gravi degenerazioni epatorenali) e può guidare il clinico nella scelta di esami collaterali utili per la diagnostica differenziale. A tale proposito va ricordato che in caso di sintomi compatibili con la diagnosi di FIP secca le alternative diagnostiche sono rappresentate da ogni possibile forma patologica responsabile della cosiddetta “febbre da origine sconosciuta” (Fever of Unknown Origin o FUO), da patologie primariamente oculari (traumatiche, immunomediate), da patologie neurologiche primarie (neoplastiche, vascolari, infettive – toxoplasmosi, leucemia virale felina, immunodeficienza virale felina), o da forme degenerative epatorenali (a sfondo tossico, neoplastico o infettivo) (Addie et al., 2003). In questo contesto, il protocollo diagnostico dovrebbe prevedere dapprima uno screening ematologico, biochimico e sierologico (ELISA) e la citologia epatica e/o renale dovrebbe essere presa in considerazione solo nei casi dubbi. Nel caso di FIP umida, invece, le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da versamenti di natura infettiva, da forme neoplastiche di varia natura o da forme di colangioepatite linfoplasmacellulare, una malattia del gatto di probabile natura immunomediata o autoimmune (Addie et al., 2003). In questo contesto l’esame citologico del versamento assume un ruolo diagnostico fondamentale: la quantità di liquido che si accumula nelle cavità corporee di solito è elevatissima (anche più di 500 ml) ed è quindi facile disporre di sufficiente materiale per eseguire non solo la citologia ma anche esami batteriologici e biochimici. Tra questi ultimi l’esame delle proteine del versamento riveste particolare importanza. In caso di FIP è infatti possibile riscontrare un aumento delle 2- e delle -globuline non solo nel siero ma anche nel versamento. Da dati bibliografici è stato calcolato che il valore predittivo positivo di tali alterazioni è decisamente elevato (Shelly et al., 1987), ma, ancora, non permette di raggiungere la sicurezza diagnostica. Se però sia la citologia che l’elettroforesi dei versamenti sono compatibili con FIP, le probabilità di errore diagnostico diminuiscono fino quasi ad annullarsi (Paltrinieri et al., 1999). Un’ultima considerazione dev’essere dedicata alla possibilità di utilizzare tecniche di immunomarcatura dei FCoV in campioni citologici: La possibilità di evidenziare FCoV nei versamenti mediante immunofluorescenza diretta è stata proposta una decina d’anni fa (Cammarata Parodi et al., 1993) ed ha permesso di aumentare le performance diagnostiche dell’esame citologico: dai dati ottenuti è emerso che riscontrare antigene virale nei macrofagi del versamento ci dà una diagnosi certa di FIP, mente il non trovarlo non permette di escludere del tutto la patologia, ma comunque lascia un margine di dubbio inferiore al 3% (Paltrinieri et al., 1999). Al contrario le performance diagnostiche su campioni citologici ottenuti per agoaspirazione epatica e renale è molto peggiore, probabilmente a causa della ridotta cellularità dei campioni e della non uniforme distribuzione del virus nelle lesioni (Paltrinieri et al., 2001). Addie D.D., Paltrinieri S., Pedersen N. (2003) Recommendations from workshops of the second international feline coronavirus/feline infectious peritonitis symposium. J Fel Med & Surg in press Barlough J.E., Stoddart C.A. (1990) Feline Infectious Peritonitis. Veterinary Reports 1, 13-17. Cammarata Parodi M., Cammarata G., Paltrinieri S., Lavazza A., Ape F. (1993) Using direct immunofluorescence to detect coronaviruses in peritoneal and pleural effusions. J. Small An. Pract. 34, 609-613. Duthie S., Eckersall P.D., Addie D.D., Lawrence C.E., Jarret O. (1997). Value of 1-acid glycoprotein in the diagnosis of feline infectious peritonitis. The Veterinary Record 141, 299-303. Gunn-Moore D.A. Gunn-Moore F.J. Gruffydd-Jones T.J. Harbour D.A. (1999) Detection of FcoV quasispecies using denaturing gradient gel electrophoresis. Veterinary Microbiology. 69, ,127-30 Meinkoth J..H., Cowell R.L., Tyler R.D. (1998) The renal parenchima In: Diagnostic cytology and hematology of the dog and cat. Cowell R.L., Tyler R.D., Meinkoth J.H. (eds), Mosby, St. Louis, Pag. 203-210 Paltrinieri S., Cammarata Parodi M., Cammarata G. (1999) In vivo diagnosis of feline infectious peritonitis by comparison of protein content, cytology and direct immunofluorescence test performed on peritoneal and pleural effusions. J.Vet. Diagn. Invest., 11, 358-361 Paltrinieri S., Giordano A., Milesi E., Ghisleni G., Parodi Cammarata M. (2001) Assesment of different bioptic and immunohistochemical techniques for the diagnosis of feline infectious peritonitis (FIP) Atti 19° ESVP meeting, Thessaloniki. Sept, 25th-28th 2001, Pag. 141 Pedersen N.C. (1995) An overview of feline enteric coronavirus and infectious peritonitis virus infections. Feline Practice 23, 7-20. Shelly S.M., Scarlett-Kranz J., Blue J.T. (1987) Protein electrophoresis on effusion from cats as a diagnostic test for feline infectious peritonitis. Journal of the American Animal Hospital Association 24:, 495-497 Sparkes A.H., Gruffydd-Jones T.J., Harbour D.A. (1991) Feline infectious peritonitis: a review of clinicopathological changes in 65 cases, and a critical assessment of their diagnostic value. Veterinary Record 129, 209-212

La diagnosi citologica della peritonite infettiva felina: un approccio multidisciplinare / S. Paltrinieri. ((Intervento presentato al 6. convegno VI Congresso Nazionale Società Italiana di Citologia tenutosi a Montegrotto terme nel 2003.

La diagnosi citologica della peritonite infettiva felina: un approccio multidisciplinare

S. Paltrinieri
Primo
2003

Abstract

La diagnosi citologica della peritonite infettiva felina: un approccio multidisciplinare Saverio Paltrinieri Dipartimento di Patologia Animale Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria – Università di Milano La Peritonite Infettiva Felina (FIP) è una malattia letale dei felini sostenuta da Coronavirus Felini (FCoV) (Pedersen, 1995). I FCoV sono molto diffusi nelle popolazioni feline. La maggior parte dei ceppi, conosciuti come coronavirus enterici felini (FECV) inducono leggere enteriti. I FCoV sono molto instabili geneticamente: in ambienti endemici e spesso nello stesso gatto, nove quasispecie vengono generate di continuo (Gunn-Moore et al., 1999). In questo contesto possono comparire ceppi patogeni conosciuti come FIP virus (FIPV). Quest’ultimo infetta i macrofagi e, con essi viene distribuito nell’organismo. La risposta immunitaria determina la comparsa di lesioni granulomatose (forma secca) o di una diffusa vasculite che porta alla comparsa di versamenti cavitari (forma umida) (Pedersen, 1995). La diagnosi di FIP presenta molte difficoltà per il veterinario clinico. Sebbene siano infatti numerose le alterazioni cliniche, ematologiche e chimico cliniche indicative di FIP (sintomi neurologici o oculari, presenza di versamenti endocavitari, anemia non rigenerativa, linfopenia, alterazioni degli indicatori di funzionalità epato-renale, iperprotidemia con aumento delle 2- e delle -globuline, aumento delle proteine di fase acuta, e in particolare della 1-glicoproteina acida), nessuna di tali alterazioni è sufficientemente specifica per FIP (Pedersen, 1995; Sparkes et al., 1991; Duthie et al., 1997; Addie et al., 2003). Per una diagnosi certa della patologia rimane quindi valido quanto suggerito molti anni fa da Barlough e Stoddart (1990), i quali affermavano che l’unica diagnosi certa è quella istologica, eventualmente corredata dall’evidenziazione immunoistochimica del FCoV. Tale diagnosi è per lo più effettuabile post-mortem, in sede di necroscopia. Sebbene alcuni organi, e in particolare fegato e rene, presentino sempre lesioni focali, spesso multiple, anche in assenza di sintomi riferibili ad insufficienza epato-biliare, da un punto di vista pratico risulta infatti molto difficile eseguire un prelievo bioptico laparoscopico per il prelievo dei tessuti lesionati, in quanto le condizioni generali del gatto sono in genere tali da rendere rischiosa l’anestesia generale. In tale contesto diventa molto più semplice l’utilizzo di tecniche meno invasive come la biopsia percutanea mediante tru cut su fegato e rene, o meglio l’esame citologico. Quest’ultimo presenta due vantaggi fondamentali: non richiede affatto procedure anestesiologiche (può infatti essere eseguito in sedazione profonda) e può essere eseguito non solo su fegato e rene ma anche su eventuali neoformazioni di natura piogranulomatosa (a sede omentale, linfonodale o intestinale) o addirittura, nelle forme umide, sui versamenti. Anche l’esame citologico, peraltro, può non essere del tutto risolutivo, in parte per la stessa natura della tecnica, che può non evidenziare lesioni focali come quelle rilevabili nei parenchimi in corso di FIP, in parte per l’aspecificità degli infiltrati flogistici indotti da FcoV (Paltrinieri et al., 2001). Sia nei parenchimi che nei citocentrifugati ottenuti da versamenti, è infatti rilevabile un quadro di flogosi non specifico, compatibile con una diagnosi di forma piogranulomatosa e caratterizzato dalla presenza di neutrofili, per lo più non degenerati, di elementi linfoplasmacellulari e di macrofagi, eventualmente corredato dalla presenza, nei versamenti di cellule mesoteliali reattive (Pedersen, 1995; Meinkoth et al.., 1998). Anche se non specifico, l’esame citologico è comunque importante perché permette quantomeno di escludere altre patologie caratterizzate da un quadro citologico tipico (neoplasie, forme primariamente purulente, gravi degenerazioni epatorenali) e può guidare il clinico nella scelta di esami collaterali utili per la diagnostica differenziale. A tale proposito va ricordato che in caso di sintomi compatibili con la diagnosi di FIP secca le alternative diagnostiche sono rappresentate da ogni possibile forma patologica responsabile della cosiddetta “febbre da origine sconosciuta” (Fever of Unknown Origin o FUO), da patologie primariamente oculari (traumatiche, immunomediate), da patologie neurologiche primarie (neoplastiche, vascolari, infettive – toxoplasmosi, leucemia virale felina, immunodeficienza virale felina), o da forme degenerative epatorenali (a sfondo tossico, neoplastico o infettivo) (Addie et al., 2003). In questo contesto, il protocollo diagnostico dovrebbe prevedere dapprima uno screening ematologico, biochimico e sierologico (ELISA) e la citologia epatica e/o renale dovrebbe essere presa in considerazione solo nei casi dubbi. Nel caso di FIP umida, invece, le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da versamenti di natura infettiva, da forme neoplastiche di varia natura o da forme di colangioepatite linfoplasmacellulare, una malattia del gatto di probabile natura immunomediata o autoimmune (Addie et al., 2003). In questo contesto l’esame citologico del versamento assume un ruolo diagnostico fondamentale: la quantità di liquido che si accumula nelle cavità corporee di solito è elevatissima (anche più di 500 ml) ed è quindi facile disporre di sufficiente materiale per eseguire non solo la citologia ma anche esami batteriologici e biochimici. Tra questi ultimi l’esame delle proteine del versamento riveste particolare importanza. In caso di FIP è infatti possibile riscontrare un aumento delle 2- e delle -globuline non solo nel siero ma anche nel versamento. Da dati bibliografici è stato calcolato che il valore predittivo positivo di tali alterazioni è decisamente elevato (Shelly et al., 1987), ma, ancora, non permette di raggiungere la sicurezza diagnostica. Se però sia la citologia che l’elettroforesi dei versamenti sono compatibili con FIP, le probabilità di errore diagnostico diminuiscono fino quasi ad annullarsi (Paltrinieri et al., 1999). Un’ultima considerazione dev’essere dedicata alla possibilità di utilizzare tecniche di immunomarcatura dei FCoV in campioni citologici: La possibilità di evidenziare FCoV nei versamenti mediante immunofluorescenza diretta è stata proposta una decina d’anni fa (Cammarata Parodi et al., 1993) ed ha permesso di aumentare le performance diagnostiche dell’esame citologico: dai dati ottenuti è emerso che riscontrare antigene virale nei macrofagi del versamento ci dà una diagnosi certa di FIP, mente il non trovarlo non permette di escludere del tutto la patologia, ma comunque lascia un margine di dubbio inferiore al 3% (Paltrinieri et al., 1999). Al contrario le performance diagnostiche su campioni citologici ottenuti per agoaspirazione epatica e renale è molto peggiore, probabilmente a causa della ridotta cellularità dei campioni e della non uniforme distribuzione del virus nelle lesioni (Paltrinieri et al., 2001). Addie D.D., Paltrinieri S., Pedersen N. (2003) Recommendations from workshops of the second international feline coronavirus/feline infectious peritonitis symposium. J Fel Med & Surg in press Barlough J.E., Stoddart C.A. (1990) Feline Infectious Peritonitis. Veterinary Reports 1, 13-17. Cammarata Parodi M., Cammarata G., Paltrinieri S., Lavazza A., Ape F. (1993) Using direct immunofluorescence to detect coronaviruses in peritoneal and pleural effusions. J. Small An. Pract. 34, 609-613. Duthie S., Eckersall P.D., Addie D.D., Lawrence C.E., Jarret O. (1997). Value of 1-acid glycoprotein in the diagnosis of feline infectious peritonitis. The Veterinary Record 141, 299-303. Gunn-Moore D.A. Gunn-Moore F.J. Gruffydd-Jones T.J. Harbour D.A. (1999) Detection of FcoV quasispecies using denaturing gradient gel electrophoresis. Veterinary Microbiology. 69, ,127-30 Meinkoth J..H., Cowell R.L., Tyler R.D. (1998) The renal parenchima In: Diagnostic cytology and hematology of the dog and cat. Cowell R.L., Tyler R.D., Meinkoth J.H. (eds), Mosby, St. Louis, Pag. 203-210 Paltrinieri S., Cammarata Parodi M., Cammarata G. (1999) In vivo diagnosis of feline infectious peritonitis by comparison of protein content, cytology and direct immunofluorescence test performed on peritoneal and pleural effusions. J.Vet. Diagn. Invest., 11, 358-361 Paltrinieri S., Giordano A., Milesi E., Ghisleni G., Parodi Cammarata M. (2001) Assesment of different bioptic and immunohistochemical techniques for the diagnosis of feline infectious peritonitis (FIP) Atti 19° ESVP meeting, Thessaloniki. Sept, 25th-28th 2001, Pag. 141 Pedersen N.C. (1995) An overview of feline enteric coronavirus and infectious peritonitis virus infections. Feline Practice 23, 7-20. Shelly S.M., Scarlett-Kranz J., Blue J.T. (1987) Protein electrophoresis on effusion from cats as a diagnostic test for feline infectious peritonitis. Journal of the American Animal Hospital Association 24:, 495-497 Sparkes A.H., Gruffydd-Jones T.J., Harbour D.A. (1991) Feline infectious peritonitis: a review of clinicopathological changes in 65 cases, and a critical assessment of their diagnostic value. Veterinary Record 129, 209-212
2003
Settore VET/03 - Patologia Generale e Anatomia Patologica Veterinaria
Società Italiana di Citologia
La diagnosi citologica della peritonite infettiva felina: un approccio multidisciplinare / S. Paltrinieri. ((Intervento presentato al 6. convegno VI Congresso Nazionale Società Italiana di Citologia tenutosi a Montegrotto terme nel 2003.
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