L’articolo traccia alcune prime coordinate della ‘fisionomia’ economica di Federico Borromeo, intesa come l’insieme del suo atteggiamento fattuale, delle sue direttive e della sua riflessione verso i mezzi e le basi della vita materiale. L’intento specifico di questa indagine si inscrive in quello più generale che molto recentemente ha spinto ad indagare la figura di Federico in tutta la sua reale complessità, a cominciare dalla «sua dimensione politica» . Proprio in direzione di questa sottolineatura storiografica verso la sua attività di governo, era quindi lecito attendersi l’emergere di una pratica economica domestica, tradizionalmente organizzata in funzione della spesa (che fosse per la politica di mecenatismo, per ideali caritativi o per la forma del vivere nobiliare), di un principe cinque-secentesco; invece quanto affiora è una ‘personalità economica’ senz’altro più originale e innovativa, sia sotto il profilo teorico che sotto quello fattuale. Sul piano dottrinario (sia nelle sue opere che nei suoi precetti sinodali) si nota, infatti, l’inversione dell’ordine di priorità tra un intento solo normativo ed uno invece analitico, capace di comprendere la realtà dell’epoca, mentre sul piano concreto, quello gestionale, si intravede nel secondo Borromeo un comportamento acquisitivo fatto di organizzazione e di calcolo, pervaso da un atteggiamento straordinariamente razionale rispetto allo scopo; atteggiamento che – sempre muovendosi all’interno dei riferimenti concettuali dell’economia barocca bifronte, in cui coesistono aspetti di giustizia distributiva, commutativa, e obbligazioni antidorali ) – non è per nulla comune ritrovare neppure fra i più affermati e principali operatori economici del suo tempo. In lui è evidente l’istanza morale di superare l’ingiusta distribuzione delle ricchezze, esasperata dalle ricorrenti crisi, ma utilizzando uno strumentario simbolico geografico-naturalistico propone un’immagine della ricchezza come circolazione e come flusso; il Borromeo sembra andare oltre l'orizzonte teorico della ricchezza come stock, e la identifica come flusso commerciale e finanziario. Ovvio quindi che anche rispetto ai cambi – che erano coessenziali ai flussi commerciali e finanziari, oltre che strumento consolidato e proficuo di speculazione usato da gran parte della nobiltà milanese sia per avere a prestito che per investire e consolidare i loro patrimoni – la sua sia una posizione che ne riconosce la funzione economica, di strumento al servizio della classe mercantile e finanziaria, e quindi legittima se però lontana da alcuni eccessi speculativi.

Federico Borromeo fra economia ed «economica» / G. De Luca. - In: STUDIA BORROMAICA. - ISSN 1128-7039. - 18:(2004), pp. 117-127.

Federico Borromeo fra economia ed «economica»

G. De Luca
Primo
2004

Abstract

L’articolo traccia alcune prime coordinate della ‘fisionomia’ economica di Federico Borromeo, intesa come l’insieme del suo atteggiamento fattuale, delle sue direttive e della sua riflessione verso i mezzi e le basi della vita materiale. L’intento specifico di questa indagine si inscrive in quello più generale che molto recentemente ha spinto ad indagare la figura di Federico in tutta la sua reale complessità, a cominciare dalla «sua dimensione politica» . Proprio in direzione di questa sottolineatura storiografica verso la sua attività di governo, era quindi lecito attendersi l’emergere di una pratica economica domestica, tradizionalmente organizzata in funzione della spesa (che fosse per la politica di mecenatismo, per ideali caritativi o per la forma del vivere nobiliare), di un principe cinque-secentesco; invece quanto affiora è una ‘personalità economica’ senz’altro più originale e innovativa, sia sotto il profilo teorico che sotto quello fattuale. Sul piano dottrinario (sia nelle sue opere che nei suoi precetti sinodali) si nota, infatti, l’inversione dell’ordine di priorità tra un intento solo normativo ed uno invece analitico, capace di comprendere la realtà dell’epoca, mentre sul piano concreto, quello gestionale, si intravede nel secondo Borromeo un comportamento acquisitivo fatto di organizzazione e di calcolo, pervaso da un atteggiamento straordinariamente razionale rispetto allo scopo; atteggiamento che – sempre muovendosi all’interno dei riferimenti concettuali dell’economia barocca bifronte, in cui coesistono aspetti di giustizia distributiva, commutativa, e obbligazioni antidorali ) – non è per nulla comune ritrovare neppure fra i più affermati e principali operatori economici del suo tempo. In lui è evidente l’istanza morale di superare l’ingiusta distribuzione delle ricchezze, esasperata dalle ricorrenti crisi, ma utilizzando uno strumentario simbolico geografico-naturalistico propone un’immagine della ricchezza come circolazione e come flusso; il Borromeo sembra andare oltre l'orizzonte teorico della ricchezza come stock, e la identifica come flusso commerciale e finanziario. Ovvio quindi che anche rispetto ai cambi – che erano coessenziali ai flussi commerciali e finanziari, oltre che strumento consolidato e proficuo di speculazione usato da gran parte della nobiltà milanese sia per avere a prestito che per investire e consolidare i loro patrimoni – la sua sia una posizione che ne riconosce la funzione economica, di strumento al servizio della classe mercantile e finanziaria, e quindi legittima se però lontana da alcuni eccessi speculativi.
cultura e storia economica ; Federico Borromeo; Milano ; XVII secolo
Settore SECS-P/12 - Storia Economica
2004
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