Uscito per la prima volta nel 1876 e poi ristampato nel 1883 da Sommaruga, il romanzo di Vittorio Imbriani non ottiene presso la critica coeva un’accoglienza favorevole: solo il giudizio di Croce lo riscatta. Per l’autore invece si tratta dell’unico tra i cinque romanzi avviati che abbia acquisito una forma soddisfacente. Cimentandosi nel genere ottocentesco per eccellenza, Imbriani ne sperimenta le molteplici potenzialità, mescolando in un’unica opera toni e modi difformi. Ne risulta quindi una complessa parodia sul piano letterario, alla quale si accompagnano l’impietosa satira di costume e la critica alla condizione socio-politica italiana post-unitaria. La dissacrazione degli ideali risorgimentali, lo smascheramento delle convenzioni borghesi e, contemporaneamente, l’ardita sperimentazione letteraria, compiuta sulla forma nuova del romanzo, contribuiscono a spiegare la tiepida accoglienza di Dio ne scampi dagli Orsenigo nel panorama letterario del secondo Ottocento. Per le medesime ragioni, tuttavia, il libro merita di essere riletto oggi. Una rilettura critica dell’opera consente di illuminare il punto di vista originale dell’autore sulle differenti questioni affrontate. Innanzi tutto quella letteraria, con la manipolazione del romanzo borghese e sentimentale; poi quella linguistica, con la tessitura espressionistica che rigetta provocatoriamente l’italiano manzoniano; e, sul piano metaletterario, ancora il rapporto con il lettore, non di rado preso per il naso dal narratore. Quindi, su un altro livello, la questione etico-civile, con l’implacabile ironizzazione del buon senso borghese; infine, quella politica, con il coinvolgimento dell’intera penisola, attraverso le città chiave in cui si svolge la vicenda, Napoli, Firenze (capitale nel tempo della storia) e Milano.
Dio ne scampi dagli OrsenigoCommento scientifico a cura di] S. Carapezza. - Napoli : M. D'Auria, 2011. - ISBN 9788870923254. (BIBLIOTECA M. D'AURIA)
Dio ne scampi dagli Orsenigo
S. CarapezzaPrimo
2011
Abstract
Uscito per la prima volta nel 1876 e poi ristampato nel 1883 da Sommaruga, il romanzo di Vittorio Imbriani non ottiene presso la critica coeva un’accoglienza favorevole: solo il giudizio di Croce lo riscatta. Per l’autore invece si tratta dell’unico tra i cinque romanzi avviati che abbia acquisito una forma soddisfacente. Cimentandosi nel genere ottocentesco per eccellenza, Imbriani ne sperimenta le molteplici potenzialità, mescolando in un’unica opera toni e modi difformi. Ne risulta quindi una complessa parodia sul piano letterario, alla quale si accompagnano l’impietosa satira di costume e la critica alla condizione socio-politica italiana post-unitaria. La dissacrazione degli ideali risorgimentali, lo smascheramento delle convenzioni borghesi e, contemporaneamente, l’ardita sperimentazione letteraria, compiuta sulla forma nuova del romanzo, contribuiscono a spiegare la tiepida accoglienza di Dio ne scampi dagli Orsenigo nel panorama letterario del secondo Ottocento. Per le medesime ragioni, tuttavia, il libro merita di essere riletto oggi. Una rilettura critica dell’opera consente di illuminare il punto di vista originale dell’autore sulle differenti questioni affrontate. Innanzi tutto quella letteraria, con la manipolazione del romanzo borghese e sentimentale; poi quella linguistica, con la tessitura espressionistica che rigetta provocatoriamente l’italiano manzoniano; e, sul piano metaletterario, ancora il rapporto con il lettore, non di rado preso per il naso dal narratore. Quindi, su un altro livello, la questione etico-civile, con l’implacabile ironizzazione del buon senso borghese; infine, quella politica, con il coinvolgimento dell’intera penisola, attraverso le città chiave in cui si svolge la vicenda, Napoli, Firenze (capitale nel tempo della storia) e Milano.File | Dimensione | Formato | |
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