I prati sono considerati un fattore di salvaguardia della biodiversità ecosistemica e specifica, tuttavia si registrano da tempo nella montagna alpina dinamiche regressive, legate al superamento del modello estensivo di allevamento, causa anche dell’alterazione dell’equilibrio tra risorse trofiche e carichi animali. Materiale e Metodi E’ stata effettuata un indagine su 31 aziende zootecniche della Bassa Valtellina e Valchiavenna che consegnano il latte ad una latteria cooperativa. Sono stati raccolti informazioni economiche e gestionali nelle aziende mediante questionario durante visite, oltre a campioni di foraggi utilizzati in azienda ed autoprodotti. Sono stati utilizzati i dati quantitativi delle consegne di latte e delle analisi qualitative per le valutazioni produttive. Sono stati calcolati bilanci economici, dell’Ne P, e indicatori di impatto ambientale con il sistema del Life Cycle Assessment (LCA). Risultati L’indagine su 31 aziende zootecniche da latte di Valtellina e Valchiavenna ha evidenziato una forte presenza di superfici destinate a mais da trinciato in 23 aziende, per un totale del 17% della superficie agricola complessiva di tutto il campione nel fondovalle. L’introduzione della coltura del mais si rende necessaria laddove la produzione lattea viene affidata a bovine di razze specializzate con maggiori esigenze nutrizionali. In queste situazioni si tende anche ad aumentare l’intensività produttiva (in particolare il latte prodotto per ettaro coltivato), con rischio di surplus aziendale di nutrienti (sia N che P). In questa indagine infatti, la variabile aziendale che maggiormente ha influenzato i surplus aziendali di azoto e di fosforo per ettaro è risultata l’intensività produttiva (R2=0,76 e 0,61, rispettivamente). Il costante eccesso negli apporti di elementi nutritivi può portare alla diffusione di specie invasive e di scarso valore foraggero, definite nitrofile proprio perché sono associate alla sovrabbondanza di azoto nel suolo. L’indagine del ciclo di vita del latte prodotto (Life Cycle Assessment) ha poi evidenziato come all’aumentare della superficie destinata a mais fosse associato un aumento dell’eutrofizzazione (espressa in kg di NO3 equivalenti) aziendale per kg di latte prodotto (P<0,05). Un’altra importante causa di perdita di biodiversità nella montagna alpina è data dall’abbandono degli alpeggi, con conseguente degrado delle cotiche erbose e riforestazione. Solo 13 aziende del campione praticavano il pascolamento estivo del bestiame, e di queste tra il 2006 e il 2008 ben tre hanno smesso questa pratica. Inoltre, anche nei casi in cui l’alpeggio viene mantenuto, l’utilizzo di bovine a forte produzione lattea è spesso associato ad importanti integrazioni alimentari con mangimi concentrati (nell’indagine si sono riscontrate punte superiori ai 10 kg/d per capo). Questa pratica può comportare una maggiore selezione delle essenze pascolate, con diffusione delle specie meno appetibili e perdita di biodiversità

Valutazione dell'impatto ambientale della zootecnia da latte / C. Penati, A.A. Sandrucci, A. Tamburini, L. Bava. ((Intervento presentato al convegno Coltivare la biodiversità tenutosi a Milano : 10-11 giugno nel 2010.

Valutazione dell'impatto ambientale della zootecnia da latte

C. Penati
Primo
;
A.A. Sandrucci
Secondo
;
A. Tamburini
Penultimo
;
L. Bava
Ultimo
2010

Abstract

I prati sono considerati un fattore di salvaguardia della biodiversità ecosistemica e specifica, tuttavia si registrano da tempo nella montagna alpina dinamiche regressive, legate al superamento del modello estensivo di allevamento, causa anche dell’alterazione dell’equilibrio tra risorse trofiche e carichi animali. Materiale e Metodi E’ stata effettuata un indagine su 31 aziende zootecniche della Bassa Valtellina e Valchiavenna che consegnano il latte ad una latteria cooperativa. Sono stati raccolti informazioni economiche e gestionali nelle aziende mediante questionario durante visite, oltre a campioni di foraggi utilizzati in azienda ed autoprodotti. Sono stati utilizzati i dati quantitativi delle consegne di latte e delle analisi qualitative per le valutazioni produttive. Sono stati calcolati bilanci economici, dell’Ne P, e indicatori di impatto ambientale con il sistema del Life Cycle Assessment (LCA). Risultati L’indagine su 31 aziende zootecniche da latte di Valtellina e Valchiavenna ha evidenziato una forte presenza di superfici destinate a mais da trinciato in 23 aziende, per un totale del 17% della superficie agricola complessiva di tutto il campione nel fondovalle. L’introduzione della coltura del mais si rende necessaria laddove la produzione lattea viene affidata a bovine di razze specializzate con maggiori esigenze nutrizionali. In queste situazioni si tende anche ad aumentare l’intensività produttiva (in particolare il latte prodotto per ettaro coltivato), con rischio di surplus aziendale di nutrienti (sia N che P). In questa indagine infatti, la variabile aziendale che maggiormente ha influenzato i surplus aziendali di azoto e di fosforo per ettaro è risultata l’intensività produttiva (R2=0,76 e 0,61, rispettivamente). Il costante eccesso negli apporti di elementi nutritivi può portare alla diffusione di specie invasive e di scarso valore foraggero, definite nitrofile proprio perché sono associate alla sovrabbondanza di azoto nel suolo. L’indagine del ciclo di vita del latte prodotto (Life Cycle Assessment) ha poi evidenziato come all’aumentare della superficie destinata a mais fosse associato un aumento dell’eutrofizzazione (espressa in kg di NO3 equivalenti) aziendale per kg di latte prodotto (P<0,05). Un’altra importante causa di perdita di biodiversità nella montagna alpina è data dall’abbandono degli alpeggi, con conseguente degrado delle cotiche erbose e riforestazione. Solo 13 aziende del campione praticavano il pascolamento estivo del bestiame, e di queste tra il 2006 e il 2008 ben tre hanno smesso questa pratica. Inoltre, anche nei casi in cui l’alpeggio viene mantenuto, l’utilizzo di bovine a forte produzione lattea è spesso associato ad importanti integrazioni alimentari con mangimi concentrati (nell’indagine si sono riscontrate punte superiori ai 10 kg/d per capo). Questa pratica può comportare una maggiore selezione delle essenze pascolate, con diffusione delle specie meno appetibili e perdita di biodiversità
2010
Settore AGR/19 - Zootecnica Speciale
Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale
Valutazione dell'impatto ambientale della zootecnia da latte / C. Penati, A.A. Sandrucci, A. Tamburini, L. Bava. ((Intervento presentato al convegno Coltivare la biodiversità tenutosi a Milano : 10-11 giugno nel 2010.
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