The essay analyses the artistic research of Salvatore Scarpitta between 1956 and 1964, an Italo-American artist, who worked in Rome since 1936 to 1958-59 and in New York since 1959. The text studies the critic reception from both Italina and American artistic literature. Starting from the examination of art journals, magazines and newspapers (new materials found, not filled in the Catalogue Raisonné of the artist) and from archives materials (Archivio La Tartaruga – Archivio di Stato di Latina; Leo Castelli Gallery – Archives of American Art, Washington DC), the essay proposes new thoughts. Until 1958-59 Scarpitta was completely integrated with Italian artistic panorama, as well as Italian, American and French critic wrote in different essays. When Scarpitt came back to New York, American critic started to consider him member of American new-dada, supported by Leo Castelli Gallery, where Scarpitta started to display his own work since 1959.

All’interno degli estremi cronologici stabiliti dalla mostra – 1956 e 1964 – il saggio ricostruisce e analizza la carriera e la ricerca artistica di Salvatore Scarpitta, artista italo-americano che visse a Roma dal 1936 al 1958-59, per poi tornare definitivamente a New York. Se è vero che di Scarpitta viene da sempre riconosciuta questa doppia nazionalità e doppia esperienza artistica, prima nell’ambito delle nuove ricerche artistiche romane della fine degli anni Cinquanta, poi nel contesto newyorkese a cavallo tra new-dada e pop art, tuttavia si è voluto verificare quanto davvero ciò abbia influenzato il suo lavoro e la ricezione critica delle sue opere in Italia e negli Stati Uniti. A partire dallo spoglio di riviste d’arte, settimanali popolari e quotidiani – che ha portato alla luce materiali non segnalati nel Catalogue raisonné dedicato all’artista – e dallo studio di materiali e documenti d’archivio inediti (Archivio La Tartaruga – Archivio di Stato di Latina; Leo Castelli Gallery – Archives of American Art, Washington DC) è stato possibile sviluppare nuove riflessioni e constatare come fino alla sua permanenza a Roma, Scarpitta fosse completamente integrato con il panorama artistico italiano e considerato come tale e che la lettura data dalla critica italiana – che metteva in luce, per esempio, l’influenza di Alberto Burri – veniva ripresa anche sulle riviste specializza americane; questo approccio è stato verificato comparando queste fonti con altri testi pubblicati in nazioni terze come la Francia, in cui si nota come Scarpitta venga qui presentato come artista italiano, e non più citato al momento del suo trasferimento a New York. Inoltre, a partire dal suo ritorno a New York – contemporaneamente all’evoluzione del suo lavoro – Scarpitta viene letto dalla critica americana, e di conseguenza anche da quella italiana più aggiornata, come uno degli artisti del new-dada americano sostenuto dalla Leo Castelli Gallery dove egli espone dla 1959. Infine la consultazione e l’analisi del carteggio Scarpitta-De Martiis – proprietario della Galleria L aTartaruga di Roma dove aveva esposto più volte – permette di comprendere più a fondo le ragioni del ritorno dell’artistaa New York e di comprendere come la città stessa sarebbe diventata contesto e stimolo essenziale per lo sviluppo della sua ricerca artistica.

Salvatore Scarpitta: on both sides of the Atlantic / D. Colombo - In: Salvatore Scarpitta 1956-1964 / [a cura di] D. Luxembourg, A. Dayan. - [s.l] : Luxembourg & Dayan Gallery, 2016. - ISBN 9780692766576. - pp. 12-19

Salvatore Scarpitta: on both sides of the Atlantic

D. Colombo
2016

Abstract

The essay analyses the artistic research of Salvatore Scarpitta between 1956 and 1964, an Italo-American artist, who worked in Rome since 1936 to 1958-59 and in New York since 1959. The text studies the critic reception from both Italina and American artistic literature. Starting from the examination of art journals, magazines and newspapers (new materials found, not filled in the Catalogue Raisonné of the artist) and from archives materials (Archivio La Tartaruga – Archivio di Stato di Latina; Leo Castelli Gallery – Archives of American Art, Washington DC), the essay proposes new thoughts. Until 1958-59 Scarpitta was completely integrated with Italian artistic panorama, as well as Italian, American and French critic wrote in different essays. When Scarpitt came back to New York, American critic started to consider him member of American new-dada, supported by Leo Castelli Gallery, where Scarpitta started to display his own work since 1959.
All’interno degli estremi cronologici stabiliti dalla mostra – 1956 e 1964 – il saggio ricostruisce e analizza la carriera e la ricerca artistica di Salvatore Scarpitta, artista italo-americano che visse a Roma dal 1936 al 1958-59, per poi tornare definitivamente a New York. Se è vero che di Scarpitta viene da sempre riconosciuta questa doppia nazionalità e doppia esperienza artistica, prima nell’ambito delle nuove ricerche artistiche romane della fine degli anni Cinquanta, poi nel contesto newyorkese a cavallo tra new-dada e pop art, tuttavia si è voluto verificare quanto davvero ciò abbia influenzato il suo lavoro e la ricezione critica delle sue opere in Italia e negli Stati Uniti. A partire dallo spoglio di riviste d’arte, settimanali popolari e quotidiani – che ha portato alla luce materiali non segnalati nel Catalogue raisonné dedicato all’artista – e dallo studio di materiali e documenti d’archivio inediti (Archivio La Tartaruga – Archivio di Stato di Latina; Leo Castelli Gallery – Archives of American Art, Washington DC) è stato possibile sviluppare nuove riflessioni e constatare come fino alla sua permanenza a Roma, Scarpitta fosse completamente integrato con il panorama artistico italiano e considerato come tale e che la lettura data dalla critica italiana – che metteva in luce, per esempio, l’influenza di Alberto Burri – veniva ripresa anche sulle riviste specializza americane; questo approccio è stato verificato comparando queste fonti con altri testi pubblicati in nazioni terze come la Francia, in cui si nota come Scarpitta venga qui presentato come artista italiano, e non più citato al momento del suo trasferimento a New York. Inoltre, a partire dal suo ritorno a New York – contemporaneamente all’evoluzione del suo lavoro – Scarpitta viene letto dalla critica americana, e di conseguenza anche da quella italiana più aggiornata, come uno degli artisti del new-dada americano sostenuto dalla Leo Castelli Gallery dove egli espone dla 1959. Infine la consultazione e l’analisi del carteggio Scarpitta-De Martiis – proprietario della Galleria L aTartaruga di Roma dove aveva esposto più volte – permette di comprendere più a fondo le ragioni del ritorno dell’artistaa New York e di comprendere come la città stessa sarebbe diventata contesto e stimolo essenziale per lo sviluppo della sua ricerca artistica.
Salvatore Scarpitta; Leo Castelli Gallery; Galleria La Tartaruga; Plinio De Martiis; Archives of American Art; Archivio di Stato Latina; pittura; Scuola di Roma; new-dada; New York; Alberto Burri; Robert Rauschenberg; Jasper Johns; anni Cinquanta-Sessanta; extramural; x-frame; Sal race car
Settore L-ART/03 - Storia dell'Arte Contemporanea
Settore L-ART/04 - Museologia e Critica Artistica e del Restauro
2016
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