L’editoria europea conosce nel corso del Settecento una fase di straordinario fermento: in quegli anni va crescendo sempre di più l’affermazione della personalità creativa degli autori, e non è un caso che allora si inizi (prima in Inghilterra, poi nel resto del Continente) a riconoscere il diritto d’autore. L’Italia partecipa a questa grande vivacità intellettuale, e tuttavia accanto all’esigenza degli scrittori di affermare la propria identità con tutti i mezzi che la stampa consente, si impone un’altra tendenza di segno contrario: la scelta di far circolare le proprie opere in forma anonima. Spesso è un falso segreto; tra i circuiti colti, nelle accademie e nei salotti letterari, tutti o quasi, sono al corrente di chi si cela dietro l’anonimato. Ma non è così per i lettori comuni, lontani dai luoghi della sociabilità letteraria, che acquistavano o leggevano un libro senza nome d’autore, e che in molti casi si trovavano tra le mani, senza saperlo, opere di celebri hommes de lettres. Quali le ragioni dell’anonimato? L’anonimato è una pratica che attraversa i secoli e che esiste ovunque in Europa, non è certo solo una prerogativa del Settecento o della sola produzione libraia italiana, ma raramente gli studiosi gli hanno dato importanza. Il silenzio d’autore non è legato esclusivamente a una logica di controllo, non riguarda cioè soltanto i generi su cui pesa il giudizio di immoralità o di irreligiosità da parte della censura ecclesiastica, ma riguarda anche i generi di larga circolazione. Scrivere libri di basso profilo culturale poteva nuocere al buon nome dell’autore. Meglio dunque rifugiarsi nell’anonimato. È così anche per alcuni generi di successo, come i romanzi e i libri di viaggio. Il fatto che i lettori si avvicinassero a molti libri senza poter attribuire quei testi a un nome non è un dato di poco conto. Quel silenzio d’autore ha una sua rilevanza storica, sociale e culturale. Ci sono alcuni grandi autori, celebrati da tutte le storie delle letterature, che, per motivi diversi, hanno scelto, per alcune opere, di non far trapelare il proprio nome, almeno non sul frontespizio, ma solo nei circuiti colti delle accademie e dei salotti letterari. Uno di questi è Giuseppe Parini. Non solo egli fu vittima dell’«ingordigia» degli stampatori, come egli stesso ammetteva amareggiato, ma fu anche vittima di un’appropriazione indebita, su cui non si espresse mai: i suoi due poemetti, il Mattino e il Mezzogiorno, furono continuati per mano di un altro autore che approfittò del fatto che i lettori aspettavano la Sera, come Parini stesso aveva promesso. Finché fu in vita, gli stampatori di molte città italiane continuarono a lucrare alle sue spalle con le riedizioni del Mattino, del Mezzogiorno e della Sera, mantenendo l’anonimato per tutti e tre i poemetti, con continuità nella paginazione, come se fossero un’opera unitaria frutto della stessa penna. Questo e altri esempi mostrano che lungo e travagliato è stato il cammino che ha portato gli autori italiani al riconoscimento del copyright. Un solo grande letterato, Carlo Goldoni, rompe il silenzio sfidando le regole dell’editoria d’antico regime e pretendendo di controllare le edizioni dei suoi testi. Ma è un’eccezione che conferma la regola.

L'autore assente : l'anonimato nell'editoria italiana del Settecento / L. Braida. - Roma : Editori Laterza, 2019. - ISBN 9788858136188. (QUADRANTE LATERZA)

L'autore assente : l'anonimato nell'editoria italiana del Settecento

L. Braida
2019

Abstract

L’editoria europea conosce nel corso del Settecento una fase di straordinario fermento: in quegli anni va crescendo sempre di più l’affermazione della personalità creativa degli autori, e non è un caso che allora si inizi (prima in Inghilterra, poi nel resto del Continente) a riconoscere il diritto d’autore. L’Italia partecipa a questa grande vivacità intellettuale, e tuttavia accanto all’esigenza degli scrittori di affermare la propria identità con tutti i mezzi che la stampa consente, si impone un’altra tendenza di segno contrario: la scelta di far circolare le proprie opere in forma anonima. Spesso è un falso segreto; tra i circuiti colti, nelle accademie e nei salotti letterari, tutti o quasi, sono al corrente di chi si cela dietro l’anonimato. Ma non è così per i lettori comuni, lontani dai luoghi della sociabilità letteraria, che acquistavano o leggevano un libro senza nome d’autore, e che in molti casi si trovavano tra le mani, senza saperlo, opere di celebri hommes de lettres. Quali le ragioni dell’anonimato? L’anonimato è una pratica che attraversa i secoli e che esiste ovunque in Europa, non è certo solo una prerogativa del Settecento o della sola produzione libraia italiana, ma raramente gli studiosi gli hanno dato importanza. Il silenzio d’autore non è legato esclusivamente a una logica di controllo, non riguarda cioè soltanto i generi su cui pesa il giudizio di immoralità o di irreligiosità da parte della censura ecclesiastica, ma riguarda anche i generi di larga circolazione. Scrivere libri di basso profilo culturale poteva nuocere al buon nome dell’autore. Meglio dunque rifugiarsi nell’anonimato. È così anche per alcuni generi di successo, come i romanzi e i libri di viaggio. Il fatto che i lettori si avvicinassero a molti libri senza poter attribuire quei testi a un nome non è un dato di poco conto. Quel silenzio d’autore ha una sua rilevanza storica, sociale e culturale. Ci sono alcuni grandi autori, celebrati da tutte le storie delle letterature, che, per motivi diversi, hanno scelto, per alcune opere, di non far trapelare il proprio nome, almeno non sul frontespizio, ma solo nei circuiti colti delle accademie e dei salotti letterari. Uno di questi è Giuseppe Parini. Non solo egli fu vittima dell’«ingordigia» degli stampatori, come egli stesso ammetteva amareggiato, ma fu anche vittima di un’appropriazione indebita, su cui non si espresse mai: i suoi due poemetti, il Mattino e il Mezzogiorno, furono continuati per mano di un altro autore che approfittò del fatto che i lettori aspettavano la Sera, come Parini stesso aveva promesso. Finché fu in vita, gli stampatori di molte città italiane continuarono a lucrare alle sue spalle con le riedizioni del Mattino, del Mezzogiorno e della Sera, mantenendo l’anonimato per tutti e tre i poemetti, con continuità nella paginazione, come se fossero un’opera unitaria frutto della stessa penna. Questo e altri esempi mostrano che lungo e travagliato è stato il cammino che ha portato gli autori italiani al riconoscimento del copyright. Un solo grande letterato, Carlo Goldoni, rompe il silenzio sfidando le regole dell’editoria d’antico regime e pretendendo di controllare le edizioni dei suoi testi. Ma è un’eccezione che conferma la regola.
2019
Editoria; Italia; Settecento; diritto d'autore; "funzione autore"; autorialità; anonimato; censura; romanzo; teatro; traduzioni; Giuseppe Parini; Carlo Goldoni
Settore M-STO/02 - Storia Moderna
Settore M-STO/08 - Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia
L'autore assente : l'anonimato nell'editoria italiana del Settecento / L. Braida. - Roma : Editori Laterza, 2019. - ISBN 9788858136188. (QUADRANTE LATERZA)
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