Viene descritto cosa si intende per fragilità e la dimensione epidemiologica del problema Nella prospettiva di un nuovo welfare, le risorse pubbliche saranno sempre più orientate a garantire l’indispensabile a chi ne ha strettamente bisogno, poiché le altre necessità saranno soddisfatte autonomamente – come ben documentano, ad esempio, i «percorsi» di secondo welfare – dai soggetti stessi che li esprimono e dai corpi intermedi della società. Alla luce di una simile "visione" e a fronte di quanto detto finora, possiamo comunque enucleare almeno tre macro-dinamiche che hanno contraddistinto il sistema italiano alla luce della crisi progressiva del suo sistema di welfare. In primo luogo, la crescente differenziazione dei bisogni ha reso sempre più inefficaci le risposte offerte dalle pubbliche amministrazioni. Le tradizionali misure di welfare incentrate principalmente su erogazioni monetarie (pensioni, sussidi, ecc.) e sull’offerta di servizi standardizzati, alla luce dei cambiamenti in atto si trovano sempre più in difficoltà nel dare risposte ai nuovi bisogni emergenti a causa della crisi. In secondo luogo, assistiamo al sovraccarico del welfare "fai da te”. Il sistema-famiglia nel nostro Paese ha da sempre prodotto al suo interno un ampio ventaglio di servizi per i propri componenti (minori, giovani e anziani) garantendo una “rete di sicurezza” fondamentale per la tenuta del sistema. Oggi tuttavia la famiglia non risulta più in grado di compensare le lacune del pubblico, sia a causa dello sfaldamento delle relazioni familiari che degli oneri di cura sempre più ampi che finiscono in capo alle famiglie (ed in particolare alla componente femminile delle stesse). In terzo e ultimo luogo, la crisi ha accentuato problemi “sommersi”: per aiutare i propri componenti più fragili molte famiglie hanno dovuto ridurre i consumi, intaccare i risparmi, indebitarsi. Si è innescato in molti casi un circolo vizioso che ha portato al peggioramento delle condizioni di vita di coloro che già si trovavano in difficoltà: si assiste in tal senso a una cronicizzazione delle situazioni di povertà grave già in essere. Al contempo, si rileva un progressivo “scivolamento” verso situazioni di indigenza di persone che mai si erano trovate in questa condizione e che quindi vivono sul limite della soglia di povertà. In questo scenario di sfide e trasformazioni emerge con ancora più forza la necessità di rispondere in modo efficace a una domanda più differenziata di tutela sociale. Il dibattito sulla necessità di ristrutturare lo Stato sociale e adattarlo ai costanti mutamenti in atto, in particolare, è stato spesso condotto in termini di “nuovo” e “vecchio” welfare. Da un lato, il “vecchio” welfare state è considerato maggiormente orientato a coprire i rischi della vecchiaia, disoccupazione, malattia e invalidità, a cui tenta di rispondere mediante trasferimenti monetari. Il suo target di riferimento è il lavoratore dipendente, la cui famiglia risulta protetta attraverso i suoi diritti di lavoratore. Il “nuovo” welfare state, invece, non ha un “destinatario tipo” ma deve piuttosto fare i conti con le diverse facce della vulnerabilità, che colpisce in particolare e sempre più la classe media, fornendo più prestazioni e servizi e sempre meno trasferimenti in denaro. In questo quadro, la capacità di guadagno (e quindi di benessere) degli individui può crescere se si investe in istruzione, formazione e condivisione del lavoro di cura familiare. In altri termini, la domanda che emerge con urgenza dalla ricostruzione di un welfare sempre più sotto pressione è quindi relativa all’esistenza di strategie che (affiancandosi e integrandosi con gli interventi di ricalibratura) consentano di accelerare i tempi della transizione. In altri termini, ci si chiede se ci siano interventi in grado di contribuire in modo sostanziale al ripensamento complessivo del modello di welfare (italiano), proiettandolo verso un “neowelfare” che – rinnovato anche in termini concettuali e superate certe vecchie categorie di pensiero – poggi con confidenza sull’integrazione tra due sfere di intervento sociale, una pubblica e una popolata anche da soggetti privati.

La fragilità per Fondazione Sacra Famiglia : nuovi modelli per nuovi bisogni / A. Accame, F. Pregliasco. ((Intervento presentato al convegno Cosa fare con le persone con sindrome dello spettro autistico: differenti modelli di trattamento a confronto tenutosi a Loano nel 2018.

La fragilità per Fondazione Sacra Famiglia : nuovi modelli per nuovi bisogni

F. Pregliasco
2018

Abstract

Viene descritto cosa si intende per fragilità e la dimensione epidemiologica del problema Nella prospettiva di un nuovo welfare, le risorse pubbliche saranno sempre più orientate a garantire l’indispensabile a chi ne ha strettamente bisogno, poiché le altre necessità saranno soddisfatte autonomamente – come ben documentano, ad esempio, i «percorsi» di secondo welfare – dai soggetti stessi che li esprimono e dai corpi intermedi della società. Alla luce di una simile "visione" e a fronte di quanto detto finora, possiamo comunque enucleare almeno tre macro-dinamiche che hanno contraddistinto il sistema italiano alla luce della crisi progressiva del suo sistema di welfare. In primo luogo, la crescente differenziazione dei bisogni ha reso sempre più inefficaci le risposte offerte dalle pubbliche amministrazioni. Le tradizionali misure di welfare incentrate principalmente su erogazioni monetarie (pensioni, sussidi, ecc.) e sull’offerta di servizi standardizzati, alla luce dei cambiamenti in atto si trovano sempre più in difficoltà nel dare risposte ai nuovi bisogni emergenti a causa della crisi. In secondo luogo, assistiamo al sovraccarico del welfare "fai da te”. Il sistema-famiglia nel nostro Paese ha da sempre prodotto al suo interno un ampio ventaglio di servizi per i propri componenti (minori, giovani e anziani) garantendo una “rete di sicurezza” fondamentale per la tenuta del sistema. Oggi tuttavia la famiglia non risulta più in grado di compensare le lacune del pubblico, sia a causa dello sfaldamento delle relazioni familiari che degli oneri di cura sempre più ampi che finiscono in capo alle famiglie (ed in particolare alla componente femminile delle stesse). In terzo e ultimo luogo, la crisi ha accentuato problemi “sommersi”: per aiutare i propri componenti più fragili molte famiglie hanno dovuto ridurre i consumi, intaccare i risparmi, indebitarsi. Si è innescato in molti casi un circolo vizioso che ha portato al peggioramento delle condizioni di vita di coloro che già si trovavano in difficoltà: si assiste in tal senso a una cronicizzazione delle situazioni di povertà grave già in essere. Al contempo, si rileva un progressivo “scivolamento” verso situazioni di indigenza di persone che mai si erano trovate in questa condizione e che quindi vivono sul limite della soglia di povertà. In questo scenario di sfide e trasformazioni emerge con ancora più forza la necessità di rispondere in modo efficace a una domanda più differenziata di tutela sociale. Il dibattito sulla necessità di ristrutturare lo Stato sociale e adattarlo ai costanti mutamenti in atto, in particolare, è stato spesso condotto in termini di “nuovo” e “vecchio” welfare. Da un lato, il “vecchio” welfare state è considerato maggiormente orientato a coprire i rischi della vecchiaia, disoccupazione, malattia e invalidità, a cui tenta di rispondere mediante trasferimenti monetari. Il suo target di riferimento è il lavoratore dipendente, la cui famiglia risulta protetta attraverso i suoi diritti di lavoratore. Il “nuovo” welfare state, invece, non ha un “destinatario tipo” ma deve piuttosto fare i conti con le diverse facce della vulnerabilità, che colpisce in particolare e sempre più la classe media, fornendo più prestazioni e servizi e sempre meno trasferimenti in denaro. In questo quadro, la capacità di guadagno (e quindi di benessere) degli individui può crescere se si investe in istruzione, formazione e condivisione del lavoro di cura familiare. In altri termini, la domanda che emerge con urgenza dalla ricostruzione di un welfare sempre più sotto pressione è quindi relativa all’esistenza di strategie che (affiancandosi e integrandosi con gli interventi di ricalibratura) consentano di accelerare i tempi della transizione. In altri termini, ci si chiede se ci siano interventi in grado di contribuire in modo sostanziale al ripensamento complessivo del modello di welfare (italiano), proiettandolo verso un “neowelfare” che – rinnovato anche in termini concettuali e superate certe vecchie categorie di pensiero – poggi con confidenza sull’integrazione tra due sfere di intervento sociale, una pubblica e una popolata anche da soggetti privati.
13-giu-2018
autismo; fragilità
Settore MED/42 - Igiene Generale e Applicata
Fondazione Istituto sacra Famiglia ONLUS Cesano Boscone (Mi)
La fragilità per Fondazione Sacra Famiglia : nuovi modelli per nuovi bisogni / A. Accame, F. Pregliasco. ((Intervento presentato al convegno Cosa fare con le persone con sindrome dello spettro autistico: differenti modelli di trattamento a confronto tenutosi a Loano nel 2018.
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