Il nome di Daki Mohammed, cittadino marocchino residente a Reggio Emilia, emergeva nelle indagini avviate dalla DIGOS di Milano a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre. Insieme ad altri imputati, vale a dire Bouyahia Maher Ben Abdelaziz e Toumi All Ben Sassi, Daki veniva accusato di far parte di una cellula terroristica sita sul territorio milanese. La cellula in questione aveva come precipuo scopo il finanziamento e, più in generale, il sostegno di strutture di addestramento paramilitare in zone me-diorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell’Iraq. Com’è noto, la vicenda giuridica relativa al caso Daki era iniziata con una sentenza pronunciata dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribuna-le di Milano, Forleo, il quale assolveva Daki dall’accusa di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale (ex art. 270-bis c.p.), ma condannava lo stesso per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di documenti falsi (ex artt. 477-482 c.p.) . Successivamente, la Corte di Assise di Milano riformulava parzialmente la sentenza di primo grado, assolvendo Daki da tutti i capi d’imputazione . Infine, il 17 gennaio 2007 la Corte Suprema di Cassazione (in seguito: la Corte di Cassazione) ha annullato la sentenza impugnata , rinviando il procedimento a un’altra se-zione della Corte di Assise, la quale con la sentenza del 5 novembre 2007 ha recentemente condannato Daki a quattro anni di reclusione per partecipazio-ne ad associazione con finalità di terrorismo internazionale . L’analisi che segue non ha la pretesa di risolvere questioni giuridiche di diritto ampie e complesse e tuttora irrisolte, ma più semplicemente di appro-fondire alcuni aspetti di diritto internazionale che emergono nella sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione. Più precisamente, verranno analizza-te le considerazioni della stessa, relativamente alla definizione e alle finalità di terrorismo internazionale, distinguendo le azioni compiute da combattenti legittimi da quelle di gruppi terroristici; inoltre, saranno esaminati i rilievi della Corte Suprema circa l’inutilizzabilità delle fonti d’intelligence e il va-lore amministrativo e non probatorio delle liste del Comitato per le sanzioni contro i Talebani e gli individui e le entità associate ad Al Qaeda (c.d. Comitato 1267). Infine, particolare attenzione verrà prestata alle misure di prevenzione e di repressione del terrorismo internazionale adottate dall’ordinamento italiano in ottemperanza agli obblighi internazionali.

Il terrorismo internazionale e le sanzioni del Consiglio di sicurezza nella giurisprudenza italiana : il caso Daki / M.C. Noto. - In: RIVISTA DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE. - ISSN 0035-6174. - 44:3(2008 Jul), pp. 731-740.

Il terrorismo internazionale e le sanzioni del Consiglio di sicurezza nella giurisprudenza italiana : il caso Daki

M.C. Noto
Primo
2008

Abstract

Il nome di Daki Mohammed, cittadino marocchino residente a Reggio Emilia, emergeva nelle indagini avviate dalla DIGOS di Milano a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre. Insieme ad altri imputati, vale a dire Bouyahia Maher Ben Abdelaziz e Toumi All Ben Sassi, Daki veniva accusato di far parte di una cellula terroristica sita sul territorio milanese. La cellula in questione aveva come precipuo scopo il finanziamento e, più in generale, il sostegno di strutture di addestramento paramilitare in zone me-diorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell’Iraq. Com’è noto, la vicenda giuridica relativa al caso Daki era iniziata con una sentenza pronunciata dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribuna-le di Milano, Forleo, il quale assolveva Daki dall’accusa di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale (ex art. 270-bis c.p.), ma condannava lo stesso per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di documenti falsi (ex artt. 477-482 c.p.) . Successivamente, la Corte di Assise di Milano riformulava parzialmente la sentenza di primo grado, assolvendo Daki da tutti i capi d’imputazione . Infine, il 17 gennaio 2007 la Corte Suprema di Cassazione (in seguito: la Corte di Cassazione) ha annullato la sentenza impugnata , rinviando il procedimento a un’altra se-zione della Corte di Assise, la quale con la sentenza del 5 novembre 2007 ha recentemente condannato Daki a quattro anni di reclusione per partecipazio-ne ad associazione con finalità di terrorismo internazionale . L’analisi che segue non ha la pretesa di risolvere questioni giuridiche di diritto ampie e complesse e tuttora irrisolte, ma più semplicemente di appro-fondire alcuni aspetti di diritto internazionale che emergono nella sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione. Più precisamente, verranno analizza-te le considerazioni della stessa, relativamente alla definizione e alle finalità di terrorismo internazionale, distinguendo le azioni compiute da combattenti legittimi da quelle di gruppi terroristici; inoltre, saranno esaminati i rilievi della Corte Suprema circa l’inutilizzabilità delle fonti d’intelligence e il va-lore amministrativo e non probatorio delle liste del Comitato per le sanzioni contro i Talebani e gli individui e le entità associate ad Al Qaeda (c.d. Comitato 1267). Infine, particolare attenzione verrà prestata alle misure di prevenzione e di repressione del terrorismo internazionale adottate dall’ordinamento italiano in ottemperanza agli obblighi internazionali.
Terrorismo internazionale ; sanzioni individuali ; black list
lug-2008
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