Nella relazione con il paziente borderline spesso lo psicoterapeuta avverte una sensazione di "noia" mentre osserva il paziente che erge un muro di parole difensive che potrebbero apparire ricche di contenuti se non fosse proprio per quella sensazione che creano: la noia. Winnicott definisce le fantasie compulsive dei pazienti come una negazione della realtà psichica. E ne parla come di un fenomeno che assorbe energia emotiva senza contribuire "nè ai sogni nè alla realtà". Frequentemente ci succede di chiederci perchè il linguaggio di questi pazienti sia così dettagliato, minuzioso, descrittivo di sinestesie inesistenti nella realtà relazionale e l'atteggiamento di chiusura, difensivo, non di emozione per una scoperta o un ricordo che "tocca". Il paziente in realtà, nel qui e ora, della relazione sembra allontanarsi. La sua narrazione ricorda infatti "uno spazio pietrificato dove non può accadere assolutamente nulla". Eppure questo stancare il terapeuta e creare una sensazione di noia, oltre a far rivivere le primitive insufficienti carenze infantili, esprime delle modalità utili a tenere a bada le angoscie interiori durante i momenti regressivi. Alcuni pazienti affermano, in alcuni momenti della terapia, quando maggiore sembra il loro ritiro dalla relazione, seppure riscoperto da un ricchissimo flusso verbale di non riconoscersi più "senza angoscia" e "la paura che non vi sia angoscia è la paura di una regressione senza ritorno" che fa temere loro di perdere il controllo, di divenire folli. La trasformazione della paura della follia latente si trasforma in produzione verbale interminabile. Ma dalla regressione è possibile il ritorno se gradatamente i pazienti apprendono ad usare il terapeuta in modo trasformativo. E lo stesso terapeuta "non lascerà più cadere il paziente dalla sua mente" che equivale al fallimento nella capacità di sostenere un figlio da parte di una madre

Quando "la mente del terapeuta lascia cadere il paziente" : dal controllo pietrificante all'espressione del bisogno / C. Bressi, I.I. Iandoli. - In: GIORNALE ITALIANO DI PSICOPATOLOGIA. - ISSN 1592-1107. - 14:Suppl.(2008 Mar), pp. 173-173. (Intervento presentato al 12. convegno Congresso nazionale della Società Italiana di Psicopatologia : Psichiatria le domande senza ancora una risposta tenutosi a Roma nel 2008).

Quando "la mente del terapeuta lascia cadere il paziente" : dal controllo pietrificante all'espressione del bisogno

C. Bressi
Primo
;
I.I. Iandoli
Ultimo
2008

Abstract

Nella relazione con il paziente borderline spesso lo psicoterapeuta avverte una sensazione di "noia" mentre osserva il paziente che erge un muro di parole difensive che potrebbero apparire ricche di contenuti se non fosse proprio per quella sensazione che creano: la noia. Winnicott definisce le fantasie compulsive dei pazienti come una negazione della realtà psichica. E ne parla come di un fenomeno che assorbe energia emotiva senza contribuire "nè ai sogni nè alla realtà". Frequentemente ci succede di chiederci perchè il linguaggio di questi pazienti sia così dettagliato, minuzioso, descrittivo di sinestesie inesistenti nella realtà relazionale e l'atteggiamento di chiusura, difensivo, non di emozione per una scoperta o un ricordo che "tocca". Il paziente in realtà, nel qui e ora, della relazione sembra allontanarsi. La sua narrazione ricorda infatti "uno spazio pietrificato dove non può accadere assolutamente nulla". Eppure questo stancare il terapeuta e creare una sensazione di noia, oltre a far rivivere le primitive insufficienti carenze infantili, esprime delle modalità utili a tenere a bada le angoscie interiori durante i momenti regressivi. Alcuni pazienti affermano, in alcuni momenti della terapia, quando maggiore sembra il loro ritiro dalla relazione, seppure riscoperto da un ricchissimo flusso verbale di non riconoscersi più "senza angoscia" e "la paura che non vi sia angoscia è la paura di una regressione senza ritorno" che fa temere loro di perdere il controllo, di divenire folli. La trasformazione della paura della follia latente si trasforma in produzione verbale interminabile. Ma dalla regressione è possibile il ritorno se gradatamente i pazienti apprendono ad usare il terapeuta in modo trasformativo. E lo stesso terapeuta "non lascerà più cadere il paziente dalla sua mente" che equivale al fallimento nella capacità di sostenere un figlio da parte di una madre
Settore MED/25 - Psichiatria
mar-2008
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