Gold rush- Auri sacra fames o questione di coscienza

II 25 febbraio 1603, appena giunto nello stretto di Malacca dall'Oceano Indiano, l'ammiraglio olandese Heemskerck si accorse che alla foce del fiume Singapore era alla fonda una grossa nave portoghese: si trattava della Santa Catarina, una caracca di mille e cinquecento tonnellate con circa cinquecento uomini e cento donne a bordo che tornava dal Giappone e con un carico eccezionalmente ricco. La catturò. Questo episodio, apparentemente insignificante, scatenò un vero e proprio incidente diplomatico fra le potenze iberiche e le Provincie Unite arrivando a mettere in dubbio la legittimità del diritto di preda e persino a sollecitare una discussione sui profili internazionalistici del diritto della navigazione. A reagire furono infatti i mennoniti che, in nome del loro credo religioso, espressero immediato sdegno verso un atto ritenuto ingiusto e violento, ancorché portatore del più grande utile economico che la Compagnia delle Indie Orientali avesse mai ritratto da un’operazione commerciale: alcuni di loro, a puro scopo dimostrativo, regalarono ai poveri le quote azionario del 200% di interesse. Tale presa di posizione, travalicò i confini nazionali e sollecitò una dotta di disquisizione riguardante i diritti della navigazione e di commercio, disvelando i fondamenti ideologici di una prova di forza fra le diverse potenze europee. Il Pontefice si era appena pronunciato in merito alla libertà dei mari ed alla suddivisione del mondo fra due sfere di influenza (Ea quae pro bono pacis, 1505), ma la questione poteva dirsi tutt’altro che sopita. E fu così che un giovane avvocato, di poco più di vent’anni, Hugo de Groot, rappresentante degli interessi della V.O.C., difendendo davanti alla Corte dell’Ammiragliato gli interessi della Compagnia delle Indie innescò, con la propria arringa, De iure praedae, quella che viene ricordata come la più grande battaglia dei libri.