Il trattamento dell’epistassi prevede soluzioni terapeutiche diverse che possono intersecarsi fra di loro in funzione delle modalità di presentazione, della gravità, della sede di origine del sanguinamento e delle eventuali patologie della coagulazione associate. Sono stati proposti dei veri e propri algoritmi terapeutici, ossia linee guida da seguire in relazione alle differenti situazioni cliniche che si possono presentare. Gli interventi chirurgici sul setto, tema che ci è stato assegnato, rappresentano apparentemente una soluzione di nicchia all’interno del ventaglio terapeutico disponibile. Anche l’analisi della letteratura evidenzia uno spazio assai esiguo per tali procedure sia in assoluto che, tanto più, all’interno delle linee guida cui si faceva riferimento in precedenza. Nello svolgimento di questo capitolo evidenzieremo come, a nostro parere, alcune tecniche ancora oggi abbiano uno spazio d’applicazione ed anzi, per talune situazioni cliniche, possano rappresentare la metodica di riferimento. La letteratura tende ad esprimersi in modo univoco sulle indicazioni terapeutiche di alcune situazioni cliniche fondamentali osservabili in fase intercritica: • epistassi anteriore con punto di sanguinamento ben evidenziabile, generalmente al Locus Valsalvae (Little’s area, Keisselbach’s plexus): caustica selettiva del vaso sanguinante; • epistassi posteriore con punto di sanguinamento ben evidenziabile: caustica selettiva del vaso sanguinante; • epistassi posteriore senza punto di sanguinamento ben evidenziabile: caustica o legatura dell’arteria sfenopalatina alla sua emergenza dal forame omonimo. Restano invece meno definite le indicazioni terapeutiche nei confronti delle frequentissime forme di epistassi anteriore senza un punto di sanguinamento ben evidenziabile, a volte alternanti il lato di presentazione, generalmente con evidenza obiettiva di un reticolo capillare superficializzato al Locus Valsalvae mono o bilateralmente (fig.1,2,3). Se il sanguinamento è modesto, prevale l’indicazione al trattamento medico topico conservativo, ma se l’epistassi è rilevante, o comunque tende a ripresentarsi con una certa frequenza, le opzioni terapeutiche tendono a divergere e i pareri a frammentarsi. In genere, anche per queste situazioni, il trattamento prevalente è la caustica, che può essere chimica, come abitualmente eseguito nel bambino, oppure elettrica/termica. Un’analisi delle problematiche connesse al trattamento causticante di ampie superfici settali anteriori rappresenta un preliminare indispensabile alla esposizione dei possibili vantaggi di tecniche chirurgiche alternative. E’ ben noto, infatti, che la caustica della regione del Locus Valsalvae , soprattutto se eseguita su una vasta superficie, determina una importante sofferenza della mucosa stessa e del pericondrio sottostante, tanto che viene assolutamente sconsigliata l’esecuzione di trattamenti bilaterali pena un elevato rischio di determinare una perforazione del setto. Anche per la caustica chimica con nitrato d’argento, trattamento più blando rispetto alla caustica elettrica/termica, è stata dimostrata la tendenza alla penetrazione profonda dell’effetto degenerativo già per applicazioni della durata di 5 secondi (fig. 4). L’aumento del tempo di durata dell’applicazione non aumenta significativamente la profondità di penetrazione del nitrato d’argento: il che significa, specularmente, che non è possibile impedire la penetrazione in profondità dell’effetto caustico anche limitandosi ad applicazioni di durata molto breve. L’effetto chimico è rappresentato da un fronte d’onda che causa morte cellulare e trombosi vascolare (Hanif e Coll., 2003). In base a quanto affermato, si evince che, inevitabilmente, la caustica mucosa sia chimica che elettrotermica determina un danneggiamento anche del pericondrio e, direttamente od indirettamente, della cartilagine settale sottostante. La rigenerazione della mucosa degenerata tenderà a produrre una sostituzione dell’epitelio pseudostratificato ciliato con epitelio pavimentoso (non ciliato), in modo tanto più consistente quanto maggiormente ampia sarà la superficie causticata. Si riprodurranno per il setto, pertanto, le problematiche cliniche a distanza ben note in relazione alla esecuzione di caustiche massive dei turbinati inferiori (riduzione della clearance muco-ciliare, ristagno di secrezioni, formazione di croste, ecc.). Per quanto attiene, in particolare, alle caustiche chimiche con nitrato d’argento si pone anche un altro problema clinico relativo all’assorbimento in circolo di argento (argiremia) ed alla possibile tossicità di questa evenienza. La questione, che potrebbe sembrare del tutto inconsistente, ha una sua ragion d’essere nel fatto che si osserva un aumento significativamente consistente della concentrazione ematica di argento (p= 0.2) anche per una singola applicazione al locus Valsalvae, portata direttamente sui vasi sanguinanti. I livelli di concentrazione di argento sembrano correlarsi con il numero di applicazioni effettuate (Nguyen e Coll., 1999). Sulla base di queste considerazioni e del possibile effetto tossico dell’argento ematico devono essere posti ulteriori limiti all’indicazione indiscriminata di caustiche chimiche soprattutto con nitrato d’argento ad alta concentrazione. In conclusione la caustica monolaterale e selettiva del vaso sanguinante, ove necessario condotta sotto endoscopia, rappresenta in modo largamente condiviso il procedimento di elezione benché non cauteli da una possibile recidiva. Forti dubbi insorgono invece verso una caustica di ampie superfici che si rende indispensabile quando la zona di sanguinamento è diffusa e/o bilaterale. In quest’ultimo caso, inoltre, si deve differire il procedimento sul lato meno grave di almeno tre-quattro settimane rispetto al primo trattamento. In presenza di reticolo capillare ectasico, di varici del setto o di distrofia mucosa del Locus Valsalvae, trova spazio una metodica rivolta specificamente alle epistassi anteriori recidivanti (EAR) a sanguinamento diffuso mono o bilaterale: la segmentazione del Locus Valsalvae (SLV) (Merola e Nosengo, 1985). La metodica, da noi utilizzata fin dal 1977, consiste nella realizzazione di una serie di 3-4 incisioni orizzontali ed altrettante verticali/oblique che devono coinvolgere sia la mucosa che la sottomucosa dell’area corrispondente al Locus Valsalvae mono o bilateralmente (fig.5). Le incisioni recidono e “svuotano” il reticolo vascolare quivi esistente e i segmenti di esso che ne risultano vanno incontro a trombizzazione. Successivamente il tessuto cicatriziale che si forma in sede sottomucosa nel processo di guarigione favorisce la permanenza delle “segmentazioni” prodotte dalle incisioni e dei fenomeni di trombizzazione che ne conseguono. Il risultato finale di questa successione di eventi è la scomparsa o la netta riduzione dei vasi e delle ectasie presenti. Se si è in presenza di una zona francamente emorragica, il reticolo cicatriziale neoformato rende più resistente il tratto di sottomucosa interessato. Le incisioni devono interessare il setto nasale anteriore in tutta la sua altezza, fino all’angolo che esso forma col pavimento della fossa nasale e recidere a tutto spessore mucosa e sottomucosa; non devono essere troppo superficiali, per evitare che i vasi si reinosculino immediatamente, ma neanche troppo profonde, per non danneggiare la cartilagine quadrangolare sottostante. L’intervento può essere effettuato anche con epistassi in atto. Viene abitualmente eseguito in anestesia locale, prima per apposizione (generalmente con carbocaina 2% con adrenalina 1:200.000) e successivamente per infiltrazione con lo stesso preparato. In casi particolari e specificamente nei bambini molto piccoli può essere eseguito in sedazione. Alla segmentazione segue un tamponamento leggero con uno strato di spugna di gelatina sostenuto da garza grassa o da spugne sintetiche. Il trattamento viene comunemente eseguito in day surgery; il tampone in genere viene asportato ambulatorialmente il giorno successivo. In caso di recidività di epistassi anteriore l’intervento può essere effettuato più di una volta. Nella nostra esperienza, che assomma ad oggi più di 500 casi di cui l’80% trattati bilateralmente, la metodica, controllata nel 1985 con follow-up di 2 anni, ha comportato la risoluzione del sintomo epistassi nell’85% dei casi, con completa restitutio ad integrum della mucosa del Locus Valsalvae (assenza di reticolo vasale visibile) nel 75% dei casi; tale procedimento ha dimostrato assenza di effetti collaterali o complicazioni. Problematiche diverse si pongono nei confronti dei pazienti in cui l’epistassi è manifestazione di patologie sistemiche, in particolare importanti deficit emocoagulativi come l’emofilia o la malattia di Von Willebrand oppure la teleangectasia emorragica ereditaria (malattia di Rendu-Osler-Weber). In questi pazienti, infatti, le ripetute epistassi sono spesso tanto importanti e frequenti da rendere necessarie ripetute emotrasfusioni, con un netto peggioramento della qualità di vita dei pazienti stessi. La letteratura dedicata al trattamento chirurgico delle epistassi anteriori “invalidanti” si riferisce quasi esclusivamente ai pazienti affetti da teleangectasia emorragica, per i quali sono stati proposti diversi interventi: • causticazione con sistema ad argon plasma; • embolizzazione dell’arteria mascellare interna; • dermatoplastica settale con graft di membrana amniotica, innesti cutanei, lembi peduncolati o lembi liberi; • chiusura delle fosse nasali mediante allestimento e sutura di lembi cutanei del vestibolo nasale oppure mediante otturatori in materiale sintetico (Silastic). La causticazione ad argon plasma ad oggi è il trattamento di prima scelta nei pazienti con epistassi invalidanti in quanto è eseguibile in anestesia locale, è facilmente ripetibile e permette in genere una riduzione soddisfacente della frequenza degli episodi (Bergler, 2003; Pagella e Coll, 2006). È stata proposta recentemente l’associazione di tale metodica con il trattamento nasale topico con estradiolo, le prime evidenze sperimentali sembrano mostrare un’ulteriore riduzione degli episodi. Come trattamento di seconda scelta viene proposta la dermatoplastica, che consiste nell’escissione della mucosa nasale teleangectasica e la sua sostituzione con tessuto epidermico come innesto libero oppure lembo cutaneo di rotazione (Strauss e Coll, 1985). Sono state descritte anche ampie exeresi nasali e successive ricostruzioni con lembi liberi rivascolarizzati in pazienti con mucosa nasale estesamente teleangectasica, si tratta comunque di casi eccezionali (Geisthoff e Coll. 2006; Hitchings e Coll. 2005). I casi non responsivi a questi trattamenti vengono indirizzati verso l’embolizzazione o la legatura dell’arteria mascellare interna, con risultati purtroppo spesso non definitivi, oppure verso la chiusura delle fosse nasali, unico intervento che sembri garantire la cessazione delle epistassi anche nei casi di estrema recidivanza e gravità (Lund e Howard, 1999).

Gli interventi chirurgici sul setto / G. Felisati, A. Maccari, S. Nosengo - In: Epistassi : 30. convegno nazionale di aggiornamento : San Felice Circeo : 5-6-7 ottobre 2006 / [a cura di] C. Vicini. - Milano : Amplifon, 2006. - pp. 315-322

Gli interventi chirurgici sul setto

G. Felisati
Primo
;
2006

Abstract

Il trattamento dell’epistassi prevede soluzioni terapeutiche diverse che possono intersecarsi fra di loro in funzione delle modalità di presentazione, della gravità, della sede di origine del sanguinamento e delle eventuali patologie della coagulazione associate. Sono stati proposti dei veri e propri algoritmi terapeutici, ossia linee guida da seguire in relazione alle differenti situazioni cliniche che si possono presentare. Gli interventi chirurgici sul setto, tema che ci è stato assegnato, rappresentano apparentemente una soluzione di nicchia all’interno del ventaglio terapeutico disponibile. Anche l’analisi della letteratura evidenzia uno spazio assai esiguo per tali procedure sia in assoluto che, tanto più, all’interno delle linee guida cui si faceva riferimento in precedenza. Nello svolgimento di questo capitolo evidenzieremo come, a nostro parere, alcune tecniche ancora oggi abbiano uno spazio d’applicazione ed anzi, per talune situazioni cliniche, possano rappresentare la metodica di riferimento. La letteratura tende ad esprimersi in modo univoco sulle indicazioni terapeutiche di alcune situazioni cliniche fondamentali osservabili in fase intercritica: • epistassi anteriore con punto di sanguinamento ben evidenziabile, generalmente al Locus Valsalvae (Little’s area, Keisselbach’s plexus): caustica selettiva del vaso sanguinante; • epistassi posteriore con punto di sanguinamento ben evidenziabile: caustica selettiva del vaso sanguinante; • epistassi posteriore senza punto di sanguinamento ben evidenziabile: caustica o legatura dell’arteria sfenopalatina alla sua emergenza dal forame omonimo. Restano invece meno definite le indicazioni terapeutiche nei confronti delle frequentissime forme di epistassi anteriore senza un punto di sanguinamento ben evidenziabile, a volte alternanti il lato di presentazione, generalmente con evidenza obiettiva di un reticolo capillare superficializzato al Locus Valsalvae mono o bilateralmente (fig.1,2,3). Se il sanguinamento è modesto, prevale l’indicazione al trattamento medico topico conservativo, ma se l’epistassi è rilevante, o comunque tende a ripresentarsi con una certa frequenza, le opzioni terapeutiche tendono a divergere e i pareri a frammentarsi. In genere, anche per queste situazioni, il trattamento prevalente è la caustica, che può essere chimica, come abitualmente eseguito nel bambino, oppure elettrica/termica. Un’analisi delle problematiche connesse al trattamento causticante di ampie superfici settali anteriori rappresenta un preliminare indispensabile alla esposizione dei possibili vantaggi di tecniche chirurgiche alternative. E’ ben noto, infatti, che la caustica della regione del Locus Valsalvae , soprattutto se eseguita su una vasta superficie, determina una importante sofferenza della mucosa stessa e del pericondrio sottostante, tanto che viene assolutamente sconsigliata l’esecuzione di trattamenti bilaterali pena un elevato rischio di determinare una perforazione del setto. Anche per la caustica chimica con nitrato d’argento, trattamento più blando rispetto alla caustica elettrica/termica, è stata dimostrata la tendenza alla penetrazione profonda dell’effetto degenerativo già per applicazioni della durata di 5 secondi (fig. 4). L’aumento del tempo di durata dell’applicazione non aumenta significativamente la profondità di penetrazione del nitrato d’argento: il che significa, specularmente, che non è possibile impedire la penetrazione in profondità dell’effetto caustico anche limitandosi ad applicazioni di durata molto breve. L’effetto chimico è rappresentato da un fronte d’onda che causa morte cellulare e trombosi vascolare (Hanif e Coll., 2003). In base a quanto affermato, si evince che, inevitabilmente, la caustica mucosa sia chimica che elettrotermica determina un danneggiamento anche del pericondrio e, direttamente od indirettamente, della cartilagine settale sottostante. La rigenerazione della mucosa degenerata tenderà a produrre una sostituzione dell’epitelio pseudostratificato ciliato con epitelio pavimentoso (non ciliato), in modo tanto più consistente quanto maggiormente ampia sarà la superficie causticata. Si riprodurranno per il setto, pertanto, le problematiche cliniche a distanza ben note in relazione alla esecuzione di caustiche massive dei turbinati inferiori (riduzione della clearance muco-ciliare, ristagno di secrezioni, formazione di croste, ecc.). Per quanto attiene, in particolare, alle caustiche chimiche con nitrato d’argento si pone anche un altro problema clinico relativo all’assorbimento in circolo di argento (argiremia) ed alla possibile tossicità di questa evenienza. La questione, che potrebbe sembrare del tutto inconsistente, ha una sua ragion d’essere nel fatto che si osserva un aumento significativamente consistente della concentrazione ematica di argento (p= 0.2) anche per una singola applicazione al locus Valsalvae, portata direttamente sui vasi sanguinanti. I livelli di concentrazione di argento sembrano correlarsi con il numero di applicazioni effettuate (Nguyen e Coll., 1999). Sulla base di queste considerazioni e del possibile effetto tossico dell’argento ematico devono essere posti ulteriori limiti all’indicazione indiscriminata di caustiche chimiche soprattutto con nitrato d’argento ad alta concentrazione. In conclusione la caustica monolaterale e selettiva del vaso sanguinante, ove necessario condotta sotto endoscopia, rappresenta in modo largamente condiviso il procedimento di elezione benché non cauteli da una possibile recidiva. Forti dubbi insorgono invece verso una caustica di ampie superfici che si rende indispensabile quando la zona di sanguinamento è diffusa e/o bilaterale. In quest’ultimo caso, inoltre, si deve differire il procedimento sul lato meno grave di almeno tre-quattro settimane rispetto al primo trattamento. In presenza di reticolo capillare ectasico, di varici del setto o di distrofia mucosa del Locus Valsalvae, trova spazio una metodica rivolta specificamente alle epistassi anteriori recidivanti (EAR) a sanguinamento diffuso mono o bilaterale: la segmentazione del Locus Valsalvae (SLV) (Merola e Nosengo, 1985). La metodica, da noi utilizzata fin dal 1977, consiste nella realizzazione di una serie di 3-4 incisioni orizzontali ed altrettante verticali/oblique che devono coinvolgere sia la mucosa che la sottomucosa dell’area corrispondente al Locus Valsalvae mono o bilateralmente (fig.5). Le incisioni recidono e “svuotano” il reticolo vascolare quivi esistente e i segmenti di esso che ne risultano vanno incontro a trombizzazione. Successivamente il tessuto cicatriziale che si forma in sede sottomucosa nel processo di guarigione favorisce la permanenza delle “segmentazioni” prodotte dalle incisioni e dei fenomeni di trombizzazione che ne conseguono. Il risultato finale di questa successione di eventi è la scomparsa o la netta riduzione dei vasi e delle ectasie presenti. Se si è in presenza di una zona francamente emorragica, il reticolo cicatriziale neoformato rende più resistente il tratto di sottomucosa interessato. Le incisioni devono interessare il setto nasale anteriore in tutta la sua altezza, fino all’angolo che esso forma col pavimento della fossa nasale e recidere a tutto spessore mucosa e sottomucosa; non devono essere troppo superficiali, per evitare che i vasi si reinosculino immediatamente, ma neanche troppo profonde, per non danneggiare la cartilagine quadrangolare sottostante. L’intervento può essere effettuato anche con epistassi in atto. Viene abitualmente eseguito in anestesia locale, prima per apposizione (generalmente con carbocaina 2% con adrenalina 1:200.000) e successivamente per infiltrazione con lo stesso preparato. In casi particolari e specificamente nei bambini molto piccoli può essere eseguito in sedazione. Alla segmentazione segue un tamponamento leggero con uno strato di spugna di gelatina sostenuto da garza grassa o da spugne sintetiche. Il trattamento viene comunemente eseguito in day surgery; il tampone in genere viene asportato ambulatorialmente il giorno successivo. In caso di recidività di epistassi anteriore l’intervento può essere effettuato più di una volta. Nella nostra esperienza, che assomma ad oggi più di 500 casi di cui l’80% trattati bilateralmente, la metodica, controllata nel 1985 con follow-up di 2 anni, ha comportato la risoluzione del sintomo epistassi nell’85% dei casi, con completa restitutio ad integrum della mucosa del Locus Valsalvae (assenza di reticolo vasale visibile) nel 75% dei casi; tale procedimento ha dimostrato assenza di effetti collaterali o complicazioni. Problematiche diverse si pongono nei confronti dei pazienti in cui l’epistassi è manifestazione di patologie sistemiche, in particolare importanti deficit emocoagulativi come l’emofilia o la malattia di Von Willebrand oppure la teleangectasia emorragica ereditaria (malattia di Rendu-Osler-Weber). In questi pazienti, infatti, le ripetute epistassi sono spesso tanto importanti e frequenti da rendere necessarie ripetute emotrasfusioni, con un netto peggioramento della qualità di vita dei pazienti stessi. La letteratura dedicata al trattamento chirurgico delle epistassi anteriori “invalidanti” si riferisce quasi esclusivamente ai pazienti affetti da teleangectasia emorragica, per i quali sono stati proposti diversi interventi: • causticazione con sistema ad argon plasma; • embolizzazione dell’arteria mascellare interna; • dermatoplastica settale con graft di membrana amniotica, innesti cutanei, lembi peduncolati o lembi liberi; • chiusura delle fosse nasali mediante allestimento e sutura di lembi cutanei del vestibolo nasale oppure mediante otturatori in materiale sintetico (Silastic). La causticazione ad argon plasma ad oggi è il trattamento di prima scelta nei pazienti con epistassi invalidanti in quanto è eseguibile in anestesia locale, è facilmente ripetibile e permette in genere una riduzione soddisfacente della frequenza degli episodi (Bergler, 2003; Pagella e Coll, 2006). È stata proposta recentemente l’associazione di tale metodica con il trattamento nasale topico con estradiolo, le prime evidenze sperimentali sembrano mostrare un’ulteriore riduzione degli episodi. Come trattamento di seconda scelta viene proposta la dermatoplastica, che consiste nell’escissione della mucosa nasale teleangectasica e la sua sostituzione con tessuto epidermico come innesto libero oppure lembo cutaneo di rotazione (Strauss e Coll, 1985). Sono state descritte anche ampie exeresi nasali e successive ricostruzioni con lembi liberi rivascolarizzati in pazienti con mucosa nasale estesamente teleangectasica, si tratta comunque di casi eccezionali (Geisthoff e Coll. 2006; Hitchings e Coll. 2005). I casi non responsivi a questi trattamenti vengono indirizzati verso l’embolizzazione o la legatura dell’arteria mascellare interna, con risultati purtroppo spesso non definitivi, oppure verso la chiusura delle fosse nasali, unico intervento che sembri garantire la cessazione delle epistassi anche nei casi di estrema recidivanza e gravità (Lund e Howard, 1999).
Settore MED/31 - Otorinolaringoiatria
2006
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