Durante l’età liberale la gestione dell’ordine pubblico in Italia era affidata alla collaborazione tra vari soggetti istituzionali. I funzionari di pubblica sicurezza (p.s.), dipendenti direttamente dal Ministero dell’Interno, e i carabinieri reali, subordinati in parte alle autorità civili e in parte alle autorità militari, si trovavano a dover cooperare continuamente sul territorio. Inoltre, l’utilizzo dell’esercito in servizio di pubblica sicurezza, anche in contesti non militarizzati, era pratica molto diffusa, se non quotidiana. Il controllo del territorio e la gestione dell’ordine pubblico, di conseguenza, dipendevano strettamente sia dall’accordo tra le varie forze di polizia, sia dall’intesa tra autorità civili e autorità militari. Il Calendario Generale del Regno d’Italia, pubblicato regolarmente, salvo nel 1865, per tutta l’età liberale, riporta con precisione il nome, il luogo di stanziamento e il numero dei funzionari di pubblica sicurezza delle varie province. L’analisi dei dati che è possibile ricavare da tale fonte permette di seguire l’evolversi della presenza effettiva sul territorio degli ufficiali di p.s. fino alle soglie della Prima Guerra Mondiale. Appare con chiarezza una diffusione rilevante dei funzionari del Ministero dell’Interno nelle grandi città sede di prefettura o di sottoprefettura, un tratto comune a tutte le province italiane. In alcuni dei villaggi rurali più popolati era presente un ufficio di p.s. affidato a un delegato mandamentale. Tali funzionari, talvolta coadiuvati dalla presenza di polizie locali, erano chiamati a collaborare giornalmente con i carabinieri e con i comandanti delle divisioni militari diffuse sul territorio. La presenza di delegazioni mandamentali variava nel numero anche radicalmente da provincia a provincia, marcando profonde differenze regionali, e particolarmente diffuso era il loro radicamento nelle province siciliane. È questo un tratto caratteristico della Sicilia per l’intera età liberale e più accentuato, in alcuni periodi, nelle zone orientali dell’Isola. Proprio la Sicilia fu teatro del primo esperimento di decentramento, ancorché burocratico, dell’Italia Unita. Nel 1896, infatti, Antonio Starabba marchese di Rudinì, incaricato di ricoprire per la seconda volta l’incarico di Presidente del Consiglio, propose di istituire il Regio Commissariato Civile per la Sicilia. L’istituzione prevedeva la subordinazione di tutte le prefetture dell’Isola alle indicazioni di un Regio Commissario. Della durata di un anno, dal 1896 al 1897, il Commissariato Civile ebbe tra i suoi compiti quello delle gestione dell’ordine pubblico. Il senatore Giovanni Codronchi Argeli, originario di Imola in provincia di Bologna, venne nominato Regio Commissario. Unanimemente riconosciuto come uno dei maggiori esperti di pubblica sicurezza del tempo, esperienza, d’altronde, maturata nella direzione delle prefetture di Napoli e Milano, Codronchi si trovò a dover gestire numerose lotte tra fazioni locali, fomentate dalle elezioni convocate da di Rudinì nel marzo del 1897. Lo scontro tra fazioni era acceso soprattutto nella provincia di Catania. In particolare, era tesa la situazione di Giarre, comune nella giurisdizione della sottoprefettura di Acireale e sede di una delegazione mandamentale. Codronchi, nel settembre del 1896, aveva sostituito il delegato con un funzionario di sua fiducia. Feoli, questo il nome dell’ufficiale, entrò subito in contrasto con il comandante della stazione locale dei carabinieri, fervente sostenitore di una delle fazioni di Giarre. I dissensi di qui sorti si estesero su tutte le attività d’ufficio e resero molto difficile il controllo delle violenze di piazza. Scoppiarono vari tafferugli, ci furono diversi feriti e alcuni omicidi. Provvedimento temporaneo fu l’allontanamento del maresciallo dei carabinieri. All’indomani delle elezioni Feoli venne sottoposto a inchiesta. Nella prima parte della relazione vorrei proporre un’analisi di lungo periodo del collocamento sul territorio siciliano dei funzionari di p.s., dal 1862 al 1915. Evidenziando le caratteristiche che distinguono la Sicilia dalle altre regioni italiane, vorrei poi soffermarmi, in particolare, sulla collocazione nel territorio delle varie province sicule tra 1896 e 1897 non solo dei funzionari ma anche dei carabinieri e delle divisioni militari. Nella seconda parte della relazione, dopo aver esposto brevemente il funzionamento concreto delle delegazioni mandamentali, vorrei soffermarmi sul caso di Giarre. La gravità del dissidio sorto tra maresciallo dei carabinieri e delegato mandamentale permette di analizzare l’episodio come un vero e proprio caso di studio. Il modello di dislocazione sul territorio adottato in Sicilia, infatti, creava una stretta dipendenza del delegato mandamentale dalle forze a disposizione dei carabinieri e di qui notevoli problemi per l’ordine pubblico nel caso in cui tra carabinieri e funzionari di p.s. non ci fosse stato accordo. Il caso di Giarre, inoltre, permette di esaminare da vicino i tentativi delle forze di polizia di controllare la violenta lotta politica dei comuni siciliani, in collaborazione stretta e quotidiana con i soldati delle varie divisioni militari.

Presenza sul territorio e collaborazione tra forze di polizia : il caso siciliano e gli scontri di Giarre durante il Regio Commissariato Civile per la Sicilia (1896-1897) / A. Azzarelli. ((Intervento presentato al convegno Police effectiveness : la dislocazione sul territorio e la logica del soldo tenutosi a Gargnano nel 2016.

Presenza sul territorio e collaborazione tra forze di polizia : il caso siciliano e gli scontri di Giarre durante il Regio Commissariato Civile per la Sicilia (1896-1897)

A. Azzarelli
2016

Abstract

Durante l’età liberale la gestione dell’ordine pubblico in Italia era affidata alla collaborazione tra vari soggetti istituzionali. I funzionari di pubblica sicurezza (p.s.), dipendenti direttamente dal Ministero dell’Interno, e i carabinieri reali, subordinati in parte alle autorità civili e in parte alle autorità militari, si trovavano a dover cooperare continuamente sul territorio. Inoltre, l’utilizzo dell’esercito in servizio di pubblica sicurezza, anche in contesti non militarizzati, era pratica molto diffusa, se non quotidiana. Il controllo del territorio e la gestione dell’ordine pubblico, di conseguenza, dipendevano strettamente sia dall’accordo tra le varie forze di polizia, sia dall’intesa tra autorità civili e autorità militari. Il Calendario Generale del Regno d’Italia, pubblicato regolarmente, salvo nel 1865, per tutta l’età liberale, riporta con precisione il nome, il luogo di stanziamento e il numero dei funzionari di pubblica sicurezza delle varie province. L’analisi dei dati che è possibile ricavare da tale fonte permette di seguire l’evolversi della presenza effettiva sul territorio degli ufficiali di p.s. fino alle soglie della Prima Guerra Mondiale. Appare con chiarezza una diffusione rilevante dei funzionari del Ministero dell’Interno nelle grandi città sede di prefettura o di sottoprefettura, un tratto comune a tutte le province italiane. In alcuni dei villaggi rurali più popolati era presente un ufficio di p.s. affidato a un delegato mandamentale. Tali funzionari, talvolta coadiuvati dalla presenza di polizie locali, erano chiamati a collaborare giornalmente con i carabinieri e con i comandanti delle divisioni militari diffuse sul territorio. La presenza di delegazioni mandamentali variava nel numero anche radicalmente da provincia a provincia, marcando profonde differenze regionali, e particolarmente diffuso era il loro radicamento nelle province siciliane. È questo un tratto caratteristico della Sicilia per l’intera età liberale e più accentuato, in alcuni periodi, nelle zone orientali dell’Isola. Proprio la Sicilia fu teatro del primo esperimento di decentramento, ancorché burocratico, dell’Italia Unita. Nel 1896, infatti, Antonio Starabba marchese di Rudinì, incaricato di ricoprire per la seconda volta l’incarico di Presidente del Consiglio, propose di istituire il Regio Commissariato Civile per la Sicilia. L’istituzione prevedeva la subordinazione di tutte le prefetture dell’Isola alle indicazioni di un Regio Commissario. Della durata di un anno, dal 1896 al 1897, il Commissariato Civile ebbe tra i suoi compiti quello delle gestione dell’ordine pubblico. Il senatore Giovanni Codronchi Argeli, originario di Imola in provincia di Bologna, venne nominato Regio Commissario. Unanimemente riconosciuto come uno dei maggiori esperti di pubblica sicurezza del tempo, esperienza, d’altronde, maturata nella direzione delle prefetture di Napoli e Milano, Codronchi si trovò a dover gestire numerose lotte tra fazioni locali, fomentate dalle elezioni convocate da di Rudinì nel marzo del 1897. Lo scontro tra fazioni era acceso soprattutto nella provincia di Catania. In particolare, era tesa la situazione di Giarre, comune nella giurisdizione della sottoprefettura di Acireale e sede di una delegazione mandamentale. Codronchi, nel settembre del 1896, aveva sostituito il delegato con un funzionario di sua fiducia. Feoli, questo il nome dell’ufficiale, entrò subito in contrasto con il comandante della stazione locale dei carabinieri, fervente sostenitore di una delle fazioni di Giarre. I dissensi di qui sorti si estesero su tutte le attività d’ufficio e resero molto difficile il controllo delle violenze di piazza. Scoppiarono vari tafferugli, ci furono diversi feriti e alcuni omicidi. Provvedimento temporaneo fu l’allontanamento del maresciallo dei carabinieri. All’indomani delle elezioni Feoli venne sottoposto a inchiesta. Nella prima parte della relazione vorrei proporre un’analisi di lungo periodo del collocamento sul territorio siciliano dei funzionari di p.s., dal 1862 al 1915. Evidenziando le caratteristiche che distinguono la Sicilia dalle altre regioni italiane, vorrei poi soffermarmi, in particolare, sulla collocazione nel territorio delle varie province sicule tra 1896 e 1897 non solo dei funzionari ma anche dei carabinieri e delle divisioni militari. Nella seconda parte della relazione, dopo aver esposto brevemente il funzionamento concreto delle delegazioni mandamentali, vorrei soffermarmi sul caso di Giarre. La gravità del dissidio sorto tra maresciallo dei carabinieri e delegato mandamentale permette di analizzare l’episodio come un vero e proprio caso di studio. Il modello di dislocazione sul territorio adottato in Sicilia, infatti, creava una stretta dipendenza del delegato mandamentale dalle forze a disposizione dei carabinieri e di qui notevoli problemi per l’ordine pubblico nel caso in cui tra carabinieri e funzionari di p.s. non ci fosse stato accordo. Il caso di Giarre, inoltre, permette di esaminare da vicino i tentativi delle forze di polizia di controllare la violenta lotta politica dei comuni siciliani, in collaborazione stretta e quotidiana con i soldati delle varie divisioni militari.
21-ott-2016
Settore SPS/03 - Storia delle Istituzioni Politiche
Settore M-STO/04 - Storia Contemporanea
Dipartimento di Studi Storici. Università degli Studi di Milano
Centro Interuniversitario di Studi "le Polizie e il Controllo del Territorio"
Presenza sul territorio e collaborazione tra forze di polizia : il caso siciliano e gli scontri di Giarre durante il Regio Commissariato Civile per la Sicilia (1896-1897) / A. Azzarelli. ((Intervento presentato al convegno Police effectiveness : la dislocazione sul territorio e la logica del soldo tenutosi a Gargnano nel 2016.
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