La dimensione etica assume una centralità ineludibile in antropologia applicata, ambito in cui costituisce l’ossatura stessa della ricerca: - nella decisione, definizione e costruzione dell’oggetto di studio; - nelle diverse modalità di fare ricerca, di accedere e partecipare alla vita delle comunità e di rapportarsi agli interlocutori sul campo; - nella gestione dei conflitti e dei molteplici condizionamenti esterni, politici ed economici; - nella restituzione dei dati attraverso la scelta di temi, linguaggi, strategie testuali. In tutte queste fasi la posizione del ricercatore, ben lontano dall’essere oggettiva, neutra, ovvia, è sempre il prodotto di un’intenzionalità conoscitiva – fatta di pre-comprensioni, aspettative, pregiudizi, investimenti personali e professionali – carica di implicazioni etiche, non sempre facilmente prevedibili e controllabili. In quanto tale l’essere sul campo è sempre un essere compromessi ed essere esposti e la sua restituzione attraverso la scrittura un atto politico forte. Quella che varia però è la consapevolezza e l’attenzione rivolta alle condizioni grazie alle quali la descrizione dell’oggetto di studio diventa possibile e quindi la sensibilità alla qualità della relazione che riusciamo a instaurare sul campo, alla responsabilità di esser-ci, così come la capacità di rendere i lettori – i destinatari – partecipi di questo complicato intreccio di fattori. Stimolare questa sensibilità e questa capacità è uno degli obiettivi che si prefiggono i contributi di questo numero.
La responsabilità di esser-ci : I dilemmi etici della ricerca in antropologia applicata / A. Biscaldi. - In: ANTROPOLOGIA PUBBLICA. - ISSN 2531-8799. - 2:2(2016), pp. 27-40. [10.1473/anpub.v2i2.72]
La responsabilità di esser-ci : I dilemmi etici della ricerca in antropologia applicata
A. Biscaldi
2016
Abstract
La dimensione etica assume una centralità ineludibile in antropologia applicata, ambito in cui costituisce l’ossatura stessa della ricerca: - nella decisione, definizione e costruzione dell’oggetto di studio; - nelle diverse modalità di fare ricerca, di accedere e partecipare alla vita delle comunità e di rapportarsi agli interlocutori sul campo; - nella gestione dei conflitti e dei molteplici condizionamenti esterni, politici ed economici; - nella restituzione dei dati attraverso la scelta di temi, linguaggi, strategie testuali. In tutte queste fasi la posizione del ricercatore, ben lontano dall’essere oggettiva, neutra, ovvia, è sempre il prodotto di un’intenzionalità conoscitiva – fatta di pre-comprensioni, aspettative, pregiudizi, investimenti personali e professionali – carica di implicazioni etiche, non sempre facilmente prevedibili e controllabili. In quanto tale l’essere sul campo è sempre un essere compromessi ed essere esposti e la sua restituzione attraverso la scrittura un atto politico forte. Quella che varia però è la consapevolezza e l’attenzione rivolta alle condizioni grazie alle quali la descrizione dell’oggetto di studio diventa possibile e quindi la sensibilità alla qualità della relazione che riusciamo a instaurare sul campo, alla responsabilità di esser-ci, così come la capacità di rendere i lettori – i destinatari – partecipi di questo complicato intreccio di fattori. Stimolare questa sensibilità e questa capacità è uno degli obiettivi che si prefiggono i contributi di questo numero.File | Dimensione | Formato | |
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