Il vitigno è da sempre il principale protagonista dei modelli viti-enologici. Le caratteristiche produttive e qualitative di un assortimento varietale sono alla base delle caratteristiche di originalità dei vini di territorio, oltre che ovviamente di quelli di vitigno. Paradossalmente non vi è accordo tra gli studiosi di viticoltura sulla definizione di vitigno. Ciò può determinare seri problemi di carattere normativo di difficile risoluzione. In relazione alla definizione che si dà al termine di vitigno può cambiare il livello di biodiversità della viticoltura, di variabilità, ricchezza e complessità dei vini. Un limite che ha caratterizzato e che caratterizza tuttora gli studi ampelografici è il riferimento per la descrizione varietale ad un numero limitato di specimen (piante di riferimento) e che si riflette sulla scarsa considerazione che la variabilità intra-varietale trova nelle descrizione ampelografiche. Questo atteggiamento operativo, definibile come approccio tipologico è in antitesi con l’approccio popolazionale che è alla base della moderna tassonomia. L’introduzione dei marcatori molecolari ha rafforzato l’approccio tipologico, portando ad accettare surrettiziamente il concetto di un’origine monofiletica e monoclonale delle nostre varietà di vite, escludendo il concetto di varietà-popolazione o di varietà policlonali. Inoltre la tendenza è quella di considerare forzatamente tutte le popolazioni derivanti da un unico capostipite afferenti alla medesima varietà, a meno di palesi mutazioni somatiche. Lo spazio dibattito vuole offrire qualche spunto di riflessione sul significato di vitigno alla luce di alcune recenti ricerche nel campo dell’ampelografia classica e molecolare.

Valorizzazione e protezione della variabilità intravarietale dei vitigni italiani / O. Failla - In: Atti Enoforum 2007[s.l] : null, 2007. - pp. 58-58 (( convegno Enoforum tenutosi a Piacenza nel 2007.

Valorizzazione e protezione della variabilità intravarietale dei vitigni italiani

O. Failla
Primo
2007

Abstract

Il vitigno è da sempre il principale protagonista dei modelli viti-enologici. Le caratteristiche produttive e qualitative di un assortimento varietale sono alla base delle caratteristiche di originalità dei vini di territorio, oltre che ovviamente di quelli di vitigno. Paradossalmente non vi è accordo tra gli studiosi di viticoltura sulla definizione di vitigno. Ciò può determinare seri problemi di carattere normativo di difficile risoluzione. In relazione alla definizione che si dà al termine di vitigno può cambiare il livello di biodiversità della viticoltura, di variabilità, ricchezza e complessità dei vini. Un limite che ha caratterizzato e che caratterizza tuttora gli studi ampelografici è il riferimento per la descrizione varietale ad un numero limitato di specimen (piante di riferimento) e che si riflette sulla scarsa considerazione che la variabilità intra-varietale trova nelle descrizione ampelografiche. Questo atteggiamento operativo, definibile come approccio tipologico è in antitesi con l’approccio popolazionale che è alla base della moderna tassonomia. L’introduzione dei marcatori molecolari ha rafforzato l’approccio tipologico, portando ad accettare surrettiziamente il concetto di un’origine monofiletica e monoclonale delle nostre varietà di vite, escludendo il concetto di varietà-popolazione o di varietà policlonali. Inoltre la tendenza è quella di considerare forzatamente tutte le popolazioni derivanti da un unico capostipite afferenti alla medesima varietà, a meno di palesi mutazioni somatiche. Lo spazio dibattito vuole offrire qualche spunto di riflessione sul significato di vitigno alla luce di alcune recenti ricerche nel campo dell’ampelografia classica e molecolare.
Vite ; vitigno ; biodiversità
Settore AGR/03 - Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree
2007
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