Among the 45 Recommendations adopted under the WIPO Development Agenda, two indicate the preservation of public domain as a key task for firms, individuals and Member States. This study explores the notion of “public domain” in relation to trademark law, with particular reference to the challenging issue of how safeguarding it, avoiding misappropriation of signs which should remain usable by the public. Some studies have shown that legal instruments provided by trademark law to keep signs and certain forms of use free, risk not being appropriate counterbalances to prevent the misappropriation of public domain. A general exclusion from registration does not exist for many signs which are part of a communal heritage and even if a refusal for registration may be grounded on the lack of distinctiveness, this requirement may still be overcome, showing that the sign has acquired a “secondary meaning”. Furthermore, a look into the registers reveals that trademark right is often used as a vehicle to extend prior patent, design or copyrights, with great public domain’s concerns. At last, the space of public domain is endangered by the expanded protection of new types of marks and by the anti-dilution enhanced protection, which gave the registered trademark’s owner more general control over his sign, making it unavailable for socially and culturally valuable use, such as news reporting, criticism, review and parody. German case law was the first to address the issue of the safeguard of this room for free signs and uses, suggesting that trademark registration should be subject to a prior assessment of the opportunity that a sign remain public available (Freihaltebedürfnis). This interest raises from the observation of the negative impact that granting rights to certain types of trademark may have on market competition and led most countries to refrain from recognising trademark rights to descriptive and generic signs and functional shapes. Otherwise, by choosing these signs, right holders may acquire strategic competitive advantages on competitors whose marketing strategies and communication, deprived of the opportunity to use them, would result much less effective than that allowed to the trademark’s holder. This advantage has nothing to do with the essential function to guarantee the trade mark as an indication of origin and is therefore not justified in the light of the objectives underlying trade mark law. The ECJ, requested to preliminary ruling on whether this “need to keep free” should play any role in the European trademark law, answered contradictorily. Notwithstanding, courts still rely on public policy concerns in order to preclude or limit the trademark protection, such as the “color depletion” and the “functionality” doctrine used by U.S. Courts for granting protection to color or shape marks. This work suggests that public interest should still play a role as a key-factor in order to assess the distinctive character relevant both in registration and infringement proceedings and shares the view that wording should be added in the Trademark Directive and Regulation, that the assessment of distinctive character should take into account the “right to keep free”. This proposal becomes particularly actual in the light of the works in progress for reforming the European trademark legislation, which appear to have ignored the problem of striking the proper balance between trademark right and public domain.

La filosofia del diritto occidentale, mentre si è ampiamente preoccupata di indagare i fondamenti giustificativi dei diritti di proprietà intellettuale, raramente si è occupata di quelli del loro antagonista concettuale, ovvero del pubblico dominio. Lo scarso interesse manifestato dalla letteratura scientifica trova plausibile spiegazione nella concezione largamente diffusa che identifica il pubblico dominio nel concetto opposto e contrario di “proprietà”, finendo per cadere nell’equazione che considera una risorsa valorizzabile e meritevole di attenzione e tutela solo ciò che è appropriabile e tratta ciò che non lo è come scarto privo di intrinseco interesse. Oggi, a questa visione se ne è sostituita un’altra, che vede il pubblico dominio non più come res nullius, ma come res publici iuris, ovvero proprietà collettiva, comune, di tutti. Riconoscere che sul pubblico dominio insiste un interesse proprietario comune, equivale a dire che ciascun membro della collettività vanta un interesse a rivendicarne la comune proprietà, ovvero ad opporsi a tentativi di loro privata appropriazione. In relazione al diritto dei marchi tale interesse si contrappone al fenomeno di appropriazione indebita dei segni distintivi che devono considerarsi patrimonio comune, sottratto a qualsiasi diritto di privativa e liberamente disponibile per la collettività. Il capitolo introduttivo affronta i problemi definitori del pubblico dominio con riferimento alle principali privative industrialistiche, per poi concentrarsi, in particolare, sul rapporto con il diritto dei marchi. Esso dà conto delle principali iniziative mosse a livello internazionale per studiare le interazioni tra diritto dei marchi e pubblico dominio e si conclude con l’individuazione degli interessi collegati alla salvaguardia di un pubblico dominio ricco ed accessibile e delle minacce a tale interesse, ravvisabili nella tendenza all’espansione e al cumulo delle tutele. La durata tendenzialmente illimitata del diritto e la revocabilità dello status di pubblico dominio di un segno, caratterizzano il diritto di marchio rispetto alle altre privative industrialistiche per non avere una struttura di per sé favorevole e predisposta alla salvaguardia del dominio pubblico. Tale limite strutturale è però temperato dal legislatore mediante la previsione di limiti alla possibilità di acquisizione del diritto, nonché alla sua portata una volta acquisito. I capitoli II e V si occupano dei meccanismi che il diritto dei marchi prevede al fine di garantire spazi di pubblico dominio cui gli operatori del mercato possono liberamente attingere senza perciò interferire con l’area dei diritti di esclusiva dei titolari di marchio. Il capitolo II, in particolare, si occupa dei meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio costituito dai segni esclusi dalla registrazione. I singoli impedimenti alla registrazione sono presi in esame evidenziandone la scarsa capacità escludente anche alla luce della tendenza all’estensione dell’oggetto della tutela di marchio, evidenziata attraverso una rassegna dei principali marchi-non convenzionali cui negli anni è stata concessa tutela. Tra tali meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio spazio centrale è dedicato al principio dell’imperativo di disponibilità dei segni distintivi. Tale dottrina è stata elaborata dal formante giurisprudenziale tedesco sotto il nome di “Freihaltebedürfnis” (letteralmente “necessità di mantenere libero”) e fatta propria dalla dottrina anglosassone come “right to keep free” e sostiene, almeno nel suo impianto originale, la necessità di subordinare la registrazione di un marchio ad una previa valutazione di opportunità che il segno per cui si domanda tutela debba rimanere in pubblico dominio, ovvero liberamente appropriabile dalla collettività. Oggi è più che mai in dubbio quale sia il ruolo di questo principio all’interno del diritto comunitario dei marchi. Il capitolo III illustra l’iter della giurisprudenza comunitaria con riferimento alla questione del riconoscimento e della rilevanza dell’imperativo di disponibilità nel giudizio di registrazione. L’analisi evidenzierà come la Corte sia giunta a conclusioni differenti a seconda del diverso impedimento alla registrazione oggetto di interpretazione, con risultati considerati irragionevoli da larga parte della dottrina e non banali difficoltà e incertezze applicative per gli Uffici di registrazione. Nonostante ciò si evidenzierà l’emergere di una linea interpretativa comune alla maggior parte delle decisioni analizzate, tesa a riconoscere un ruolo effettivo all’imperativo di disponibilità nel giudizio di registrazione, seppur solo di carattere strumentale alla valutazione di distintività di un segno. Il capitolo IV illustra come il recente progetto di riforma di Direttiva e Regolamento comunitari non abbia colto l’opportunità di positivizzare tale principio, restando insensibile alla proposta originaria formulata dallo Studio del Max Planck Institut diMonaco di Baviera di inserire un riconoscimento espresso del suo operare all’interno del giudizio di registrazione. Conclusa la prima parte del lavoro dedicata alle interazioni tra il principio di disponibilità dei segni distintivi e la registrazione di marchio, nel capitolo V si entrerà nel terreno meno battuto dei riflessi che lo stesso principio dispiega nei confronti del giudizio di contraffazione. Dopo aver analizzato i diversi meccanismi previsti dal legislatore al fine di salvaguardare il pubblico dominio costituito dalle libere utilizzazioni di un segno registrato, si darà conto della loro scarsa capacità escludente e delle conseguenti minacce che la tutela assoluta prevista per i casi di contraffazione per doppia identità e quella aggravata del marchio che gode di rinomanza pongono alla salvaguardia dello spazio di pubblico dominio, specialmente con riguardo ai numerosi casi in cui il marchio altrui è utilizzato per scopi “atipici”, ovvero non chiaramente distintivi dell’attività imprenditoriale e dei beni o servizi dell’avente diritto. Con riferimento ad essi, l’interprete ha l’arduo compito di capire, di volta in volta, se sia maggiormente meritevole di tutela il titolare di marchio nel suo interesse di escludere i terzi dall’utilizzo del proprio segno, o i terzi stessi nell’interesse antagonista di fare uso del segno per finalità descrittive, espressive, decorative ecc. La giurisprudenza non ha offerto alcuna interpretazione univoca di questo bilanciamento, stentando a tracciare lo spartiacque tra usi leciti ed illeciti del marchio altrui. Molti di questi casi sono allora stati risolti dalla giurisprudenza ricorrendo, per sancirne la liceità, ad un principio di “necessità dell’uso” che porta nel giudizio di contraffazione gli stessi interessi di libera disponibilità presenti in sede di registrazione. Anche all’interno del giudizio di contraffazione, tuttavia, tale interesse resta sostanzialmente un oggetto misterioso per la Corte di Giustizia, che resta ancorata alla contraddizione che vede tale interesse confinato ad operare come principio interpretativo generale della normativa, privo però di qualsiasi implicazione concreta ed effettiva nel giudizio di registrazione e di contraffazione. In conclusione si suggerisce la necessità di sciogliere questo paradosso e si individua nella proposta del Max Planck un’occasione inspiegabilmente mancata per farlo.

¿SEGNI DISTINTIVI E PUBBLICO DOMINIO: IL RUOLO DELL¿IMPERATIVO DI DISPONIBILITA¿ NELLA REGISTRAZIONE E NELLA TUTELA DEL MARCHIO¿ / J. Ciani Sciolla ; tutor: M.S. SPOLIDORO ; coordinatore: S. GIUDICI. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2016 Jan 15. 27. ciclo, Anno Accademico 2014. [10.13130/ciani-sciolla-jacopo_phd2016-01-15].

¿SEGNI DISTINTIVI E PUBBLICO DOMINIO: IL RUOLO DELL¿IMPERATIVO DI DISPONIBILITA¿ NELLA REGISTRAZIONE E NELLA TUTELA DEL MARCHIO¿

J. CIANI SCIOLLA
2016

Abstract

Among the 45 Recommendations adopted under the WIPO Development Agenda, two indicate the preservation of public domain as a key task for firms, individuals and Member States. This study explores the notion of “public domain” in relation to trademark law, with particular reference to the challenging issue of how safeguarding it, avoiding misappropriation of signs which should remain usable by the public. Some studies have shown that legal instruments provided by trademark law to keep signs and certain forms of use free, risk not being appropriate counterbalances to prevent the misappropriation of public domain. A general exclusion from registration does not exist for many signs which are part of a communal heritage and even if a refusal for registration may be grounded on the lack of distinctiveness, this requirement may still be overcome, showing that the sign has acquired a “secondary meaning”. Furthermore, a look into the registers reveals that trademark right is often used as a vehicle to extend prior patent, design or copyrights, with great public domain’s concerns. At last, the space of public domain is endangered by the expanded protection of new types of marks and by the anti-dilution enhanced protection, which gave the registered trademark’s owner more general control over his sign, making it unavailable for socially and culturally valuable use, such as news reporting, criticism, review and parody. German case law was the first to address the issue of the safeguard of this room for free signs and uses, suggesting that trademark registration should be subject to a prior assessment of the opportunity that a sign remain public available (Freihaltebedürfnis). This interest raises from the observation of the negative impact that granting rights to certain types of trademark may have on market competition and led most countries to refrain from recognising trademark rights to descriptive and generic signs and functional shapes. Otherwise, by choosing these signs, right holders may acquire strategic competitive advantages on competitors whose marketing strategies and communication, deprived of the opportunity to use them, would result much less effective than that allowed to the trademark’s holder. This advantage has nothing to do with the essential function to guarantee the trade mark as an indication of origin and is therefore not justified in the light of the objectives underlying trade mark law. The ECJ, requested to preliminary ruling on whether this “need to keep free” should play any role in the European trademark law, answered contradictorily. Notwithstanding, courts still rely on public policy concerns in order to preclude or limit the trademark protection, such as the “color depletion” and the “functionality” doctrine used by U.S. Courts for granting protection to color or shape marks. This work suggests that public interest should still play a role as a key-factor in order to assess the distinctive character relevant both in registration and infringement proceedings and shares the view that wording should be added in the Trademark Directive and Regulation, that the assessment of distinctive character should take into account the “right to keep free”. This proposal becomes particularly actual in the light of the works in progress for reforming the European trademark legislation, which appear to have ignored the problem of striking the proper balance between trademark right and public domain.
15-gen-2016
La filosofia del diritto occidentale, mentre si è ampiamente preoccupata di indagare i fondamenti giustificativi dei diritti di proprietà intellettuale, raramente si è occupata di quelli del loro antagonista concettuale, ovvero del pubblico dominio. Lo scarso interesse manifestato dalla letteratura scientifica trova plausibile spiegazione nella concezione largamente diffusa che identifica il pubblico dominio nel concetto opposto e contrario di “proprietà”, finendo per cadere nell’equazione che considera una risorsa valorizzabile e meritevole di attenzione e tutela solo ciò che è appropriabile e tratta ciò che non lo è come scarto privo di intrinseco interesse. Oggi, a questa visione se ne è sostituita un’altra, che vede il pubblico dominio non più come res nullius, ma come res publici iuris, ovvero proprietà collettiva, comune, di tutti. Riconoscere che sul pubblico dominio insiste un interesse proprietario comune, equivale a dire che ciascun membro della collettività vanta un interesse a rivendicarne la comune proprietà, ovvero ad opporsi a tentativi di loro privata appropriazione. In relazione al diritto dei marchi tale interesse si contrappone al fenomeno di appropriazione indebita dei segni distintivi che devono considerarsi patrimonio comune, sottratto a qualsiasi diritto di privativa e liberamente disponibile per la collettività. Il capitolo introduttivo affronta i problemi definitori del pubblico dominio con riferimento alle principali privative industrialistiche, per poi concentrarsi, in particolare, sul rapporto con il diritto dei marchi. Esso dà conto delle principali iniziative mosse a livello internazionale per studiare le interazioni tra diritto dei marchi e pubblico dominio e si conclude con l’individuazione degli interessi collegati alla salvaguardia di un pubblico dominio ricco ed accessibile e delle minacce a tale interesse, ravvisabili nella tendenza all’espansione e al cumulo delle tutele. La durata tendenzialmente illimitata del diritto e la revocabilità dello status di pubblico dominio di un segno, caratterizzano il diritto di marchio rispetto alle altre privative industrialistiche per non avere una struttura di per sé favorevole e predisposta alla salvaguardia del dominio pubblico. Tale limite strutturale è però temperato dal legislatore mediante la previsione di limiti alla possibilità di acquisizione del diritto, nonché alla sua portata una volta acquisito. I capitoli II e V si occupano dei meccanismi che il diritto dei marchi prevede al fine di garantire spazi di pubblico dominio cui gli operatori del mercato possono liberamente attingere senza perciò interferire con l’area dei diritti di esclusiva dei titolari di marchio. Il capitolo II, in particolare, si occupa dei meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio costituito dai segni esclusi dalla registrazione. I singoli impedimenti alla registrazione sono presi in esame evidenziandone la scarsa capacità escludente anche alla luce della tendenza all’estensione dell’oggetto della tutela di marchio, evidenziata attraverso una rassegna dei principali marchi-non convenzionali cui negli anni è stata concessa tutela. Tra tali meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio spazio centrale è dedicato al principio dell’imperativo di disponibilità dei segni distintivi. Tale dottrina è stata elaborata dal formante giurisprudenziale tedesco sotto il nome di “Freihaltebedürfnis” (letteralmente “necessità di mantenere libero”) e fatta propria dalla dottrina anglosassone come “right to keep free” e sostiene, almeno nel suo impianto originale, la necessità di subordinare la registrazione di un marchio ad una previa valutazione di opportunità che il segno per cui si domanda tutela debba rimanere in pubblico dominio, ovvero liberamente appropriabile dalla collettività. Oggi è più che mai in dubbio quale sia il ruolo di questo principio all’interno del diritto comunitario dei marchi. Il capitolo III illustra l’iter della giurisprudenza comunitaria con riferimento alla questione del riconoscimento e della rilevanza dell’imperativo di disponibilità nel giudizio di registrazione. L’analisi evidenzierà come la Corte sia giunta a conclusioni differenti a seconda del diverso impedimento alla registrazione oggetto di interpretazione, con risultati considerati irragionevoli da larga parte della dottrina e non banali difficoltà e incertezze applicative per gli Uffici di registrazione. Nonostante ciò si evidenzierà l’emergere di una linea interpretativa comune alla maggior parte delle decisioni analizzate, tesa a riconoscere un ruolo effettivo all’imperativo di disponibilità nel giudizio di registrazione, seppur solo di carattere strumentale alla valutazione di distintività di un segno. Il capitolo IV illustra come il recente progetto di riforma di Direttiva e Regolamento comunitari non abbia colto l’opportunità di positivizzare tale principio, restando insensibile alla proposta originaria formulata dallo Studio del Max Planck Institut diMonaco di Baviera di inserire un riconoscimento espresso del suo operare all’interno del giudizio di registrazione. Conclusa la prima parte del lavoro dedicata alle interazioni tra il principio di disponibilità dei segni distintivi e la registrazione di marchio, nel capitolo V si entrerà nel terreno meno battuto dei riflessi che lo stesso principio dispiega nei confronti del giudizio di contraffazione. Dopo aver analizzato i diversi meccanismi previsti dal legislatore al fine di salvaguardare il pubblico dominio costituito dalle libere utilizzazioni di un segno registrato, si darà conto della loro scarsa capacità escludente e delle conseguenti minacce che la tutela assoluta prevista per i casi di contraffazione per doppia identità e quella aggravata del marchio che gode di rinomanza pongono alla salvaguardia dello spazio di pubblico dominio, specialmente con riguardo ai numerosi casi in cui il marchio altrui è utilizzato per scopi “atipici”, ovvero non chiaramente distintivi dell’attività imprenditoriale e dei beni o servizi dell’avente diritto. Con riferimento ad essi, l’interprete ha l’arduo compito di capire, di volta in volta, se sia maggiormente meritevole di tutela il titolare di marchio nel suo interesse di escludere i terzi dall’utilizzo del proprio segno, o i terzi stessi nell’interesse antagonista di fare uso del segno per finalità descrittive, espressive, decorative ecc. La giurisprudenza non ha offerto alcuna interpretazione univoca di questo bilanciamento, stentando a tracciare lo spartiacque tra usi leciti ed illeciti del marchio altrui. Molti di questi casi sono allora stati risolti dalla giurisprudenza ricorrendo, per sancirne la liceità, ad un principio di “necessità dell’uso” che porta nel giudizio di contraffazione gli stessi interessi di libera disponibilità presenti in sede di registrazione. Anche all’interno del giudizio di contraffazione, tuttavia, tale interesse resta sostanzialmente un oggetto misterioso per la Corte di Giustizia, che resta ancorata alla contraddizione che vede tale interesse confinato ad operare come principio interpretativo generale della normativa, privo però di qualsiasi implicazione concreta ed effettiva nel giudizio di registrazione e di contraffazione. In conclusione si suggerisce la necessità di sciogliere questo paradosso e si individua nella proposta del Max Planck un’occasione inspiegabilmente mancata per farlo.
Settore IUS/04 - Diritto Commerciale
marchio; trademark; pubblico dominio; public domain; imperativo di disponibilità; need to keep free; Freihaltebedürfnis; interesse generale; public interest; WIPO; misappropriation of signs; overprotection; cumulo delle tutele; overlapping; evergreening; deriva monopolistica; espansione della tutela; funzioni del marchio; registrazione di marchio; impedimenti assoluti alla registrazione; capacità distintiva; secondary meaning; volgarizzazione; segni descrittivi; segni generici; segni di uso comune; marchi di forma; trade dress; forme funzionali; functionality; marchi non convenzionali; marchi di colore, color trademark; color depletion theory; marchi olfattivi; smell marks; flavour trademark; marchi sonori; sound marks; slogan; contraffazione di marchio; uso nel commercio; use in commerce; uso in funzione di marchio; trademark use; doppia identità; rischio di confusione; likelihood of confusion; rischio di associazione; marchio che gode di rinomanza; well-known trademarks; dilution; portata del diritto; scope of protection; marchi forti; marchi deboli; libere utilizzazioni; usi atipici; Direttiva; Regolamento sul marchio comunitario; riforma
GIUDICI, SILVIA
GIUDICI, SILVIA
Doctoral Thesis
¿SEGNI DISTINTIVI E PUBBLICO DOMINIO: IL RUOLO DELL¿IMPERATIVO DI DISPONIBILITA¿ NELLA REGISTRAZIONE E NELLA TUTELA DEL MARCHIO¿ / J. Ciani Sciolla ; tutor: M.S. SPOLIDORO ; coordinatore: S. GIUDICI. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2016 Jan 15. 27. ciclo, Anno Accademico 2014. [10.13130/ciani-sciolla-jacopo_phd2016-01-15].
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