L’introduzione della privativa sul tabacco negli antichi stati italiani a partire dagli anni trenta e quaranta del XVII secolo andò ad alimentare in maniera consistente i già vivaci contrabbandi che animavano i territori della penisola. La necessità, immediatamente avvertita, di tutelare in prima battuta gli interessi degli appaltatori e quindi in seconda quelli degli Stati, impose alle autorità di governo di dotarsi di strumenti giuridici e di “polizia” per cercare di soffocare o quanto meno contenere e limitare il dilagare degli illeciti. L’esame di tale operazione di chirurgia, al contempo sociale e territoriale, poiché volta a definire prima e sradicare poi privilegi personali e giurisdizionali di individui e comunità, rappresenta un’occasione rilevante per comprendere gli spazi mutevoli e mobili dell’illecito, in perenne divenire nel tentativo dei contrabbandieri di volgere a proprio vantaggio le “anomalie” e la smagliature del tessuto giuridico e amministrativo messo a punto dalle autorità, e di queste ultime di irrigidire e stringere le maglie di territori che si mostravano troppo permeabili al transito di merci illegali. La lotta al contrabbando del tabacco nel corso dell’età moderna mostra in controluce il conflitto crescente tra uno Stato che cerca di regolamentare, normare e consolidare spazi e comportamenti – nella prospettiva di un Stato viepiù amministrativo – e una società che cerca da un lato di ribadire e far valere le proprie prerogative e dall’altro, nelle progressiva consapevolezza che gli spazi d’autonomia concessi in passato si stessero riducendo, di sfruttare le nuove opportunità che i tentativi, a volte goffi e incompleti, delle autorità offrivano. Da questo rapporto dialettico emerge un’immagine speculare, ma distorta, della percezione degli spazi: sempre più rigida e vincolante per le autorità di governo, ancora fluida e mobile per i frodatori (fossero essi individui singoli, compagnie di contrabbandieri o intere comunità), capaci di sfruttare a proprio vantaggio le prerogative ereditate dal passato come le novità dell’ancor lasco sistema di controllo territoriale definito e impiantato dalle autorità. Una partita che per buona parte dell’età moderna si è giocata intorno al tema dei privilegi, fattore per molti versi consustanziale sia allo Stato sia alla società d’antico regime, più che sul controllo dei confini “periferici”. Privilegi personali e territoriali che hanno prodotto per lungo tempo il moltiplicarsi delle “linee di frontiera” ben dentro i confini degli Stati, creando quello «spazio discontinuo», «rappresentabile come un mosaico in fieri di spazi singolari», di cui ha parlato Angelo Torre.

Gli spazi dell'illecito : il contrabbando del tabacconell'Italia moderna tra privilegi e confini / S. Levati (I LIBRI DI VIELLA). - In: Movimenti e confini : sapzi mobili nell'Italia preunitaria / [a cura di] L. Di Fiore, M. Meriggi. - Prima edizione. - Roma : Viella, 2013 Jul. - ISBN 9788867280506. - pp. 75-92 (( convegno Movimenti e confini tenutosi a Napoli nel 2012.

Gli spazi dell'illecito : il contrabbando del tabacconell'Italia moderna tra privilegi e confini

S. Levati
2013

Abstract

L’introduzione della privativa sul tabacco negli antichi stati italiani a partire dagli anni trenta e quaranta del XVII secolo andò ad alimentare in maniera consistente i già vivaci contrabbandi che animavano i territori della penisola. La necessità, immediatamente avvertita, di tutelare in prima battuta gli interessi degli appaltatori e quindi in seconda quelli degli Stati, impose alle autorità di governo di dotarsi di strumenti giuridici e di “polizia” per cercare di soffocare o quanto meno contenere e limitare il dilagare degli illeciti. L’esame di tale operazione di chirurgia, al contempo sociale e territoriale, poiché volta a definire prima e sradicare poi privilegi personali e giurisdizionali di individui e comunità, rappresenta un’occasione rilevante per comprendere gli spazi mutevoli e mobili dell’illecito, in perenne divenire nel tentativo dei contrabbandieri di volgere a proprio vantaggio le “anomalie” e la smagliature del tessuto giuridico e amministrativo messo a punto dalle autorità, e di queste ultime di irrigidire e stringere le maglie di territori che si mostravano troppo permeabili al transito di merci illegali. La lotta al contrabbando del tabacco nel corso dell’età moderna mostra in controluce il conflitto crescente tra uno Stato che cerca di regolamentare, normare e consolidare spazi e comportamenti – nella prospettiva di un Stato viepiù amministrativo – e una società che cerca da un lato di ribadire e far valere le proprie prerogative e dall’altro, nelle progressiva consapevolezza che gli spazi d’autonomia concessi in passato si stessero riducendo, di sfruttare le nuove opportunità che i tentativi, a volte goffi e incompleti, delle autorità offrivano. Da questo rapporto dialettico emerge un’immagine speculare, ma distorta, della percezione degli spazi: sempre più rigida e vincolante per le autorità di governo, ancora fluida e mobile per i frodatori (fossero essi individui singoli, compagnie di contrabbandieri o intere comunità), capaci di sfruttare a proprio vantaggio le prerogative ereditate dal passato come le novità dell’ancor lasco sistema di controllo territoriale definito e impiantato dalle autorità. Una partita che per buona parte dell’età moderna si è giocata intorno al tema dei privilegi, fattore per molti versi consustanziale sia allo Stato sia alla società d’antico regime, più che sul controllo dei confini “periferici”. Privilegi personali e territoriali che hanno prodotto per lungo tempo il moltiplicarsi delle “linee di frontiera” ben dentro i confini degli Stati, creando quello «spazio discontinuo», «rappresentabile come un mosaico in fieri di spazi singolari», di cui ha parlato Angelo Torre.
tabacco; controllo del territorio; contrabbando; società del privilegio
Settore M-STO/02 - Storia Moderna
lug-2013
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