The Author examines a widespread phenomenon in the current Italian and European context, i.e. the trend to punish as a criminal offense the illegal permanence and/or the illegal entry of non-EU nationals in EU Member States (such offenses are currently punished in 28 of them). While the European lawmaker that passed the Return Directive (2008/115/EC) - which does not need to reap consensus for electoral purposes - relies on administrative law in order to control and manage migration flows, national legislators usually complement the relevant administrative provisions with criminal sanctions. Yet, as the EU Court of Justice has stated in recent years, according to EU law the scope of criminal sanctions should be very narrow in the matter under consideration, to the extent that it becomes a blunt weapon. The same applies in Italy, where - as a result of the implementation of the EU law - crimes related to illegal entry and illegal residence (with the exception of the offense of unlawful re-entry) are now punished with mere fines, which are bound to remain unenforced. Therefore, criminalizing illegal immigration is useless as it is no deterrent and does not even facilitate deportations. Hence, the only reason for providing criminal sanctions against illegal immigration is a symbolic one, which is, in turn, functional to security-related policies and "criminal populism", aimed at gaining cheap electoral consensus. This contradicts the role of "last resort" that criminal law is supposed to play. Therefore, the recent decision taken by the Italian Parliament to delegate the task of decriminalizing criminal offences of illegal permanence and entry in Italy to the Government should be greeted with favor.

L'A. prende in esame un fenomeno riscontrabile nel contesto italiano ed europeo: la tendenza a configurare come reato il soggiorno e/o l'ingresso irregolare nello Stato (è così in 28 Stati membri dell'UE). Mentre il legislatore europeo della Direttiva rimpatri (115/2008/UE) - che non ha bisogno di intercettare il consenso elettorale - affida il controllo e la gestione dei flussi migratori al diritto amministrativo, i legislatori nazionali non rinunciano per lo più ad affiancare alla disciplina amministrativa sanzioni penali. Senonchè, come ha certificato la Corte di Giustizia UE negli ultimi anni, lo spazio lasciato dal diritto UE al diritto penale è assai limitato nella materia in esame, e lo rende nella sostanza un'arma spuntata. E' così anche in Italia, dove - proprio per effetto del diritto UE - i reati connessi all'ingresso e al soggiorno irregolare (con la sola eccezione del reato di illecito reingresso) sono oggi puniti con mere pene pecuniarie destinate a restare ineseguite. La criminalizzazione della clandestinità è pertanto inutile: non ha effetto deterrente e, d'altra parte, nemmeno facilita le espulsioni. L'autentica ragion d'essere del diritto penale nella materia in esame risiede allora nel suo carattere simbolico, funzionale a politiche securitarie e a un populismo penale che mira ad acquisire un facile consenso elettorale, calpestando il ruolo di extrema ratio proprio del diritto penale stesso. La recente scelta del legislatore italiano di delegare il Governo a depenalizzare il reato di 'clandestinità' va pertanto salutata con favore.

La criminalizzazione della 'clandestinità' fra scelte nazionali e contesto europeo / G.L. Gatta. - In: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE. - ISSN 0557-1391. - 58:1(2015), pp. 188-198. ((Intervento presentato al convegno Traffico di migranti: Sicilia, Italia, Europa? tenutosi a Palermo nel 2014.

La criminalizzazione della 'clandestinità' fra scelte nazionali e contesto europeo

G.L. Gatta
Primo
2015

Abstract

The Author examines a widespread phenomenon in the current Italian and European context, i.e. the trend to punish as a criminal offense the illegal permanence and/or the illegal entry of non-EU nationals in EU Member States (such offenses are currently punished in 28 of them). While the European lawmaker that passed the Return Directive (2008/115/EC) - which does not need to reap consensus for electoral purposes - relies on administrative law in order to control and manage migration flows, national legislators usually complement the relevant administrative provisions with criminal sanctions. Yet, as the EU Court of Justice has stated in recent years, according to EU law the scope of criminal sanctions should be very narrow in the matter under consideration, to the extent that it becomes a blunt weapon. The same applies in Italy, where - as a result of the implementation of the EU law - crimes related to illegal entry and illegal residence (with the exception of the offense of unlawful re-entry) are now punished with mere fines, which are bound to remain unenforced. Therefore, criminalizing illegal immigration is useless as it is no deterrent and does not even facilitate deportations. Hence, the only reason for providing criminal sanctions against illegal immigration is a symbolic one, which is, in turn, functional to security-related policies and "criminal populism", aimed at gaining cheap electoral consensus. This contradicts the role of "last resort" that criminal law is supposed to play. Therefore, the recent decision taken by the Italian Parliament to delegate the task of decriminalizing criminal offences of illegal permanence and entry in Italy to the Government should be greeted with favor.
L'A. prende in esame un fenomeno riscontrabile nel contesto italiano ed europeo: la tendenza a configurare come reato il soggiorno e/o l'ingresso irregolare nello Stato (è così in 28 Stati membri dell'UE). Mentre il legislatore europeo della Direttiva rimpatri (115/2008/UE) - che non ha bisogno di intercettare il consenso elettorale - affida il controllo e la gestione dei flussi migratori al diritto amministrativo, i legislatori nazionali non rinunciano per lo più ad affiancare alla disciplina amministrativa sanzioni penali. Senonchè, come ha certificato la Corte di Giustizia UE negli ultimi anni, lo spazio lasciato dal diritto UE al diritto penale è assai limitato nella materia in esame, e lo rende nella sostanza un'arma spuntata. E' così anche in Italia, dove - proprio per effetto del diritto UE - i reati connessi all'ingresso e al soggiorno irregolare (con la sola eccezione del reato di illecito reingresso) sono oggi puniti con mere pene pecuniarie destinate a restare ineseguite. La criminalizzazione della clandestinità è pertanto inutile: non ha effetto deterrente e, d'altra parte, nemmeno facilita le espulsioni. L'autentica ragion d'essere del diritto penale nella materia in esame risiede allora nel suo carattere simbolico, funzionale a politiche securitarie e a un populismo penale che mira ad acquisire un facile consenso elettorale, calpestando il ruolo di extrema ratio proprio del diritto penale stesso. La recente scelta del legislatore italiano di delegare il Governo a depenalizzare il reato di 'clandestinità' va pertanto salutata con favore.
Immigrazione e diritto penale; reato di clandestinità; reato di immigrazione clandestina; reato immigrazione irregolare; reato clandestinità europa
Settore IUS/17 - Diritto Penale
2015
Università degli Studi di Palermo
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