Fu Carlo Borromeo a promuovere in diocesi di Milano lo spostamento di alcuni capitoli pievani da villaggi di trascurabile importanza a centri di maggior peso demico. Si trattò di un processo significativo, che portò finalmente la struttura ecclesiastica adattarsi alla reale evoluzione demografica, politica ed economica del territorio. Ma anche di un processo che continua a suscitare interrogativi per il ritardo con cui apparentemente avvenne. Davvero la vicenda è leggibile come un caso da manuale di “inerzia istituzionale”, un esempio della difficoltà e della lentezza con cui un’istituzione può adattarsi ai mutamenti della società? In parte sì, senza dubbio. Ma il lungo, “anacronistico”, permanere delle sedi pievane presso insediamenti minimi trova anche altre spiegazioni, legate alla struttura sociale ed economica del territorio. Ancora per tutto il Quattrocento nelle campagne milanesi la società locale non si polarizzò affatto attorno a grossi borghi. Questi, certo, esistevano: anche se meno importanti di quanto di solito postulato. Ma accanto ad essi, radicati nelle minori comunità, prosperavano nuclei parentali di estrazione nobiliare/cittadina cospicui da un punto di vista numerico ed economico. Esponenti di queste agnazioni costituivano il fulcro della società locale, abituati tra l’altro ad egemonizzare le istituzioni pievane tanto in ambito religioso quanto in ambito laico. In questo ambiente “familiare” – in cui la parentela d’appartenenza contava più del luogo di residenza – il ritardo adattativo delle istituzioni ecclesiastiche appare dunque meno eclatante. La lunga permanenza delle sedi pievane presso piccoli villaggi si diede in un contesto il cui ordine era fondato sulla qualità delle persone piuttosto che su quella dei luoghi. Ed i cambiamenti promossi sul finire del Cinquecento da Carlo Borromeo divengono allora spia di una crescita del peso delle maggiori comunità del contado che era, tutto sommato, fatto recente.

Dalle persone ai luoghi : alcune osservazioni attorno alla geografia delle pievi milanesi tra Quattro e Cinquecento / F. Del Tredici. - In: QUADERNI STORICI. - ISSN 0301-6307. - 2012:1(2012 Apr), pp. 47-76. [10.1408/37246]

Dalle persone ai luoghi : alcune osservazioni attorno alla geografia delle pievi milanesi tra Quattro e Cinquecento

F. Del Tredici
2012

Abstract

Fu Carlo Borromeo a promuovere in diocesi di Milano lo spostamento di alcuni capitoli pievani da villaggi di trascurabile importanza a centri di maggior peso demico. Si trattò di un processo significativo, che portò finalmente la struttura ecclesiastica adattarsi alla reale evoluzione demografica, politica ed economica del territorio. Ma anche di un processo che continua a suscitare interrogativi per il ritardo con cui apparentemente avvenne. Davvero la vicenda è leggibile come un caso da manuale di “inerzia istituzionale”, un esempio della difficoltà e della lentezza con cui un’istituzione può adattarsi ai mutamenti della società? In parte sì, senza dubbio. Ma il lungo, “anacronistico”, permanere delle sedi pievane presso insediamenti minimi trova anche altre spiegazioni, legate alla struttura sociale ed economica del territorio. Ancora per tutto il Quattrocento nelle campagne milanesi la società locale non si polarizzò affatto attorno a grossi borghi. Questi, certo, esistevano: anche se meno importanti di quanto di solito postulato. Ma accanto ad essi, radicati nelle minori comunità, prosperavano nuclei parentali di estrazione nobiliare/cittadina cospicui da un punto di vista numerico ed economico. Esponenti di queste agnazioni costituivano il fulcro della società locale, abituati tra l’altro ad egemonizzare le istituzioni pievane tanto in ambito religioso quanto in ambito laico. In questo ambiente “familiare” – in cui la parentela d’appartenenza contava più del luogo di residenza – il ritardo adattativo delle istituzioni ecclesiastiche appare dunque meno eclatante. La lunga permanenza delle sedi pievane presso piccoli villaggi si diede in un contesto il cui ordine era fondato sulla qualità delle persone piuttosto che su quella dei luoghi. Ed i cambiamenti promossi sul finire del Cinquecento da Carlo Borromeo divengono allora spia di una crescita del peso delle maggiori comunità del contado che era, tutto sommato, fatto recente.
Pievi; istituzioni ecclesiastiche; nobiltà
Settore M-STO/01 - Storia Medievale
apr-2012
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