Numerose specie animali, soprattutto piccoli mammiferi, vengono spesso considerate "sentinelle ecologiche ambientali" ed utilizzate in indagini eco-tossicologiche. La nostra ricerca ha preso spunto dalla Direttiva 2003/99/CE "Misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici che riporta come, per il controllo del crescente fenomeno della resistenza agli antibiotici, potrebbe rivelarsi opportuno monitorare microrganismi indicatori quali possibili reservoire di geni di resistenza. Tale principio è tanto più attuale quanto più ci si occupa di animali selvatici non soggetti a trattamenti antimicrobici e che quindi assumono questi geni di resistenza dall'ambiente in cui vivono. Abbiamo ritenuto interessante quindi indagare in tal senso, analizzando ceppi commensali di Escherichia coli isolati da feci di piccoli mammiferi catturati nell'ambito di un piano di monitoraggio per la proposta di estensione di ZPS presso il Parco delle Orobie Bergamasche. Il campionamento è stato effettuato per mezzo di line transect, di lunghezza 100 m, disposti per fasce altitudinali (I 000-1 600 m s.l.m.) e tipologie ambientali differenti (bosco di conifere, bosco di latifoglie, bosco misto, prateria, roccia, arbusteto). Il monitoraggio è stato effettuato in VaI Seriana (Bg), in quattro sessioni di cattura (giugno, luglio, agosto e settembre)durante i quali sono state sistemate in loco live-traps,modello Sherman, per 3 notti consecutive. In totale sono stati raccolti 253 campioni fecali: 105 da Apodemus flavicollis, 68 da Apodemus sylvaticus, 63 da Myodes glareolus e 15 da Eliomys quercinus. Il campione fecale veniva consegnato in laboratorio entro le 24ore, seminato in Brain Heart Broth (Oxoid), incubato a 37°C per 24 ore in aerobiosi, trapiantato su Mc Conkey Agar e le colonie con caratteristiche tipiche venivano successivamente identificate con il sistema RapID ONE System (Remel, USA). I 33 campioni identificati come E. coli, sono stati testati per valutare la sensibilità agli antibiotici secondo le specifiche previste da EUCAST; in totale sono stati utilizzati 27 antibiotici appartenenti alle famiglie degli Aminoglicosidi, 13-lattamici, Cefalosporine, Chinoloni, Fluorochinoloni, Cicline, Fenicoli, Polimixine e Carbapemeni. Sui ceppi isolati risultano molto attivi i Carbapemeni e i B-lattamici, attivi i Fenicoli, i Fluorochinoloni e le Cicline, mediamente attive le Cefalosporine e poco attivi gli Amminoglicosidi, i Chinoloni e le Polimixine. La resistenza agli antibiotici è un problema sempre più sentito in medicina umana e in veterinaria e la sua gestione è oggetto di discussione costante. Gli sforzi per ridurre la resistenza dei microrganismi agli antimicrobici si basano sul presupposto che tale caratteristica sia sviluppata e mantenuta nelle popolazioni batteriche a seguito di una massiccia o scorretta esposizione agli antimicrobici stessi e che la limitazione dell'uso di tali molecole dovrebbe bastare a porre dei limiti alla diffusione delle resistenze. Contrariamente a quanto riportato in bibliografia, sembrerebbe che anche la microflora di piccoli mammiferi selvatici, come quelli da noi campionati, i quali non subiscono la pressione selettiva di una somministrazione eccessiva di antibiotici, possa avere un ruolo nella diffusione di ceppi batterici resistenti agli antibiotici. L'origine di tale fenomeno e i meccanismi di selezione responsabili del mantenimento di un'alta prevalenza di resistenza sono spesso il risultato di un naturale scambio di materiale genetico tra specie batteriche anche differenti tra loro e che originano da diversi ecosistemi. Sicuramente il contatto con animali domestici, che possono essere stati sottoposti a terapie, agevola il fenomeno del trasferimento di geni di resistenza dalla microflora di questi a quella dei piccoli mammiferi selvatici che condividono lo stesso ambiente e le stesse risorse. Occorrerebbe quindi indagare maggiormente l'interazione animale domestico-selvatico-uomo. Il nostro lavoro non ha la pretesa di dare delle informazioni definitive ma sicuramente può essere un piccolo contributo ed uno stimolo a continuare ad indagare sull'ecologia batterica in ambienti naturali e sulla loro interazione con gli animali anche in zone dove si pensa che l'elevata naturalità sia sufficiente a mantenere incontaminato l'ambiente.

Utilizzo dei piccoli mammiferi quali indicatori di contaminazione ambientale da ceppi batterici antibiotico resistenti / C. Crotti, M. Ori, L. Rocchi, N. Bartola, D. Gallazzi, G. Grilli. ((Intervento presentato al 2. convegno Convegno nazionale sui piccoli mammiferi : piccoli mammiferi in un mondo che cambia tenutosi a Ercolano nel 2013.

Utilizzo dei piccoli mammiferi quali indicatori di contaminazione ambientale da ceppi batterici antibiotico resistenti

D. Gallazzi;G. Grilli
2013

Abstract

Numerose specie animali, soprattutto piccoli mammiferi, vengono spesso considerate "sentinelle ecologiche ambientali" ed utilizzate in indagini eco-tossicologiche. La nostra ricerca ha preso spunto dalla Direttiva 2003/99/CE "Misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici che riporta come, per il controllo del crescente fenomeno della resistenza agli antibiotici, potrebbe rivelarsi opportuno monitorare microrganismi indicatori quali possibili reservoire di geni di resistenza. Tale principio è tanto più attuale quanto più ci si occupa di animali selvatici non soggetti a trattamenti antimicrobici e che quindi assumono questi geni di resistenza dall'ambiente in cui vivono. Abbiamo ritenuto interessante quindi indagare in tal senso, analizzando ceppi commensali di Escherichia coli isolati da feci di piccoli mammiferi catturati nell'ambito di un piano di monitoraggio per la proposta di estensione di ZPS presso il Parco delle Orobie Bergamasche. Il campionamento è stato effettuato per mezzo di line transect, di lunghezza 100 m, disposti per fasce altitudinali (I 000-1 600 m s.l.m.) e tipologie ambientali differenti (bosco di conifere, bosco di latifoglie, bosco misto, prateria, roccia, arbusteto). Il monitoraggio è stato effettuato in VaI Seriana (Bg), in quattro sessioni di cattura (giugno, luglio, agosto e settembre)durante i quali sono state sistemate in loco live-traps,modello Sherman, per 3 notti consecutive. In totale sono stati raccolti 253 campioni fecali: 105 da Apodemus flavicollis, 68 da Apodemus sylvaticus, 63 da Myodes glareolus e 15 da Eliomys quercinus. Il campione fecale veniva consegnato in laboratorio entro le 24ore, seminato in Brain Heart Broth (Oxoid), incubato a 37°C per 24 ore in aerobiosi, trapiantato su Mc Conkey Agar e le colonie con caratteristiche tipiche venivano successivamente identificate con il sistema RapID ONE System (Remel, USA). I 33 campioni identificati come E. coli, sono stati testati per valutare la sensibilità agli antibiotici secondo le specifiche previste da EUCAST; in totale sono stati utilizzati 27 antibiotici appartenenti alle famiglie degli Aminoglicosidi, 13-lattamici, Cefalosporine, Chinoloni, Fluorochinoloni, Cicline, Fenicoli, Polimixine e Carbapemeni. Sui ceppi isolati risultano molto attivi i Carbapemeni e i B-lattamici, attivi i Fenicoli, i Fluorochinoloni e le Cicline, mediamente attive le Cefalosporine e poco attivi gli Amminoglicosidi, i Chinoloni e le Polimixine. La resistenza agli antibiotici è un problema sempre più sentito in medicina umana e in veterinaria e la sua gestione è oggetto di discussione costante. Gli sforzi per ridurre la resistenza dei microrganismi agli antimicrobici si basano sul presupposto che tale caratteristica sia sviluppata e mantenuta nelle popolazioni batteriche a seguito di una massiccia o scorretta esposizione agli antimicrobici stessi e che la limitazione dell'uso di tali molecole dovrebbe bastare a porre dei limiti alla diffusione delle resistenze. Contrariamente a quanto riportato in bibliografia, sembrerebbe che anche la microflora di piccoli mammiferi selvatici, come quelli da noi campionati, i quali non subiscono la pressione selettiva di una somministrazione eccessiva di antibiotici, possa avere un ruolo nella diffusione di ceppi batterici resistenti agli antibiotici. L'origine di tale fenomeno e i meccanismi di selezione responsabili del mantenimento di un'alta prevalenza di resistenza sono spesso il risultato di un naturale scambio di materiale genetico tra specie batteriche anche differenti tra loro e che originano da diversi ecosistemi. Sicuramente il contatto con animali domestici, che possono essere stati sottoposti a terapie, agevola il fenomeno del trasferimento di geni di resistenza dalla microflora di questi a quella dei piccoli mammiferi selvatici che condividono lo stesso ambiente e le stesse risorse. Occorrerebbe quindi indagare maggiormente l'interazione animale domestico-selvatico-uomo. Il nostro lavoro non ha la pretesa di dare delle informazioni definitive ma sicuramente può essere un piccolo contributo ed uno stimolo a continuare ad indagare sull'ecologia batterica in ambienti naturali e sulla loro interazione con gli animali anche in zone dove si pensa che l'elevata naturalità sia sufficiente a mantenere incontaminato l'ambiente.
24-ott-2013
Piccoli mammiferi ; Escherichia coli ; antibiotico resistenza
Settore VET/05 - Malattie Infettive degli Animali Domestici
Associazione Teriologica Italiana
Parco Nazionale del Vesuvio
Utilizzo dei piccoli mammiferi quali indicatori di contaminazione ambientale da ceppi batterici antibiotico resistenti / C. Crotti, M. Ori, L. Rocchi, N. Bartola, D. Gallazzi, G. Grilli. ((Intervento presentato al 2. convegno Convegno nazionale sui piccoli mammiferi : piccoli mammiferi in un mondo che cambia tenutosi a Ercolano nel 2013.
Conference Object
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/236487
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact