Analysys of the success and the stagings of the plays by Luigi Pirandello and Italo Svevo in France between 1970 and 2012.

Luigi Pirandello e Italo Svevo sono stati entrambi introdotti in Francia grazie all’attività di un medesimo critico e traduttore, Benjamin Crémieux, e sono stati spesso avvicinati l’uno all’altro per via della novità delle loro opere ; il teatro di Svevo, diffuso più tardi, è stato spesso qualificato di “pirandelliano”. Ci è dunque sembrato interessante mettere a confronto la fortuna sulle scene francesi del teatro di questi due innovatori, e analizzarne le interpretazioni registiche. Il nostro lavoro mette in primo piano il lavoro scenico dei vari registi francesi che hanno affrontato testi dei due scrittori, le strategie da essi adottate per presentare il teatro di Luigi Pirandello e Italo Svevo al pubblico francese, pur senza dimenticare l’influenza della critica su tali letture. La definizione e la delimitazione cronologica del nostro corpus è stata condizionata dalla data della prima rappresentazione francese di una commedia di Svevo, il 1976. Gli anni Settanta segnano altresì una svolta nella presenza del teatro pirandelliano sulle scene francesi, tanto dal punto di vista del repertorio, quanto dal punto di vista della traduzione utilizzata. È negli anni Settanta, infatti, che si moltiplicano le nuove traduzioni per i nuovi allestimenti di opere già rappresentate in passato, mentre entrano nel repertorio francese opere mai rappresentate fino ad allora. Di qui la decisione di studiare nel nostro lavoro gli spettacoli pirandelliani e sveviani presentati sulle scene francesi tra il 1970 e il 2012. Una differenza di trattamento del materiale si è poi imposta a partire da una semplice constatazione : se di Svevo potevamo prendere in considerazione tutti gli allestimenti francesi, per Pirandello si imponeva invece una scelta. A tutt’oggi nove sono, infatti, le regie francesi del teatro di Svevo, e riguardano sette delle sue commedie : La Rigenerazione (La comedie sans titre, regia di Robert Gironès, Lione, Théâtre du Huitième, 1976) ; Terzetto spezzato e Una commedia inedita (Trio en miettes et Scherzo, regia di Jean Sourbier, Lione, Théâtre des Trente, giugno 1981) ; Inferiorità (Inferiorità, regia di Gaston Jung, Rennes, Maison de la culture, 1983) ; La verità et Terzetto spezzato (La vérité et le trio brisé, regia d’Enrico D’Amato, Paris, Odéon, Paris, 1986 ; Con la penna d’oro (Les deux cousines, regia di Laurence Février, Parigi, Beaubourg, 1986 ; La Rigenerazione (La comédie sans titre, regia di Jacques Mauclair, Parigi, Théâtre du Marais, 1986 ; Un marito, (Un mari, regia di Jacques Lassalle, Parigi, Théâtre de la colline, 1991 ; Terzetto spezzato (Trio en éclats, regia di Florence Giorgetti, al teatro di Creil, La Faïencerie, 1998 ; La Rigenerazione (La Régénération, regia di Franck Berthier, Antony, Théâtre Firmin Gémier, 2003. La fortuna scenica francese del repertorio pirandelliano è, invece, immensa. Si è quindi deciso di studiare gli spettacoli che determinarono una nuova lettura e visione dell’autore : gli allestimenti che sono un unicum (Nuova Colonia), e le pièces iscritte nel repertorio francese proprio negli anni Settanta o comunque poco rappresentate prima di quegli anni (Il berretto a sonagli, Vestire gli ignudi, I Giganti della montagna). Abbiamo inoltre analizzato gli allestimenti della pièce più rappresentata di Pirandello, i Sei personaggi in cerca d’autore, che aiuta a capire l’evoluzione della tradizione scenica francese del teatro dell’autore siciliano. È da precisare che sebbene tale definizione del nostro corpus escludesse a priori Stasera si recita a soggetto, una pièce che è da sempre molto allestita, si è deciso di lavorare sull’allestimento assicuratone da Gérard Vergez per il festival avignonese del 1970, che costituì una vera e propria svolta nella percezione di questa commedia, pur già famosa, perché il regista ne diede una visione completamente nuova, strettamente legata all’estetica e all’ideologia tipiche di quegli anni. Il lavoro di tesi ha consistito in un primo tempo a repertoriare gli allestimenti dei due autori in Francia, e a raccogliere i documenti di prima mano relativi agli spettacoli (copioni, fotografie, bozzetti dei costumi e delle scenografie, note di regia, registrazioni, articoli e recensioni apparsi nella stampa specialistica e quotidiana), a entrare in contatto direttamente con registi, traduttori, scenografi, attori e fotografi al fine di ricostruire gli spettacoli basandosi su testimonianze e archivi privati. Per quanto attiene all’esposizione dei risultati delle nostre ricerche, volendo proporre uno studio tematico, si è rinunciato a un rigoroso ordine cronologico, anche se non si è mai dimenticata l’importanza della disposizione lungo un asse diacronico degli allestimenti studiati. In una prima fase, ci è parso necessario tornare sulla « preistoria » degli autori in oggetto, vale a dire sulla storia della critica sveviana e pirandelliana. Così si è ricordato il « caso » Svevo, e la « sfortuna » scenica, in Italia come in Francia, di tale autore. Del teatro sveviano si contano infatti poche rappresentazioni, anche se si deve rilevare una contraddizione: da un lato la critica censura lingua e stile del teatro dell’autore triestino, ma ogni volta che i suoi testi vengono rappresentati, le recensioni ne testimoniano un indubitabile successo. In un secondo tempo, ci si è soffermati sulla particolare fortuna scenica del teatro di Pirandello che fa sì che, alla fine degli anni Sessanta, venga associato in Francia ad un teatro riservato ad un’élite, datato e passato di moda. Le regie archeologiche da un lato e l’eterna questione del « teatro nel teatro » annoiano critica e pubblico. Si sente la necessità di rinnovare l’interpretazione dei testi del drammaturgo siciliano. Ma dare una nuova visione delle pièces implica partire da un testo rinnovato, filologicamente corretto ; perciò, proprio alla fine degli anni Sessanta si chiedono nuove traduzioni francesi che sostituiscano gli adattamenti di Benjamin Crémieux. Per tale ragione, una parte del nostro lavoro è dedicata allo studio e all’analisi delle traduzioni e degli adattamenti utilizzati per la scena, in quanto le versioni francesi condizionano molto spesso le letture registiche e influiscono persino la scelta dei testi da rappresentare. Studiare la ricezione in Francia del teatro straniero non può non tenere conto delle strategie traduttive adottate nelle versioni in francese dello stesso. In una seconda fase, si sono analizzate le strategie poste in atto dai registi per dare una nuova lettura di Pirandello e di Svevo (nel caso di Svevo, una lettura « nuova » nel senso di originale, prima). Le due tendenze emerse sono quella di presentare Italo Svevo e Luigi Pirandello come autori popolari, e quella di un teatro della psyche. La seconda parte del lavoro tratta dunque del « popolare » : presentare Svevo e Pirandello come autori popolari può essere inteso come una volontà di rivolgersi alle masse, di fare dei due autori non più autori riservati a un’élite, ma comprensibili a tutti. Questo aspetto popolare, nel senso di « che si rivolge al popolo, a un pubblico numeroso », è veicolato dal riso, un elemento inerente alle poetiche dei due drammaturghi, ma che era stato dimenticato a favore della cerebralità e della psicologia. A partire dagli anni Settanta, i registi cercano di presentare i personaggi di Svevo e Pirandello come personaggi in carne e ossa, capaci d’umorismo e travolti dalle passioni. Ma « popolare » è anche il Pirandello che tratta della popolarità, della ricerca della mediatizzazione, un bisogno di raccontarsi per sentirsi vivi : è questa la chiave interpretativa proposta dal regista Stéphane Braunschweig che attualizza Pirandello facendo ricorso ai media di oggi : video, internet e televisione. Autori popolari sono anche Pirandello e Svevo quando mettono il popolo al centro del discorso : proprio negli anni Settanta, testi come la Nuova Colonia e Inferiorità vengono letti in Francia alla luce della critica marxista. Accanto a questa tendenza sociologica, che mette in luce il rapporto dell’uomo con la società, spunta, nei medesimi anni, una tendenza opposta, centrata sull’individuo e sulla psiche. La terza parte del nostro lavoro è dedicata alla teatralizzazione della psiche : alla messinscena della follia (Le bonnet de fou, Les grelots du fou), al filtro della psicanalisi posto in atto nell’interpretazione dei testi (Un marito, Sei personaggi in cerca d’autore). A poco a poco, il mondo della mente invade la scenografia; il palcoscenico diventa un vero e proprio spazio mentale dove prendono forma gli incubi e i sogni. I sogni della Rigenerazione di Svevo, l’incubo di Vestire gli ignudi di Pirandello, o l’onirismo dei Sei personaggi in cerca d’autore. Nel 1981 si scopre in Francia la pièce i Giganti della montagna, il mito dell’Arte, una pièce che permette ai registi di raggiungere l’apice della loro creatività, la grande magia, l’incanto del fanciullino, la libertà totale del gioco e dell’illusione. Il teatro si afferma in quanto spettacolo spettacolare, macchina per produrre sogni, artificio per trasportare lo spettatore in un altrove fantasmagorico, espediente orfico, concretizzazione dell’ « attrazione della favola » a cui allude Cotrone. Il teatro afferma il suo potere illusionistico, la necessità del suo essere, il bisogno vitale del piacere della rappresentazione. Se il nostro lavoro può sembrare specialistico o limitato per via del suo oggetto, si scopre in realtà che esso finisce per rendere conto di una fase storica comune al teatro francese : dopo una fase in cui il teatro è stato interpretato come mezzo politico, una sorta di tribuna, la spettacolarità rinasce, rivendicando la sua forza evocativa, senza più vergognarsi dell’estetica del bello, utilizzando al contrario tutti gli espedienti di cui dispone per comunicare attraverso immagini trasognate. Il lavoro ci ha anche portato a interrogarci sul legame fra tradizione scenica italiana e tradizione scenica francese, sulle permeabilità esistenti. Ci si è posti quindi il problema dell’esistenza o meno di una tradizione scenica nazionale, « francese » : se quella di Pirandello è pienamente affermata, visibile attraverso l’intertestualità delle diverse regie e le numerose citazioni, quella di Svevo è tuttora inesistente. Il teatro di Svevo in Francia, sempre lodato e apprezzato dopo essere stato messo in scena, è appena nato (la pubblicazione del teatro completo è stata compiuta solo nel 2010 da Ginette Herry), e aspetta ancora una scrittura scenica nel suo complesso. Le letture sceniche delle sue pièces sono ancora da fare, magari con gli strumenti di un’attenta regia critica.

Luigi Pirandello et Italo Svevo: la fortune de deux novateurs sur la scène française (1970-2012) / E. Duca ; tutor: P. Bosisio, P. Ranzini. Università degli Studi di Milano, 2013 Mar 08. 24. ciclo, Anno Accademico 2011.

Luigi Pirandello et Italo Svevo: la fortune de deux novateurs sur la scène française (1970-2012)

E. Duca
2013

Abstract

Analysys of the success and the stagings of the plays by Luigi Pirandello and Italo Svevo in France between 1970 and 2012.
8-mar-2013
Luigi Pirandello e Italo Svevo sono stati entrambi introdotti in Francia grazie all’attività di un medesimo critico e traduttore, Benjamin Crémieux, e sono stati spesso avvicinati l’uno all’altro per via della novità delle loro opere ; il teatro di Svevo, diffuso più tardi, è stato spesso qualificato di “pirandelliano”. Ci è dunque sembrato interessante mettere a confronto la fortuna sulle scene francesi del teatro di questi due innovatori, e analizzarne le interpretazioni registiche. Il nostro lavoro mette in primo piano il lavoro scenico dei vari registi francesi che hanno affrontato testi dei due scrittori, le strategie da essi adottate per presentare il teatro di Luigi Pirandello e Italo Svevo al pubblico francese, pur senza dimenticare l’influenza della critica su tali letture. La definizione e la delimitazione cronologica del nostro corpus è stata condizionata dalla data della prima rappresentazione francese di una commedia di Svevo, il 1976. Gli anni Settanta segnano altresì una svolta nella presenza del teatro pirandelliano sulle scene francesi, tanto dal punto di vista del repertorio, quanto dal punto di vista della traduzione utilizzata. È negli anni Settanta, infatti, che si moltiplicano le nuove traduzioni per i nuovi allestimenti di opere già rappresentate in passato, mentre entrano nel repertorio francese opere mai rappresentate fino ad allora. Di qui la decisione di studiare nel nostro lavoro gli spettacoli pirandelliani e sveviani presentati sulle scene francesi tra il 1970 e il 2012. Una differenza di trattamento del materiale si è poi imposta a partire da una semplice constatazione : se di Svevo potevamo prendere in considerazione tutti gli allestimenti francesi, per Pirandello si imponeva invece una scelta. A tutt’oggi nove sono, infatti, le regie francesi del teatro di Svevo, e riguardano sette delle sue commedie : La Rigenerazione (La comedie sans titre, regia di Robert Gironès, Lione, Théâtre du Huitième, 1976) ; Terzetto spezzato e Una commedia inedita (Trio en miettes et Scherzo, regia di Jean Sourbier, Lione, Théâtre des Trente, giugno 1981) ; Inferiorità (Inferiorità, regia di Gaston Jung, Rennes, Maison de la culture, 1983) ; La verità et Terzetto spezzato (La vérité et le trio brisé, regia d’Enrico D’Amato, Paris, Odéon, Paris, 1986 ; Con la penna d’oro (Les deux cousines, regia di Laurence Février, Parigi, Beaubourg, 1986 ; La Rigenerazione (La comédie sans titre, regia di Jacques Mauclair, Parigi, Théâtre du Marais, 1986 ; Un marito, (Un mari, regia di Jacques Lassalle, Parigi, Théâtre de la colline, 1991 ; Terzetto spezzato (Trio en éclats, regia di Florence Giorgetti, al teatro di Creil, La Faïencerie, 1998 ; La Rigenerazione (La Régénération, regia di Franck Berthier, Antony, Théâtre Firmin Gémier, 2003. La fortuna scenica francese del repertorio pirandelliano è, invece, immensa. Si è quindi deciso di studiare gli spettacoli che determinarono una nuova lettura e visione dell’autore : gli allestimenti che sono un unicum (Nuova Colonia), e le pièces iscritte nel repertorio francese proprio negli anni Settanta o comunque poco rappresentate prima di quegli anni (Il berretto a sonagli, Vestire gli ignudi, I Giganti della montagna). Abbiamo inoltre analizzato gli allestimenti della pièce più rappresentata di Pirandello, i Sei personaggi in cerca d’autore, che aiuta a capire l’evoluzione della tradizione scenica francese del teatro dell’autore siciliano. È da precisare che sebbene tale definizione del nostro corpus escludesse a priori Stasera si recita a soggetto, una pièce che è da sempre molto allestita, si è deciso di lavorare sull’allestimento assicuratone da Gérard Vergez per il festival avignonese del 1970, che costituì una vera e propria svolta nella percezione di questa commedia, pur già famosa, perché il regista ne diede una visione completamente nuova, strettamente legata all’estetica e all’ideologia tipiche di quegli anni. Il lavoro di tesi ha consistito in un primo tempo a repertoriare gli allestimenti dei due autori in Francia, e a raccogliere i documenti di prima mano relativi agli spettacoli (copioni, fotografie, bozzetti dei costumi e delle scenografie, note di regia, registrazioni, articoli e recensioni apparsi nella stampa specialistica e quotidiana), a entrare in contatto direttamente con registi, traduttori, scenografi, attori e fotografi al fine di ricostruire gli spettacoli basandosi su testimonianze e archivi privati. Per quanto attiene all’esposizione dei risultati delle nostre ricerche, volendo proporre uno studio tematico, si è rinunciato a un rigoroso ordine cronologico, anche se non si è mai dimenticata l’importanza della disposizione lungo un asse diacronico degli allestimenti studiati. In una prima fase, ci è parso necessario tornare sulla « preistoria » degli autori in oggetto, vale a dire sulla storia della critica sveviana e pirandelliana. Così si è ricordato il « caso » Svevo, e la « sfortuna » scenica, in Italia come in Francia, di tale autore. Del teatro sveviano si contano infatti poche rappresentazioni, anche se si deve rilevare una contraddizione: da un lato la critica censura lingua e stile del teatro dell’autore triestino, ma ogni volta che i suoi testi vengono rappresentati, le recensioni ne testimoniano un indubitabile successo. In un secondo tempo, ci si è soffermati sulla particolare fortuna scenica del teatro di Pirandello che fa sì che, alla fine degli anni Sessanta, venga associato in Francia ad un teatro riservato ad un’élite, datato e passato di moda. Le regie archeologiche da un lato e l’eterna questione del « teatro nel teatro » annoiano critica e pubblico. Si sente la necessità di rinnovare l’interpretazione dei testi del drammaturgo siciliano. Ma dare una nuova visione delle pièces implica partire da un testo rinnovato, filologicamente corretto ; perciò, proprio alla fine degli anni Sessanta si chiedono nuove traduzioni francesi che sostituiscano gli adattamenti di Benjamin Crémieux. Per tale ragione, una parte del nostro lavoro è dedicata allo studio e all’analisi delle traduzioni e degli adattamenti utilizzati per la scena, in quanto le versioni francesi condizionano molto spesso le letture registiche e influiscono persino la scelta dei testi da rappresentare. Studiare la ricezione in Francia del teatro straniero non può non tenere conto delle strategie traduttive adottate nelle versioni in francese dello stesso. In una seconda fase, si sono analizzate le strategie poste in atto dai registi per dare una nuova lettura di Pirandello e di Svevo (nel caso di Svevo, una lettura « nuova » nel senso di originale, prima). Le due tendenze emerse sono quella di presentare Italo Svevo e Luigi Pirandello come autori popolari, e quella di un teatro della psyche. La seconda parte del lavoro tratta dunque del « popolare » : presentare Svevo e Pirandello come autori popolari può essere inteso come una volontà di rivolgersi alle masse, di fare dei due autori non più autori riservati a un’élite, ma comprensibili a tutti. Questo aspetto popolare, nel senso di « che si rivolge al popolo, a un pubblico numeroso », è veicolato dal riso, un elemento inerente alle poetiche dei due drammaturghi, ma che era stato dimenticato a favore della cerebralità e della psicologia. A partire dagli anni Settanta, i registi cercano di presentare i personaggi di Svevo e Pirandello come personaggi in carne e ossa, capaci d’umorismo e travolti dalle passioni. Ma « popolare » è anche il Pirandello che tratta della popolarità, della ricerca della mediatizzazione, un bisogno di raccontarsi per sentirsi vivi : è questa la chiave interpretativa proposta dal regista Stéphane Braunschweig che attualizza Pirandello facendo ricorso ai media di oggi : video, internet e televisione. Autori popolari sono anche Pirandello e Svevo quando mettono il popolo al centro del discorso : proprio negli anni Settanta, testi come la Nuova Colonia e Inferiorità vengono letti in Francia alla luce della critica marxista. Accanto a questa tendenza sociologica, che mette in luce il rapporto dell’uomo con la società, spunta, nei medesimi anni, una tendenza opposta, centrata sull’individuo e sulla psiche. La terza parte del nostro lavoro è dedicata alla teatralizzazione della psiche : alla messinscena della follia (Le bonnet de fou, Les grelots du fou), al filtro della psicanalisi posto in atto nell’interpretazione dei testi (Un marito, Sei personaggi in cerca d’autore). A poco a poco, il mondo della mente invade la scenografia; il palcoscenico diventa un vero e proprio spazio mentale dove prendono forma gli incubi e i sogni. I sogni della Rigenerazione di Svevo, l’incubo di Vestire gli ignudi di Pirandello, o l’onirismo dei Sei personaggi in cerca d’autore. Nel 1981 si scopre in Francia la pièce i Giganti della montagna, il mito dell’Arte, una pièce che permette ai registi di raggiungere l’apice della loro creatività, la grande magia, l’incanto del fanciullino, la libertà totale del gioco e dell’illusione. Il teatro si afferma in quanto spettacolo spettacolare, macchina per produrre sogni, artificio per trasportare lo spettatore in un altrove fantasmagorico, espediente orfico, concretizzazione dell’ « attrazione della favola » a cui allude Cotrone. Il teatro afferma il suo potere illusionistico, la necessità del suo essere, il bisogno vitale del piacere della rappresentazione. Se il nostro lavoro può sembrare specialistico o limitato per via del suo oggetto, si scopre in realtà che esso finisce per rendere conto di una fase storica comune al teatro francese : dopo una fase in cui il teatro è stato interpretato come mezzo politico, una sorta di tribuna, la spettacolarità rinasce, rivendicando la sua forza evocativa, senza più vergognarsi dell’estetica del bello, utilizzando al contrario tutti gli espedienti di cui dispone per comunicare attraverso immagini trasognate. Il lavoro ci ha anche portato a interrogarci sul legame fra tradizione scenica italiana e tradizione scenica francese, sulle permeabilità esistenti. Ci si è posti quindi il problema dell’esistenza o meno di una tradizione scenica nazionale, « francese » : se quella di Pirandello è pienamente affermata, visibile attraverso l’intertestualità delle diverse regie e le numerose citazioni, quella di Svevo è tuttora inesistente. Il teatro di Svevo in Francia, sempre lodato e apprezzato dopo essere stato messo in scena, è appena nato (la pubblicazione del teatro completo è stata compiuta solo nel 2010 da Ginette Herry), e aspetta ancora una scrittura scenica nel suo complesso. Le letture sceniche delle sue pièces sono ancora da fare, magari con gli strumenti di un’attenta regia critica.
Italo Svevo et Luigi Pirandello ont souvent été rapprochés par l’aspect novateur de leur pensée et de leur production narrative, considérés tous deux comme étant à la base de l’éclatement du roman italien traditionnel. En 1972, l’analogie entre les deux auteurs est théorisée par le critique Renato Barilli dans son essai La linea Svevo-Pirandello, qui occupe une place de choix dans l’histoire de la critique pirandellienne et svévienne. Pour Barilli, le caractère innovant des deux auteurs tient à deux facteurs principaux : le dépassement du naturalisme et l’attention portée au sujet humain. Si la critique s’accorde pour rapprocher les productions narratives des deux auteurs, un certain déséquilibre persiste quant à la circulation et la connaissance de leurs œuvres en France. D’un point de vue dramaturgique, force est de constater que la fortune scénique de l’auteur triestin est bien moindre face à celle du dramaturge sicilien. Il est indubitable que le théâtre de Pirandello est amplement représenté et connu, tandis que celui de Svevo demeure quasi-totalement inconnu. Pourtant, d’un point de vue dramaturgique aussi les critiques tendent à faire constamment le lien entre les deux auteurs, le théâtre de Svevo étant à plusieurs reprises qualifié de « pirandellien », affirmant que les deux auteurs peuvent être tout deux considérés comme novateurs d’un point de vue dramaturgique. Les critiques du début du siècle rendent parfaitement compte de l’aspect novateur de la dramaturgie pirandellienne, tant d’un point de vue thématique que technique : en 1924, Celso Salvini rapproche Pirandello de Tchekhov en parlant de deux révolutionnaires. Le nouveau rapport de l’Homme au monde, à côté de la mise en abîme du théâtre, représente une innovation pour le public de l’époque, et c’est cette même aliénation du personnage, représentant une fracture du théâtre bourgeois traditionnel, qui définit le théâtre de Svevo. Ses personnages de théâtre, souvent considérés comme différentes facettes de ses personnages de romans, entrent en contradiction avec le monde environnant. En 1974, Ruggero Rimini affirme que dans le théâtre de Svevo nous ne trouvons jamais une adhésion pleine et convaincue au théâtre bourgeois : le propos de Svevo, contenu dans une structure apparemment traditionnelle, est en réalité symbolique. Le travail de Svevo est le même que celui des dramaturges de l’avant-garde, tels Ibsen et Tchekov, qui reprennent la structure du drame bourgeois pour le faire éclater de l’intérieur. La nouveauté du théâtre de Svevo rejoint donc, par certains aspects, celle du théâtre de Pirandello : la déconstruction de la réalité apparente, l’aliénation de l’homme devant cette constatation et la destruction des modèles traditionnels. En France, lorsque les pièces de Svevo seront découvertes, le rapprochement entre les deux auteurs sera d’ailleurs toujours fait, comme si l’on ne pouvait parler de Svevo sans parler de Pirandello. Luigi Pirandello et Italo Svevo ont tous deux été introduits en France par Benjamin Crémieux, et ont souvent été rapprochés. Il nous a alors semblé intéressant de comparer la fortune du théâtre de ces deux novateurs, et d’analyser les lectures que l’on a pu en donner sur les scènes françaises. Nous nous sommes proposée d’analyser dans notre travail les choix qui ont été opérés par les acteurs du théâtre moderne et les stratégies qui ont été mises en place pour présenter le théâtre de Luigi Pirandello et d’Italo Svevo au public français, tout en accordant une attention particulière au rôle joué par la critique dans ces lectures. Une date s’imposait dans la définition du corpus à étudier, puisque le théâtre d’Italo Svevo fut monté en France pour la première fois en 1976, grâce à Ginette Herry et Robert Gironès. Or, il s’avère que les années 1970 marquèrent aussi un tournant tant du point de vue du répertoire que de la traduction et de l’utilisation des textes de Pirandello : on constate en effet que les retraductions des pièces de l’auteur pour de nouvelles mises en scène se multiplièrent à cette période. Nous avons donc choisi de traiter des spectacles couvrant la période de 1970 à 2012. Concernant Italo Svevo, le travail a pu prendre en compte toutes les représentations françaises de ses pièces, car elles ne sont qu’au nombre de neuf : La Rigenerazione (La comédie sans titre), dans une mise en scène de Robert Gironès à Lyon, Théâtre du Huitième, le 6 janvier 1976 ; Terzetto spezzato et Una commedia inedita (Trio en miettes et Scherzo (una commedia inedita)), mise en scène de Jean Sourbier à Lyon, Théâtre des Trente, juin 1981 ; Inferiorità (Inferiorità), mise en scène de Gaston Jung à Rennes, Maison de la culture, le 11 octobre 1983 ; La verità et Terzetto spezzato (La vérité et le trio brisé), mise en scène d’Enrico D’Amato, Paris, Odéon, 18 février 1986 ; Con la penna d’oro (Les deux cousines), mise en scène de Laurence Fevrier à Beaubourg, Paris, le 10 janvier 1986 ; La Rigenerazione (La comédie sans titre), mise en scène de Jacques Mauclair, Paris, Théâtre du Marais, 24 septembre 1986 ; Un marito, (Un mari), mise en scène de Jacques Lassalle, Paris, Théâtre de la colline, 14 novembre 1991 ; Terzetto spezzato (Trio en éclats), mise en scène de Florence Giorgetti au théâtre de Creil, La Faïencerie, le 13 novembre 1998 ; La Rigenerazione (La Régénération), mise en scène de Franck Berthier, Antony, Théâtre Firmin Gémier, le 14 janvier 2003. Mais il est à signaler également que la publication complète du théâtre de Svevo en France ne fut achevée qu’en 2010, dans une traduction de Ginette Herry. En revanche, un choix s’imposait dans le traitement du théâtre de Pirandello, dont la fortune scénique française est immense. Nous avons donc décidé de nous appuyer sur les spectacles qui ont déterminé une nouvelle lecture et vision de l’auteur : la mise en scène qui représente un unicum (Nuova Colonia) et les pièces nouvellement inscrites au répertoire en 1970 ou peu représentées avant cette date (Il berretto a sonagli qui réapparaît en France en 1970 après trente ans d’absence, Vestire gli ignudi qui est considérée comme la pièce la plus humaine de Pirandello et qui n’avait pas été représentée depuis 1954, et I Giganti della montagna qui apparaissent en 1981 sur la scène française). Nous nous sommes aussi penchée sur les mises en scène de la pièce la plus jouée de Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, qui aide à comprendre l’évolution de la tradition scénique française des pièces de l’auteur sicilien. Notons ici qu’un tel corpus excluait Stasera si recita a soggetto, pièce qui fut beaucoup représentée dès ses débuts. Nous avons cependant tenu à étudier la mise en scène de Gérard Vergez pour le Festival d’Avignon de 1970, qui constitue un tournant dans la perception de cette pièce célèbre, car ce metteur en scène en a donné une vision tout à fait renouvelée, certes marquée par l’esprit de son époque. Notre travail de recherche a consisté dans un premier temps à reconstruire le répertoire des deux auteurs en France, puis à collecter des documents relatifs aux spectacles dans une démarche quasi archéologique visant à reconstituer les mises en scène afin de pouvoir les analyser. Le caractère nouveau de cette thèse est qu’elle consiste en une démarche de repérage et d’analyse de documents de première main, pour la plupart inédits, nous permettant de reconstituer les différents éléments du spectacle : programmes de saison et de salle, croquis des costumes, maquettes des décors, captations, photographies, manuscrits et notes de mise en scène, interview, coupures de presse. Le travail de recherche a aussi consisté, dans la mesure du possible, à prendre contact directement avec les acteurs du monde théâtral, scénographes, metteurs en scène, acteurs, photographes et traducteurs, afin de réunir des témoignages et avoir accès à des archives privées. L’organisation de notre travail, dominé par les lignes significatives de l’approche critique des mises en scène, a impliqué le renoncement à la linéarité chronologique de l’analyse. Notre tentative de reconstitution de la présence et de la réception du théâtre d’Italo Svevo et de Luigi Pirandello sur les scènes françaises entre les années 1970 et 2012 nous a portée à dresser, dans un premier temps, un état des lieux de leurs traditions critiques et scéniques avant cette période, afin de mieux comprendre l’aspect novateur apporté par les metteurs en scène durant ces années culturellement significatives. Après avoir abordé le problème du « caso » Svevo et de son théâtre, « exhumé » à la fin des années 1960 en Italie et à la fin des années 1970 en France, nous nous sommes penchée sur le statut du théâtre de Pirandello qui est, à l’inverse, déjà un classique en 1970. Un classique qui nécessite d’être revisité : métathéâtre, mise en abîme du théâtre et mises en scène philologiques ou archéologiques s’attirent les foudres de la critique et du public. Nous avons aussi abordé le problème de la version française, car pour que la vision de l’auteur soit véritablement reconsidérée, il faut d’abord résoudre le problème du texte français. La nouveauté de la traduction, tant du théâtre de Svevo que de celui de Pirandello, est étroitement liée à la nouveauté de la mise en scène. Le statut du texte écrit, lorsqu’il s’agit d’une pièce étrangère, conditionne de façon tout à fait remarquable la représentation et la réception, à travers le filtre non seulement du metteur en scène mais aussi du traducteur. Et le choix du traducteur peut avoir une incidence sur le répertoire même. Mais le texte français peut aussi se révéler nouveau suivant la version à partir de laquelle il a été établi : les metteurs en scène se livrent en effet parfois à un véritable travail philologique, ou bien utilisent plusieurs versions ou variantes. Une première étape du renouveau pirandellien est marquée par l’abandon des adaptations de Benjamin Crémieux au profit des traductions de Michel Arnaud, qui retraduit certaines pièces du dramaturge sicilien à partir de 1960. En 1977 paraît le premier volume d’une nouvelle édition scientifique du théâtre complet de Pirandello, sous la direction de Paul Renucci et André Bouissy, dont le deuxième volume paraît en 1985. Mais au fil du temps, on constate que les versions des éditions scientifiques sont abandonnées et que les pièces de Pirandello sont presque systématiquement retraduites pour chaque nouvelle mise en scène : la traduction devient intimement liée à un spectacle et à une lecture critique bien spécifique. Des nouvelles traductions, donc, pour des nouvelles lectures des auteurs. Totalement nouvelles pour Svevo qui apparaît au public français : nouvelles dans le sens de premières lectures, qui ramène à une lecture originelle des œuvres, à un commencement de la tradition. Mais la nouveauté représentée par le choix de mettre en scène des pièces inconnues ou inédites n’est pas la seule : la scénographie et les lectures critiques des metteurs en scène en constituent évidemment la base. On cherche à s’éloigner d’un théâtre réservé à une élite, d’une tradition trop cérébrale ou dépassée, pour inscrire les deux auteurs dans une conception du théâtre plus contemporaine. Dans un deuxième temps, nous avons donc abordé les stratégies des metteurs en scène visant à fournir une lecture moderne des œuvres de Luigi Pirandello et Italo Svevo. Nous avons pu, à ce propos, mettre en exergue deux principales tendances, sur lesquelles nous nous sommes appuyée pour articuler notre discours : celle de les présenter comme des auteurs populaires, et celle d’en faire des dramaturges du théâtre de la psyché. La deuxième partie de notre travail traite de la première tendance critique que nous avons pu dégager, qui témoigne d’une volonté des gens de la scène de mettre le peuple au centre du discours théâtral, faisant de nos deux dramaturges des auteurs « populaires », dans les différentes acceptions de ce terme. Présenter Svevo et Pirandello comme « populaires » peut être envisagé comme une volonté de s’adresser au plus grand nombre, en faisant de nos auteurs des auteurs pour le peuple et non pour une élite. Cet aspect populaire, dans le sens de « qui s’adresse au peuple, au public le plus nombreux », passe par le rire, élément inhérent aux poétiques des deux dramaturges, et qui avait été gommé par des lectures trop cérébrales ou psychologiques. À partir des années 1970, les metteurs en scène s’attachent à faire des personnages de Svevo et Pirandello des êtres de chair et de sang, doués d’humour et de passion, qui déclenchent le rire chez le spectateur comme le fait Gérard Vergez qui transforme Ce soir on improvise en une grande fête populaire, ou Jean-Pierre Vincent qui présente Six personnages en quête d’auteur en insistant sur le naturel, le réel et l’humour. Ce même procédé est utilisé pour présenter Svevo, comme le fait Enrico D’Amato qui, en montant la Vérité et Trio brisé, s’amuse en insistant sur la farce et le grotesque pour mieux mettre en évidence la cruauté sous-jacente, ou bien encore Laurence Février qui fait des Deux cousines une véritable comédie familiale. L’auteur « populaire » est aussi le Pirandello qui parle du besoin d’accès à la popularité d’Ersilia Drei dans Vestire gli ignudi ou des Personnages de Sei personaggi in cerca d’autore, une volonté d’être racontés que le metteur en scène Stéphane Braunschweig actualise dans ses mises en scène récentes de Vêtir ceux qui sont nus (2006) et Six personnages en quête d’auteur (2012), en faisant référence à une médiatisation qui est aujourd’hui celle des réseaux sociaux et de la télévision. Un moyen populaire, donc, de parler de popularité. Enfin, des auteurs « populaires » sont des auteurs qui mettent au centre de leurs œuvres des personnages issus du peuple, qui puisent leur matière dans le peuple, comme c’est le cas de Pirandello dans Nuova Colonia, qui narre l’expérience communautaire de personnages exclus de la société, ou bien de Svevo qui, dans Inferiorità, choisit pour protagoniste le serviteur Giovanni aux prises avec l’aristocratie. De telles problématiques, mettant en avant le rapport que les classes populaires ont avec le pouvoir et les autres classes sociales, sont lues à la fin des années 1970 et au début des années 1980 de façon marxiste par les metteurs en scène Anne Delbée et Gaston Jung. À côté de ces lectures sociologiques, qui questionnent le rapport de l’homme à ses semblables et sa place dans la société, s’affirme une tendance plus centrée sur l’individu. Dans la troisième partie de notre travail, nous nous sommes penchée sur cette autre tendance, qui est celle d’une théâtralisation de la psyché. On assiste d’une part à la mise en scène de la folie (Le bonnet de fou, Les grelots du fou), et on utilise d’autre part le filtre de la psychanalyse pour mettre en avant les non-dits qui régissent les relations et les comportements humains (que l’on songe par exemple à Un mari de Svevo mis en scène par Jacques Lassalle ou à Six personnages en quête d’auteur de Pirandello dans la mise en scène d’Antoine Bourseiller). La scène se fait représentation de l’espace mental, nous transportant directement et physiquement, scénographiquement, dans l’esprit humain, glissant petit à petit dans le rêve ou le cauchemar. Ce n’est pas un hasard si la pièce la plus jouée de Svevo est La Rigenerazione, pièce scandée par des rêves à la fin de chaque acte. De même, René Loyon, qui monte Vêtir ceux qui sont nus de Pirandello en 1988, nous plonge en plein cauchemar, tout comme Emmanuel Demarcy-Mota revient à l’onirisme primordial de Pitoëff dans sa version des Six personnages en quête d’auteur. La tendance qui semble en effet prévaloir à la fin du XXe siècle et remporter l’approbation des critiques est celle d’un théâtre de l’onirisme, du spectaculaire pour le spectaculaire, qui est avant tout une réflexion sur le pouvoir de l’art et de l’illusion. Le succès que rencontre Les géants de la montagne auprès des metteurs en scène français en est la concrétisation : appelée pièce du mythe de l’Art par Pirandello, la pièce apparaît avant tout comme l’exaltation de la possibilité de la magie au théâtre, du besoin de représentation de l’acteur, et la possibilité pour les metteurs en scène de laisser éclater leur imagination. I giganti della montagna porte en effet en son sein toutes les possibilités de la création et de l’imagination : lucioles, pantins animés, clairs de lune, lumières vertes, revenants, songes et hallucinations, personnages décalés, mages et voix de l’au-delà, tout l’éventail d’un jeu visant à l’émerveillement originel du spectateur est là. Des artifices, ou plutôt des réalités issues de la psyché, de la poésie, de l’imaginaire collectif, des contes, du songe de l’enfant, qui permettent à Georges Lavaudant de transporter le spectateur en plein cauchemar en le mettant face à l’image de la mort animée, tandis que Laurent Laffargue utilise le jeu de Cotrone et des Scalognati, leur capacité à provoquer l’enchantement et à faire de toute chose un émerveillement, comme prétexte à la mise en place d’un rêve poétique. La voie privilégiée des spectacles de la fin du siècle tend donc à la réaffirmation du pouvoir du théâtre et à la victoire du spectaculaire : le spectaculaire pour le spectaculaire, moyen d’introduire la magie et l’onirisme sur scène et revendiquer ainsi le triomphe de la poésie, relevant le rideau de fer et ressuscitant Ilse grâce au miracle de la représentation. C’est un théâtre de l’esthétisme lié au pouvoir des images, un art de la magie et de l’illusion qui l’emporte. Un théâtre qui fait régner en maître le plaisir de la représentation, avant toute réflexion ou théorisation. Plaisir du metteur en scène dont l’imagination investit la scène, plaisir du jeu de l’acteur, et plaisir du spectateur transporté dans un ailleurs magnifié et fantasmé. Pour que ces rêves prennent corps, les scénographies modernes tendent à la représentation d’un non-lieu qui devient le lieu symbolique de tous les possibles, la page blanche de la créativité, qui, utilisée comme une toile à peindre de projections colorées, voile transparent, rideau de théâtre d’ombres ou tableau de clairs-obscurs, matérialise l’imaginaire. Les mots de Cotrone résonnent alors comme une prophétie : « Ciò che importa sopra tutto è la magia ; creare, voglio dire, l’attrazione della favola. »… Ce bref panorama des mises en scène françaises du théâtre d’Italo Svevo et de Luigi Pirandello, couvrant les années 1970 à 2012, nous a permis de mettre en exergue quelques réalités concernant la réception en France de ces deux auteurs. Le théâtre de Svevo fut découvert très tard en France, et les mises en scène de ses pièces sont presque toutes confinées entre la fin des années 1970 et la fin des années 1980, exception faite pour La Régénération de Franck Berthier et Un mari de Jacques Lassalle. De plus, sur neuf mises en scène, quatre ont eu lieu en 1986, année consacrée à Trieste par la capitale française. Cette constatation est surprenante si l’on s’attarde sur les critiques toujours élogieuses relatives aux pièces de l’auteur triestin mises en scène. Plusieurs facteurs expliquent une telle absence dans le répertoire : textes fragmentaires, langue et style dits difficiles. Mais surtout, Svevo a toujours été identifié à la Conscience de Zeno, œuvre qui suscita l’engouement en France et qui poussa la critique à qualifier Svevo de « romancier d’analyse », comme le fit Benjamin Crémieux dès 1926. Le théâtre de Svevo a toujours été assimilé à son œuvre narrative, tous ses personnages ont étés envisagés comme des démultiplications de Zeno Cosini – voire de l’auteur −, et son œuvre théâtrale a donc elle-aussi été liée à la psychanalyse, interprétée avec ces outils, sans tenir compte des mises en garde faites par l’auteur lui-même concernant de telles lectures. Or, la fin des années 1980 marqua une certaine prise de distance envers la psychanalyse, entraînant un détachement des œuvres qui y étaient assimilées. Ainsi, le théâtre de Svevo, en France, n’a à ce jour pas de véritable tradition scénique, il n’est encore qu’à son commencement. Sa tradition reste à écrire, la représentation de son théâtre n’étant encore aujourd’hui qu’à l’état d’ébauche. Après les lectures marxistes, psychanalytiques, ou celles considérées comme proches du vaudeville, de nouvelles mises en scène du théâtre de Svevo restent à explorer avec les outils d’une attentive « regia critica ». Nous avons vu aussi l’importance de l’histoire critique, qui influence la tradition scénique, et, se renouvelant constamment, engendre de nouvelles lectures des metteurs en scène, mais participe aussi sans doute à dater la réception des pièces, comme c’est le cas pour les lectures marxistes ou psychanalytiques, qui lient trop la scène aux modes de la critique littéraire contemporaine. Concernant Pirandello, c’est le cas notamment de Nuova Colonia, qui, après la mise en scène très critiquée d’Anne Delbée, ne fut jamais remontée. Dans le cas de Svevo, les critiques de son époque ont cristallisé son écriture et sa langue dans une image négative, et l’ont figé dans une image d’auteur d’analyse qui explique un manque d’attention des metteurs en scène envers son théâtre après les années 1980. Pourtant, nous avons vu à quel point la presse française et italienne furent toujours élogieuses envers son théâtre lors des mises en scène contemporaines, mettant en évidence un réel écart entre texte écrit et représentation. L’étude de la réception en France d’auteurs étrangers a conduit aussi à s’interroger sur une réalité plus spécifique à l’adaptation scénique du théâtre étranger, qui est celle du lien existant entre tradition scénique française et tradition scénique italienne et leurs éventuels croisements et influences. La représentation en France des pièces de notre corpus mises en scène par des Italiens ne semble pas avoir eu, d’un point de vue du répertoire, de grande incidence. Mais si le répertoire ne semble pas être déterminé par ces représentations, l’influence italienne se retrouve sans aucun doute dans les mises en scène françaises, qui abondent en citations et références aux metteurs en scène italiens. S’il a été intéressant de se pencher sur les perméabilités entre mises en scène françaises et mises en scène en langue originale, on a aussi pu s’interroger sur les croisements entre les différentes mises en scène françaises d’un même auteur, c'est-à-dire sur l’existence d’une tradition scénique nationale et sur l’utilisation de celle-ci. Dans le cas de Svevo, nous l’avons dit, nous ne pouvons parler de tradition scénique française, les représentations étant trop peu nombreuses et concentrées sur une courte période. En revanche, la tradition scénique française de Pirandello est telle, qu’elle permet aux metteurs en scène de jouer sur l’intertextualité, les clins d’œil, topoï, clichés ou citations. Les grandes orientations que nous avons pu dégager des mises en scène françaises de Pirandello et Svevo sont significatives car, bien que pouvant apparaître sectorielles et confinées, elles reflètent en réalité la conception du théâtre des metteurs en scène, voire même d’une époque. Nos deux auteurs sont prétextes à un discours plus ample sur le théâtre, et le choix de leurs pièces en est l’illustration. Le fait de préférer à la fin du siècle les pièces de Svevo et Pirandello mettant en scène des rêves, ou d’interpréter leurs pièces de cette façon, rend compte d’une phase où le théâtre est conçu comme étroitement lié aux images, à la fragmentation, à la déstructuration spatiale et temporelle, dans le but de transporter le spectateur dans un ailleurs qui tient du fantastique et du merveilleux. Le théâtre est envisagé comme une machine à rêves, on réaffirme son pouvoir créateur, sa capacité à mythifier. On assiste finalement, après une phase de lecture politique du théâtre, où il a été envisagé comme théâtre épique, didactique, politique, moyen de lutte et d’enseignement ancré dans la réalité, sorte de tribune au sein de la société, à un retour à l’illusion, à la créativité poétique et lyrique. L’art pour l’art, sa capacité à éblouir, à détourner le spectateur du quotidien pour lui faire vivre une expérience hors du commun. La grande magie. Le théâtre n’est plus en panne, il a retrouvé sa force créatrice, sa puissance orphique, il utilise tout les artifices et expédients qui s’offrent à lui pour dire, sans retenue, que l’homme, depuis la nuit des temps, a besoin de raconter et écouter des histoires.
Settore L-ART/05 - Discipline Dello Spettacolo
Settore L-LIN/04 - Lingua e Traduzione - Lingua Francese
Luigi Pirandello ; Italo Svevo ; regie ; traduzioni francesi
BOSISIO, PAOLO
Doctoral Thesis
Luigi Pirandello et Italo Svevo: la fortune de deux novateurs sur la scène française (1970-2012) / E. Duca ; tutor: P. Bosisio, P. Ranzini. Università degli Studi di Milano, 2013 Mar 08. 24. ciclo, Anno Accademico 2011.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/225484
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