ECMO è l’abbreviazione di Extra Corporeal Memnbrane Oxygention, una tecnica che consente di garantire supporto respiratorio e/o circolatorio tramite polmone e/o cuore artificiale in caso di insufficienza cardiopolmonare refrattaria al trattamento convenzionale. L’ECMO non è, di per sé, una cura per la patologia ma un modo per garantire la sopravvivenza del paziente durante la diagnosi e la risoluzione della stessa. La metodica è, perciò, consigliata in caso di elevato rischio di mortalità e in caso di reversibilità della patologia da cui il paziente è affetto. I primi tentativi di ossigenare il sangue tramite un supporto extracorporeo risalgono alla fine del 1800, quando Frey e Gruber tentarono di per fondere organi isolati. Nomi eccellenti come Gibbons, Kolff e Berk, Clowes, Kammermeyer, Larm e Kolobow hanno contribuito all’evoluzione della tecnica che ha visto la progettazione di materiali, membrane, cateteri, pompe sempre più evoluti e meno dannosi per il paziente. Il primo caso di applicazione dell’ECMO in un soggetto affetto da insufficienza respiratoria è stato riportato da Hill nel 1972, seguito da un report di Bartlett nel 1976 sull’applicazione di ECMO avvenuta con successo in un neonato. Purtroppo gli studi randomizzati eseguiti in popolazioni di pazienti affetti da ARDS non hanno dimostrato significativi vantaggi dell’uso dell’ECMO rispetto al trattamento convenzionale. Ciò, tuttavia, non ha impedito di sviluppare l’idea che lo scambio di gas tramite circolazione extracorporea potesse prevenire altri danni al polmone naturale, consentendogli di “riposare” riducendo la frequenza respiratoria. Recentemente lo studio CESAR ha comparato il supoprto ventilatorio convenzionale eseguito in vari centri inglesi con ossigenazione extracorporea eseguita presso il Glenfeld Hospital in pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta. Lo studio, nonostante le critiche sollevate, ha mostrato come il trattamento con ECMO di questa tipologia di pazienti in un centro “esperto” possa significative mante migliorarne la sopravvivenza. La recente pandemia da H1N1 ha causato un aumento dei casi di insufficienza respiratoria non trattabile con metodi convenzionali (tidal volume normalizzato sul peso ideale pari a 6-8 ml/kg e pressione di plateau inferiore a 30-35 cmH2O). Ciò ha incrementato notevolmente il numero di pazienti affetti da ARDS trattati con ECMO, come riporta il registro ELSO e dalla letteratura internazionale (tra i lavori più citati quello riguardante i casi registrati in Australia, Nuova Zelanda, Canada, Francia). L’esperienza acquisita negli ultimi anni ha insegnato come i dispositivi di ultima generazione e la realizzazione di centri di eccellenza nell’utilizzo dell’ECMO siano fattori rilevanti per il trattamento dei pazienti con questa metodica

ARDS...a che punto siamo? / L. Gattinoni. ((Intervento presentato al convegno Gestione dell'insufficienza cardio-respiratoria in età neonatale e pediatrica con supporti extracorporei tenutosi a Roma nel 2013.

ARDS...a che punto siamo?

L. Gattinoni
Primo
2013

Abstract

ECMO è l’abbreviazione di Extra Corporeal Memnbrane Oxygention, una tecnica che consente di garantire supporto respiratorio e/o circolatorio tramite polmone e/o cuore artificiale in caso di insufficienza cardiopolmonare refrattaria al trattamento convenzionale. L’ECMO non è, di per sé, una cura per la patologia ma un modo per garantire la sopravvivenza del paziente durante la diagnosi e la risoluzione della stessa. La metodica è, perciò, consigliata in caso di elevato rischio di mortalità e in caso di reversibilità della patologia da cui il paziente è affetto. I primi tentativi di ossigenare il sangue tramite un supporto extracorporeo risalgono alla fine del 1800, quando Frey e Gruber tentarono di per fondere organi isolati. Nomi eccellenti come Gibbons, Kolff e Berk, Clowes, Kammermeyer, Larm e Kolobow hanno contribuito all’evoluzione della tecnica che ha visto la progettazione di materiali, membrane, cateteri, pompe sempre più evoluti e meno dannosi per il paziente. Il primo caso di applicazione dell’ECMO in un soggetto affetto da insufficienza respiratoria è stato riportato da Hill nel 1972, seguito da un report di Bartlett nel 1976 sull’applicazione di ECMO avvenuta con successo in un neonato. Purtroppo gli studi randomizzati eseguiti in popolazioni di pazienti affetti da ARDS non hanno dimostrato significativi vantaggi dell’uso dell’ECMO rispetto al trattamento convenzionale. Ciò, tuttavia, non ha impedito di sviluppare l’idea che lo scambio di gas tramite circolazione extracorporea potesse prevenire altri danni al polmone naturale, consentendogli di “riposare” riducendo la frequenza respiratoria. Recentemente lo studio CESAR ha comparato il supoprto ventilatorio convenzionale eseguito in vari centri inglesi con ossigenazione extracorporea eseguita presso il Glenfeld Hospital in pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta. Lo studio, nonostante le critiche sollevate, ha mostrato come il trattamento con ECMO di questa tipologia di pazienti in un centro “esperto” possa significative mante migliorarne la sopravvivenza. La recente pandemia da H1N1 ha causato un aumento dei casi di insufficienza respiratoria non trattabile con metodi convenzionali (tidal volume normalizzato sul peso ideale pari a 6-8 ml/kg e pressione di plateau inferiore a 30-35 cmH2O). Ciò ha incrementato notevolmente il numero di pazienti affetti da ARDS trattati con ECMO, come riporta il registro ELSO e dalla letteratura internazionale (tra i lavori più citati quello riguardante i casi registrati in Australia, Nuova Zelanda, Canada, Francia). L’esperienza acquisita negli ultimi anni ha insegnato come i dispositivi di ultima generazione e la realizzazione di centri di eccellenza nell’utilizzo dell’ECMO siano fattori rilevanti per il trattamento dei pazienti con questa metodica
28-mag-2013
Settore MED/41 - Anestesiologia
ARDS...a che punto siamo? / L. Gattinoni. ((Intervento presentato al convegno Gestione dell'insufficienza cardio-respiratoria in età neonatale e pediatrica con supporti extracorporei tenutosi a Roma nel 2013.
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