The purpose of the present study is to investigate the contemporary direction of Rossini's opere serie. Long forgotten and even underestimated in favour of the composer’s comic production, this repertoire was rediscovered and revalued in the 1980s, thanks to many musicological and philological surveys, which represent an essential condition to its return to the stages. Due to the commitment of the Fondazione Rossini and to the creation of the Rossini Opera Festival - whose primary objective is the production of operas in their original musical version - Rossini’s opere serie have been positively appraised by critics and the public, thus giving birth to the so-called Rossini Renaissance. In the dissertation we accurately discuss the affirmation of Rossini’s opera seria non-dramatic power and we analyse its faculty to be represented. In order to do so, we assess the relation between this particular repertoire and a specific way of interpreting operas and plays, the so-called regia critica, which made its debut in Italy in 1950. Regia critica is a problematic term because it doesn’t designate a real directing “current”, but an interpretation of the “spirit” that leads to the genesis and to the stagey creation, through the point of view of contemporary artists. Among the outstanding personalities of this way of interpreting operas and plays, we focused our research on three Italian directors who worked on the three fronts of the composer’s production, serio, buffo and semi-serio: Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi and Pier’Alli. Through the analysis of their theatrical aesthetic applied to Rossini's opere serie, we tried to answer the many questions raised by the production of this particular musical dramaturgy, and specifically to the problem of the actualization of ancient operas.

Il nostro lavoro di ricerca ha come oggetto lo studio della regia contemporanea delle opere serie di Rossini, un repertorio a lungo dimenticato e sottovalutato a beneficio del repertorio buffo del compositore stesso, e che, dagli anni Ottanta del ventesimo secolo, ha ritrovato il suo spazio sulle scene dei principali teatri e festival italiani e stranieri. Se le opere serie di Rossini sono state rivalutate positivamente dalla critica e dal pubblico, lo si deve ad un’intensa operazione di ricostituzione filologica degli spartiti rossiniani, dovuta alla volontà dei dirigenti della Fondazione Rossini - l'ente che si occupa del patrimonio del compositore - e alla creazione del Rossini Opera Festival, che ha come obiettivo la trasposizione scenica delle opere rossiniane riscoperte nella loro versione musicale originale. In alcuni casi, il recupero di opere dimenticate ha avuto un successo sporadico, la riscoperta rossiniana si è invece rapidamente imposta come un fenomeno solido e durevole, che ha ricevuto un tale consenso che i critici lo hanno denominato Rossini-Renaissance. Si può effettivamente considerare che quella del compositore di Pesaro sia una vera e propria resurrezione, nella misura in cui il lavoro svolto in questo ambito dai musicologi ha dato vita a un interesse crescente verso questo vasto settore della produzione rossiniana, da parte del pubblico, della critica, e in particolare dei registi, che hanno svolto un ruolo molto importante in questo processo. La nostra tesi discute, infatti, l'affermazione della mancanza di drammaticità e di spettacolarità di cui è stata accusata questa parte del repertorio rossiniano, e si propone di analizzare la sua capacità di essere messa in scena. Con questo obiettivo, abbiamo analizzato la relazione che questo specifico repertorio intrattiene, in generale, con regia contemporanea e, in particolare, con la lettura scenica proposta in Italia dalla linea interpretativa comunemente chiamata “regia critica”. Nata negli anni Cinquanta, essa consiste, per citare la definizione data da Giorgio Strehler, in una “interpretazione dello spirito” che ha presieduto alla genesi drammatico-musicale e alla creazione scenica dell’opera, filtrato attraverso lo sguardo del regista contemporaneo. È importante notare che la “regia critica” non deve essere considerata come una vera e propria corrente registica, ma piuttosto come modo complesso di affrontare l’opera, sia essa una commedia in prosa o un dramma in musica. Tra i vari esponenti della “regia critica”, abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione su tre registi italiani dai percorsi professionali e dagli stili molto diversi, Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi e Pier'Alli, che hanno lavorato sui tre fronti della produzione di Rossini, buffo, serio e semi-serio. Attivi tra gli anni Sessanta e oggi, questi tre artisti sono accomunati da un interesse costante per i nuovi linguaggi scenici e condividono il desiderio di fare del teatro lirico un terreno di ricerca fecondo e ingegnoso, proponendo delle regie sempre innovative e in linea con lo spartito e con il libretto. Attraverso l'analisi delle loro estetiche teatrali applicate alle opere serie di Rossini, abbiamo cercato di rispondere alle tante domande sollevate dalla messa in scena di questa particolare drammaturgia musicale. Dapprima, ci siamo chiesti in che modo questi artisti sono riusciti a creare, attraverso i loro spettacoli, una familiarità tra il pubblico moderno e queste opere poco note. Le nostre ricerche ci hanno portato a supporre che i registi si siano interrogati sul divario che esiste tra il tempo della creazione delle opere e il tempo attuale della loro rappresentazione e della loro ricezione. Dato che lo scopo di mettere in scena un'opera del passato è di fare in modo che essa presenti dei contenuti sensibili per il pubblico odierno, ci siamo chiesti se le opere serie di Rossini possono ancora, oggi, avere un "senso", qual è questo "senso" che esse possono ancora suscitare e come lo si possa rendere percepibile per il pubblico contemporaneo. Ciò conduce ad un’altra questione relativa alla "fedeltà" e alla "libertà" del regista rispetto all’opera originale, poiché nel teatro lirico la musica e l’ordine delle scene non possono essere modificati, come avviene nel teatro drammatico. Ma la fedeltà e la libertà possono coesistere nello stesso spettacolo? E a che cosa si deve essere fedeli, dato che l'autenticità dell’originale non è sempre accertata ? E la libertà dei registi, che essi considerano spesso legittima a causa delle versioni rivedute, tradotte o riscritte dell’opera originale, ha dei limiti? Se l’esattezza filologica e storiografica sono degli elementi fondamentali per i musicologi attuali e per gli storici del teatro, esse non sono sempre altrettanto importanti per i registi, che si configurano come dei " secondi creatori ", trasferendo, a volte, nel teatro lirico delle innovazioni sceniche e delle estetiche inesistenti al momento della creazione dell’opera, e delle nuove drammaturgie - realistiche o d’invenzione - non standardizzate nell'ambito delle convezioni tradizionalmente legate al genere lirico. Queste problematiche ci hanno portati naturalmente ad interrogarci circa l'esistenza di un approccio registico "filologico", paragonabile alla ricostruzione filologica delle partizioni, nella prospettiva in cui la regia cerca, se non di ritornare al testo di scena autografo (talvolta difficilmente reperibile e che solleva la questione delle tracce lasciate dalla prima rappresentazione), ma di ricostituire lo 'spirito' dell’opera come l'autore l’aveva pensata e composta. Uno dei presupposti della nostra ricerca è di dimostrare che questo è esattamente l'atteggiamento dei “registi critici”. Abbiamo quindi cercato di ripercorrere le tappe di questi ultimi, in particolare di Ronconi, Pizzi e Pier'Alli, di cui abbiamo inizialmente studiato il percorso formativo e la loro produzione artistica in diversi settori spettacolari. Abbiamo proseguito con lo studio delle opere drammatiche rossiniane e delle loro fonti, che ci hanno permesso di affrontare ermeneuticamente i libretti, considerati come un canovaccio su cui si sviluppano lo spartito musicale del compositore, e in seguito il “testo scenico” del regista. Dopo aver preso coscienza delle possibilità interpretative intrinseche alla musica, abbiamo studiato gli spettacoli, realizzati da tali artisti, nella loro diversità semantica: l’interpretazione dell’azione scenica, l’organizzazione visiva delle scenografie, lo stile dei costumi, la scenotecnica, la gestualità e la prossemica dei cantanti / attori, le luci. Ci siamo basati principalmente sulle dichiarazioni degli intenti dei registi, sugli studi critici che li riguardano e sui materiali visivi esistenti su questi spettacoli (foto di scena, bozzetti, video).

ROSSINI SERIO ET LA REGIA CRITICA EN ITALIE: RONCONI, PIZZI, PIER'ALLI / C. Barbato ; tutors: F. Decroisette (Université Paris 8), P. Bosisio ; supervisors: P. Ranzini (Université d'Avignon), A. Bentoglio, F. Decroisette (Universite' Paris), P. Bosisio. UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO, 2013 Mar 07. 23. ciclo, Anno Accademico 2010. [10.13130/barbato-cristina_phd2013-03-07].

ROSSINI SERIO ET LA REGIA CRITICA EN ITALIE: RONCONI, PIZZI, PIER'ALLI

C. Barbato
2013

Abstract

The purpose of the present study is to investigate the contemporary direction of Rossini's opere serie. Long forgotten and even underestimated in favour of the composer’s comic production, this repertoire was rediscovered and revalued in the 1980s, thanks to many musicological and philological surveys, which represent an essential condition to its return to the stages. Due to the commitment of the Fondazione Rossini and to the creation of the Rossini Opera Festival - whose primary objective is the production of operas in their original musical version - Rossini’s opere serie have been positively appraised by critics and the public, thus giving birth to the so-called Rossini Renaissance. In the dissertation we accurately discuss the affirmation of Rossini’s opera seria non-dramatic power and we analyse its faculty to be represented. In order to do so, we assess the relation between this particular repertoire and a specific way of interpreting operas and plays, the so-called regia critica, which made its debut in Italy in 1950. Regia critica is a problematic term because it doesn’t designate a real directing “current”, but an interpretation of the “spirit” that leads to the genesis and to the stagey creation, through the point of view of contemporary artists. Among the outstanding personalities of this way of interpreting operas and plays, we focused our research on three Italian directors who worked on the three fronts of the composer’s production, serio, buffo and semi-serio: Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi and Pier’Alli. Through the analysis of their theatrical aesthetic applied to Rossini's opere serie, we tried to answer the many questions raised by the production of this particular musical dramaturgy, and specifically to the problem of the actualization of ancient operas.
7-mar-2013
Il nostro lavoro di ricerca ha come oggetto lo studio della regia contemporanea delle opere serie di Rossini, un repertorio a lungo dimenticato e sottovalutato a beneficio del repertorio buffo del compositore stesso, e che, dagli anni Ottanta del ventesimo secolo, ha ritrovato il suo spazio sulle scene dei principali teatri e festival italiani e stranieri. Se le opere serie di Rossini sono state rivalutate positivamente dalla critica e dal pubblico, lo si deve ad un’intensa operazione di ricostituzione filologica degli spartiti rossiniani, dovuta alla volontà dei dirigenti della Fondazione Rossini - l'ente che si occupa del patrimonio del compositore - e alla creazione del Rossini Opera Festival, che ha come obiettivo la trasposizione scenica delle opere rossiniane riscoperte nella loro versione musicale originale. In alcuni casi, il recupero di opere dimenticate ha avuto un successo sporadico, la riscoperta rossiniana si è invece rapidamente imposta come un fenomeno solido e durevole, che ha ricevuto un tale consenso che i critici lo hanno denominato Rossini-Renaissance. Si può effettivamente considerare che quella del compositore di Pesaro sia una vera e propria resurrezione, nella misura in cui il lavoro svolto in questo ambito dai musicologi ha dato vita a un interesse crescente verso questo vasto settore della produzione rossiniana, da parte del pubblico, della critica, e in particolare dei registi, che hanno svolto un ruolo molto importante in questo processo. La nostra tesi discute, infatti, l'affermazione della mancanza di drammaticità e di spettacolarità di cui è stata accusata questa parte del repertorio rossiniano, e si propone di analizzare la sua capacità di essere messa in scena. Con questo obiettivo, abbiamo analizzato la relazione che questo specifico repertorio intrattiene, in generale, con regia contemporanea e, in particolare, con la lettura scenica proposta in Italia dalla linea interpretativa comunemente chiamata “regia critica”. Nata negli anni Cinquanta, essa consiste, per citare la definizione data da Giorgio Strehler, in una “interpretazione dello spirito” che ha presieduto alla genesi drammatico-musicale e alla creazione scenica dell’opera, filtrato attraverso lo sguardo del regista contemporaneo. È importante notare che la “regia critica” non deve essere considerata come una vera e propria corrente registica, ma piuttosto come modo complesso di affrontare l’opera, sia essa una commedia in prosa o un dramma in musica. Tra i vari esponenti della “regia critica”, abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione su tre registi italiani dai percorsi professionali e dagli stili molto diversi, Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi e Pier'Alli, che hanno lavorato sui tre fronti della produzione di Rossini, buffo, serio e semi-serio. Attivi tra gli anni Sessanta e oggi, questi tre artisti sono accomunati da un interesse costante per i nuovi linguaggi scenici e condividono il desiderio di fare del teatro lirico un terreno di ricerca fecondo e ingegnoso, proponendo delle regie sempre innovative e in linea con lo spartito e con il libretto. Attraverso l'analisi delle loro estetiche teatrali applicate alle opere serie di Rossini, abbiamo cercato di rispondere alle tante domande sollevate dalla messa in scena di questa particolare drammaturgia musicale. Dapprima, ci siamo chiesti in che modo questi artisti sono riusciti a creare, attraverso i loro spettacoli, una familiarità tra il pubblico moderno e queste opere poco note. Le nostre ricerche ci hanno portato a supporre che i registi si siano interrogati sul divario che esiste tra il tempo della creazione delle opere e il tempo attuale della loro rappresentazione e della loro ricezione. Dato che lo scopo di mettere in scena un'opera del passato è di fare in modo che essa presenti dei contenuti sensibili per il pubblico odierno, ci siamo chiesti se le opere serie di Rossini possono ancora, oggi, avere un "senso", qual è questo "senso" che esse possono ancora suscitare e come lo si possa rendere percepibile per il pubblico contemporaneo. Ciò conduce ad un’altra questione relativa alla "fedeltà" e alla "libertà" del regista rispetto all’opera originale, poiché nel teatro lirico la musica e l’ordine delle scene non possono essere modificati, come avviene nel teatro drammatico. Ma la fedeltà e la libertà possono coesistere nello stesso spettacolo? E a che cosa si deve essere fedeli, dato che l'autenticità dell’originale non è sempre accertata ? E la libertà dei registi, che essi considerano spesso legittima a causa delle versioni rivedute, tradotte o riscritte dell’opera originale, ha dei limiti? Se l’esattezza filologica e storiografica sono degli elementi fondamentali per i musicologi attuali e per gli storici del teatro, esse non sono sempre altrettanto importanti per i registi, che si configurano come dei " secondi creatori ", trasferendo, a volte, nel teatro lirico delle innovazioni sceniche e delle estetiche inesistenti al momento della creazione dell’opera, e delle nuove drammaturgie - realistiche o d’invenzione - non standardizzate nell'ambito delle convezioni tradizionalmente legate al genere lirico. Queste problematiche ci hanno portati naturalmente ad interrogarci circa l'esistenza di un approccio registico "filologico", paragonabile alla ricostruzione filologica delle partizioni, nella prospettiva in cui la regia cerca, se non di ritornare al testo di scena autografo (talvolta difficilmente reperibile e che solleva la questione delle tracce lasciate dalla prima rappresentazione), ma di ricostituire lo 'spirito' dell’opera come l'autore l’aveva pensata e composta. Uno dei presupposti della nostra ricerca è di dimostrare che questo è esattamente l'atteggiamento dei “registi critici”. Abbiamo quindi cercato di ripercorrere le tappe di questi ultimi, in particolare di Ronconi, Pizzi e Pier'Alli, di cui abbiamo inizialmente studiato il percorso formativo e la loro produzione artistica in diversi settori spettacolari. Abbiamo proseguito con lo studio delle opere drammatiche rossiniane e delle loro fonti, che ci hanno permesso di affrontare ermeneuticamente i libretti, considerati come un canovaccio su cui si sviluppano lo spartito musicale del compositore, e in seguito il “testo scenico” del regista. Dopo aver preso coscienza delle possibilità interpretative intrinseche alla musica, abbiamo studiato gli spettacoli, realizzati da tali artisti, nella loro diversità semantica: l’interpretazione dell’azione scenica, l’organizzazione visiva delle scenografie, lo stile dei costumi, la scenotecnica, la gestualità e la prossemica dei cantanti / attori, le luci. Ci siamo basati principalmente sulle dichiarazioni degli intenti dei registi, sugli studi critici che li riguardano e sui materiali visivi esistenti su questi spettacoli (foto di scena, bozzetti, video).
Cette thèse est une étude de la mise en scène contemporaine des opere serie de Rossini, longtemps oubliés et sous-estimés au profit du répertoire buffo du compositeur, qui, à partir des années quatre-vingt du vingtième siècle, ont été redécouverts et réévalués grâce un profond travail musicologique de nature philologique, fondement essentiel de leur retour sur les scènes. C’est notamment grâce à la volonté des dirigeants de la Fondazione Rossini et à la création du Rossini Opera Festival, dont l’objectif premier est la transposition scénique des œuvres redécouvertes dans leur version musicale originale, que les opere serie rossiniens ont été réévalués de façon positive par les critiques et par le public, et que le phénomène communément appelé la Rossini-Renaissance a vu le jour. La thèse discute l’affirmation de non-drammaticità de cette partie du répertoire rossinien, et veut analyser sa faculté à être représenté. Pour cela on a privilégié l’étude du rapport que ce répertoire ‘oublié’ entretient avec une lecture scénique spécifique, celle proposée en Italie par la regìa critica à partir de 1950. Regìa critica est un terme problématique qui ne désigne pas à proprement parler un « courant » de mise en scène, mais une interprétation de ‘l’esprit’ qui a présidé à la genèse et à la création scénique de l’œuvre, à travers le regard d’artistes contemporains. Parmi les personnalités les plus marquantes de la regìa critica, nous avons focalisé notre recherche sur trois metteurs en scène italiens, Luca Ronconi, Pier Luigi Pizzi et Pier’Alli qui ont interrogé les différents fronts du répertoire du compositeur, et ont même proposé diverses mises en scène d’un même opera seria. À travers l’analyse de leurs esthétiques scéniques appliquées aux opere serie de Rossini, la thèse essaie de répondre aux nombreuses questions soulevées par la mise en scène de cette dramaturgie musicale particulière, et plus spécifiquement à la question de l’actualisation des œuvres lyriques du passé.
Settore L-ART/05 - Discipline Dello Spettacolo
Settore L-ART/07 - Musicologia e Storia della Musica
Gioachino Rossini ; regia critica ; Luca Ronconi ; Pier Luigi Pizzi ; Pier'Alli ; regia d'opera ; teatro lirico
DECROISETTE , FRANCOISE
BENTOGLIO, ALBERTO
BOSISIO, PAOLO
Doctoral Thesis
ROSSINI SERIO ET LA REGIA CRITICA EN ITALIE: RONCONI, PIZZI, PIER'ALLI / C. Barbato ; tutors: F. Decroisette (Université Paris 8), P. Bosisio ; supervisors: P. Ranzini (Université d'Avignon), A. Bentoglio, F. Decroisette (Universite' Paris), P. Bosisio. UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO, 2013 Mar 07. 23. ciclo, Anno Accademico 2010. [10.13130/barbato-cristina_phd2013-03-07].
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