Negli ultimi anni, in concomitanza con il sempre più rapido sviluppo delle tecniche di analisi strumentale, si è osservato in Italia, come d’altra parte anche all’estero, il progressivo aggravarsi degli effetti di due ordini di cause: - l’incapacità della massa dei ricercatori e dei tecnici che lavorano nell’università e nell’industria non solo di sfruttare al limite le possibilità dagli strumenti analitici, ma spesso anche di servirsene correttamente; - la tendenza delle maggiori case produttrici di strumenti a conquistare il cliente con metodi di vendita che vanno sempre più rassomigliando a quelli in uso nel mercato degli elettrodomestici. Par quindi importante cominciare ad intervenire educando all’uso delle metodologiche strumentali non solo i possibili specialisti ma tutti i possibili utenti, fin da quando sono ancora studenti, e mettendo comunque a disposizione di chi non è più studente, in maniera quanto più accessibile e condensata, le nozioni indispensabili per un primo avvicinamento alla comprensione delle singole metodiche. Questo appare particolarmente necessario per le metodiche più recenti, le informazioni sulle quali sono disperse e spesso molto specialistiche, e per quei laureati e studenti (tra cui incredibilmente biologi e medici) che nel corso dei loro studi non hanno mai avuta la possibilità di accedere a corsi veramente formativi di tecniche di laboratorio. È certo che nessuno strumento può essere considerato una scatola nera che fornisce misure. I numeri forniti da qualsiasi strumento per diventare misure richiedono sempre un minimo di elaborazione e di critica da parte dell’utente, cosa impossibile a ottenersi se questi non conosce in maniera accettabile non solo i principi teorici sui quali si base la misura, ma anche, almeno nelle sue linee generali, il funzionamento dello strumento stesso. Le tecniche di determinazione delle attività ioniche basate sulla misura della forza elettromotrice (fem) di un elettrodo selettivo sono, a parte la vecchia misura del pH, estremamente recenti. Si sono sviluppate infatti solo negli ultimi dieci anni, con una rapidità che dipende largamente dai notevolissimi vantaggi presentati da questo tipo di misure. Esse sono infatti estremamente semplici e poco costose, richiedono in pratica solo una coppia di elettrodi, uno strumento elettrometrico o potenziometrico per misurare la fem e qualche soluzione standard. La semplicità dell’attrezzatura e la facilità con cui sono realizzabili strumenti portatili consente poi il semplice uso di queste tecniche fuori del laboratorio. Grazie alla semplicità della tecnica e alla velocità di risposta degli elettrodi, la misura è molto rapida. È possibile effettuare misure in continuo per monitorare un effluente e sono anche possibili, sia pure con accorgimenti particolari, misure con tempi di risposta dell’ordine dei 10 ms, che consentono di seguire la cinetica di molte reazioni. Le misure non sono quasi mai distruttive. Se il campione si presenta in forma liquida può molto spesso venire utilizzato come si trova, cosa che consente altre determinazioni successive. Quando poi il campione deve essere manipolato, ci si limita quasi sempre a operazioni di diluizione o, al più, ad aggiunte molto semplici. Sono possibili determinazioni su microcampioni con volume dell’ordine di qualche decina di ml. Con opportuni microelettrodi sono possibili determinazioni anche dentro una singola cellula. Anche se la fem dell’elettrodo è correlata con l’attività ionica nella soluzione, è possibile, con margini d’errore ragionevoli, risalire alle concentrazioni ioniche con misure dirette. Se queste non sono sufficientemente accurate, è possibile raggiungere il risultato voluto con tecniche di titolazione o con l’impiego di uno standard interno (metodo delle aggiunte note). A fianco di tanti vantaggi vi sono ovviamente anche alcuni svantaggi. Gli elettrodi attualmente disponibili non sono molto accurati. In particolare sono soggetti a notevoli derive, termiche e dovute a ragioni chimiche. In laboratorio si può ragionevolmente confidare su derive giornaliere di un paio di mV, dieci volte tanto in esterno, cosa che richiede la frequente ripetizione delle operazioni di standardizzazione. In condizioni ottimali misure ripetute su uno stesso campione possono assicurare una precisione di misura non migliore di 0,2 mV. Le incertezze esistenti nella correlazione fra attività e concentrazione rendono molto difficile, se non talvolta impossibile, formulare le soluzioni standard con la necessaria accuratezza. Il problema è risolto in maniera soddisfacente solo con gli standard per pH e pochissimi standard per altri ioni. Molti elettrodi, soprattutto quelli a membrana liquida, per non parlare di quelli enzimatici, hanno vita molto breve e la loro alterazione si nota solo nel corso della misura. Infine con queste tecniche lo strumento fornisce sempre un qualche numero. Il vero problema viene dopo, quando si vuole capirne il significato e valutarne l’accuratezza. Di qui la necessità di conoscere la teoria e le tecniche di misura, tanto più che non essendovi una solida tradizione il ricercatore si trova quasi sempre a dover risolvere da solo i propri problemi.

INTRODUZIONE ALLE MISURE CON GLI ELETTRODI SELETTIVI (pH e p(ione)) / F. Celentano, G. Monticelli. - Milano : Libreria dello studente, 1977 Oct.

INTRODUZIONE ALLE MISURE CON GLI ELETTRODI SELETTIVI (pH e p(ione))

G. Monticelli
Ultimo
1977

Abstract

Negli ultimi anni, in concomitanza con il sempre più rapido sviluppo delle tecniche di analisi strumentale, si è osservato in Italia, come d’altra parte anche all’estero, il progressivo aggravarsi degli effetti di due ordini di cause: - l’incapacità della massa dei ricercatori e dei tecnici che lavorano nell’università e nell’industria non solo di sfruttare al limite le possibilità dagli strumenti analitici, ma spesso anche di servirsene correttamente; - la tendenza delle maggiori case produttrici di strumenti a conquistare il cliente con metodi di vendita che vanno sempre più rassomigliando a quelli in uso nel mercato degli elettrodomestici. Par quindi importante cominciare ad intervenire educando all’uso delle metodologiche strumentali non solo i possibili specialisti ma tutti i possibili utenti, fin da quando sono ancora studenti, e mettendo comunque a disposizione di chi non è più studente, in maniera quanto più accessibile e condensata, le nozioni indispensabili per un primo avvicinamento alla comprensione delle singole metodiche. Questo appare particolarmente necessario per le metodiche più recenti, le informazioni sulle quali sono disperse e spesso molto specialistiche, e per quei laureati e studenti (tra cui incredibilmente biologi e medici) che nel corso dei loro studi non hanno mai avuta la possibilità di accedere a corsi veramente formativi di tecniche di laboratorio. È certo che nessuno strumento può essere considerato una scatola nera che fornisce misure. I numeri forniti da qualsiasi strumento per diventare misure richiedono sempre un minimo di elaborazione e di critica da parte dell’utente, cosa impossibile a ottenersi se questi non conosce in maniera accettabile non solo i principi teorici sui quali si base la misura, ma anche, almeno nelle sue linee generali, il funzionamento dello strumento stesso. Le tecniche di determinazione delle attività ioniche basate sulla misura della forza elettromotrice (fem) di un elettrodo selettivo sono, a parte la vecchia misura del pH, estremamente recenti. Si sono sviluppate infatti solo negli ultimi dieci anni, con una rapidità che dipende largamente dai notevolissimi vantaggi presentati da questo tipo di misure. Esse sono infatti estremamente semplici e poco costose, richiedono in pratica solo una coppia di elettrodi, uno strumento elettrometrico o potenziometrico per misurare la fem e qualche soluzione standard. La semplicità dell’attrezzatura e la facilità con cui sono realizzabili strumenti portatili consente poi il semplice uso di queste tecniche fuori del laboratorio. Grazie alla semplicità della tecnica e alla velocità di risposta degli elettrodi, la misura è molto rapida. È possibile effettuare misure in continuo per monitorare un effluente e sono anche possibili, sia pure con accorgimenti particolari, misure con tempi di risposta dell’ordine dei 10 ms, che consentono di seguire la cinetica di molte reazioni. Le misure non sono quasi mai distruttive. Se il campione si presenta in forma liquida può molto spesso venire utilizzato come si trova, cosa che consente altre determinazioni successive. Quando poi il campione deve essere manipolato, ci si limita quasi sempre a operazioni di diluizione o, al più, ad aggiunte molto semplici. Sono possibili determinazioni su microcampioni con volume dell’ordine di qualche decina di ml. Con opportuni microelettrodi sono possibili determinazioni anche dentro una singola cellula. Anche se la fem dell’elettrodo è correlata con l’attività ionica nella soluzione, è possibile, con margini d’errore ragionevoli, risalire alle concentrazioni ioniche con misure dirette. Se queste non sono sufficientemente accurate, è possibile raggiungere il risultato voluto con tecniche di titolazione o con l’impiego di uno standard interno (metodo delle aggiunte note). A fianco di tanti vantaggi vi sono ovviamente anche alcuni svantaggi. Gli elettrodi attualmente disponibili non sono molto accurati. In particolare sono soggetti a notevoli derive, termiche e dovute a ragioni chimiche. In laboratorio si può ragionevolmente confidare su derive giornaliere di un paio di mV, dieci volte tanto in esterno, cosa che richiede la frequente ripetizione delle operazioni di standardizzazione. In condizioni ottimali misure ripetute su uno stesso campione possono assicurare una precisione di misura non migliore di 0,2 mV. Le incertezze esistenti nella correlazione fra attività e concentrazione rendono molto difficile, se non talvolta impossibile, formulare le soluzioni standard con la necessaria accuratezza. Il problema è risolto in maniera soddisfacente solo con gli standard per pH e pochissimi standard per altri ioni. Molti elettrodi, soprattutto quelli a membrana liquida, per non parlare di quelli enzimatici, hanno vita molto breve e la loro alterazione si nota solo nel corso della misura. Infine con queste tecniche lo strumento fornisce sempre un qualche numero. Il vero problema viene dopo, quando si vuole capirne il significato e valutarne l’accuratezza. Di qui la necessità di conoscere la teoria e le tecniche di misura, tanto più che non essendovi una solida tradizione il ricercatore si trova quasi sempre a dover risolvere da solo i propri problemi.
ott-1977
elettrodi selettivi ; pH ; p(ione) ; giunzione liquida ; scambio ionico ; elettrodi enzimatici ; microelettrodi ; elettrometro ; metodo potenziometrico ; titolazione ; soluzione tampone
Settore BIO/09 - Fisiologia
Settore FIS/01 - Fisica Sperimentale
INTRODUZIONE ALLE MISURE CON GLI ELETTRODI SELETTIVI (pH e p(ione)) / F. Celentano, G. Monticelli. - Milano : Libreria dello studente, 1977 Oct.
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