La questione dell’opzione biotecnologica sta assumendo sempre più un ruolo centrale nel dibattito sul futuro dell’agricoltura. Le biotecnologie, quelle disponibili e quelle pronte a entrare nel circuito produttivo, sono un potente strumento di competizione di cui altri sistemi agricoli concorrenti già si avvalgono e da cui anche l’agricoltura europea potrebbe trarre beneficio, quanto meno sulla base di una logica di “fair conditions” cioè di parità di strumenti concorrenziali, naturalmente dopo che se ne sia dimostrata la possibilità di impiego senza problemi. Il sistema produttivo agricolo italiano si caratterizza per almeno due aspetti che interessano da vicino la scelta: a) una forte e strutturale dipendenza dalle importazioni, b) la presenza di alcune significative produzioni di eccellenza che fanno riferimento ai prodotti tipici e in particolare a quelli derivati dalla zootecnia. La rapida diffusione delle piante GM a livello mondiale è attribuibile ad una serie di prodotti sostanzialmente ridotta, limitata come tipo di innovazione ad alcuni caratteri relativi ai processi produttivi agricoli applicati in un numero esiguo di colture, sia pure di rilevante importanza, i cui comparti sementieri sono storicamente controllati da poche grandi imprese. La velocità di diffusione dell’innovazione è dovuta alla sua applicazione su commodities agricole modificate per rispondere ad esigenze (lotta ad infestanti e insetti) di portata generale. Lo sviluppo di questi prodotti “generici” è stato realizzato dalla ricerca privata e, specificatamente, da alcuni tra i principali gruppi agrobiochimici mondiali con l’obiettivo di difendere e diversificare le proprie aree di affari. L’innovazione agrobiotecnologica rappresenta quindi uno strumento competitivo particolarmente utile in mercati caratterizzati da una stagnazione della domanda, da un aumento delle spese di R&S di nuovi prodotti e da una progressiva concentrazione dell’offerta. In questo scenario la situazione italiana, sia per i prodotti agrochimici che per le sementi, appare caratterizzata da marginalità e dipendenza dall’estero; la dipendenza tecnologica è ancora più accentuata se si tiene conto che in ambedue i settori larga parte della produzione nazionale è realizzata a partire da “know-how” estero. Il quadro di riferimento non può limitarsi ai prodotti già immessi sul mercato, prescindendo dal quadro dei prodotti ancora in fase di R&S, a tale riguardo le prove sperimentali in campo sono in grado di fornire le informazioni necessarie per individuare i prodotti effettivamente in fase di R&S e gli attori coinvolti. Il risultato più significativo dell’analisi delle prove sperimentali è costituito dalle caratteristiche della ricerca pubblica in relazione ai caratteri e alle piante GM, mostrando un peso rilevante sia negli USA che nell’UE (circa 33%) e una particolare propensione per la ricerca su piante e caratteri “minori”. La ricerca privata si conferma leader indiscussa solo nel caso delle commodities e dei caratteri “generici” di prima generazione complementari o sostitutive dell’impiego di prodotti chimici. Lo scenario competitivo della ricerca agrobiotecnologica si rivela quindi molto differente dalla diffusa convinzione che vede i grandi gruppi multinazionali come unici attori dell’innovazione e, quindi, unici beneficiari del suo sviluppo. Anzi, in taluni casi (resistenza a virus, batteri, nematodi, funghi), i risultati della ricerca pubblica potrebbero costituire una seria minaccia per alcune importanti aree d’affari (insetticidi, fungicidi) degli stessi gruppi.

Innovazione agrobiotecnologica e scelte strategiche per l'agricoltura italiana / D. Casati, D. Frisio. - In: NUOVO DIRITTO AGRARIO. - ISSN 0390-0738. - 9:1(2004), pp. 37-54.

Innovazione agrobiotecnologica e scelte strategiche per l'agricoltura italiana

D. Casati
Primo
;
D. Frisio
Ultimo
2004

Abstract

La questione dell’opzione biotecnologica sta assumendo sempre più un ruolo centrale nel dibattito sul futuro dell’agricoltura. Le biotecnologie, quelle disponibili e quelle pronte a entrare nel circuito produttivo, sono un potente strumento di competizione di cui altri sistemi agricoli concorrenti già si avvalgono e da cui anche l’agricoltura europea potrebbe trarre beneficio, quanto meno sulla base di una logica di “fair conditions” cioè di parità di strumenti concorrenziali, naturalmente dopo che se ne sia dimostrata la possibilità di impiego senza problemi. Il sistema produttivo agricolo italiano si caratterizza per almeno due aspetti che interessano da vicino la scelta: a) una forte e strutturale dipendenza dalle importazioni, b) la presenza di alcune significative produzioni di eccellenza che fanno riferimento ai prodotti tipici e in particolare a quelli derivati dalla zootecnia. La rapida diffusione delle piante GM a livello mondiale è attribuibile ad una serie di prodotti sostanzialmente ridotta, limitata come tipo di innovazione ad alcuni caratteri relativi ai processi produttivi agricoli applicati in un numero esiguo di colture, sia pure di rilevante importanza, i cui comparti sementieri sono storicamente controllati da poche grandi imprese. La velocità di diffusione dell’innovazione è dovuta alla sua applicazione su commodities agricole modificate per rispondere ad esigenze (lotta ad infestanti e insetti) di portata generale. Lo sviluppo di questi prodotti “generici” è stato realizzato dalla ricerca privata e, specificatamente, da alcuni tra i principali gruppi agrobiochimici mondiali con l’obiettivo di difendere e diversificare le proprie aree di affari. L’innovazione agrobiotecnologica rappresenta quindi uno strumento competitivo particolarmente utile in mercati caratterizzati da una stagnazione della domanda, da un aumento delle spese di R&S di nuovi prodotti e da una progressiva concentrazione dell’offerta. In questo scenario la situazione italiana, sia per i prodotti agrochimici che per le sementi, appare caratterizzata da marginalità e dipendenza dall’estero; la dipendenza tecnologica è ancora più accentuata se si tiene conto che in ambedue i settori larga parte della produzione nazionale è realizzata a partire da “know-how” estero. Il quadro di riferimento non può limitarsi ai prodotti già immessi sul mercato, prescindendo dal quadro dei prodotti ancora in fase di R&S, a tale riguardo le prove sperimentali in campo sono in grado di fornire le informazioni necessarie per individuare i prodotti effettivamente in fase di R&S e gli attori coinvolti. Il risultato più significativo dell’analisi delle prove sperimentali è costituito dalle caratteristiche della ricerca pubblica in relazione ai caratteri e alle piante GM, mostrando un peso rilevante sia negli USA che nell’UE (circa 33%) e una particolare propensione per la ricerca su piante e caratteri “minori”. La ricerca privata si conferma leader indiscussa solo nel caso delle commodities e dei caratteri “generici” di prima generazione complementari o sostitutive dell’impiego di prodotti chimici. Lo scenario competitivo della ricerca agrobiotecnologica si rivela quindi molto differente dalla diffusa convinzione che vede i grandi gruppi multinazionali come unici attori dell’innovazione e, quindi, unici beneficiari del suo sviluppo. Anzi, in taluni casi (resistenza a virus, batteri, nematodi, funghi), i risultati della ricerca pubblica potrebbero costituire una seria minaccia per alcune importanti aree d’affari (insetticidi, fungicidi) degli stessi gruppi.
Settore AGR/01 - Economia ed Estimo Rurale
2004
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