L’adattamento alla patologia critica ed alle procedure invasive necessarie in Terapia Intensiva richiede praticamente sempre l’utilizzo di farmaci analgesici e sedativi. In tutto il mondo è diffusa la sedazione endovena in continuo per la sua efficacia e maneggevolezza (onset e offset), ma che presenta anche effetti collaterali non secondari, soprattutto evidenti nei pazienti long-term, che necessitano di ventilazione meccanica per periodi prolungati. Le recenti linee guida, basate su protocolli randomizzati, pongono un target sedativo di RASS = 0 e sottolineano la necessità di usare meno farmaci possibili attraverso l’uso di protocolli (less is better!), utilizzando quotidianamente i test di sospensione/risveglio, utilizzando farmaci a breve emivita (remifentanil) o principi attivi che non permettono di arrivare a livelli di sedazione profonda (dexmedetomidina). In realtà, anche se “sarebbe bene” tenere i pazienti più svegli, è diffusa la pratica di mantenere livelli sedativi più profondi di quanto desiderato, determinando sostanzialmente lo scivolamento verso effetti collaterali evitabili: gli oppiacei possono dare ritardato svezzamento dalla ventilazione meccanica, rallentato transito intestinale, bradicardia ed ipotensione. La sospensione quotidiana dell’infusione continua di molecole a breve durata d’azione come propofol, midazolam e dexmedetomidina potrebbe essere deliriogenica, determinando una sorta di stretching cerebrale. La sedazione enterale è possibile fin dai primi giorni di Terapia Intensiva, dato che l’intestino funziona precocemente anche nelle fasi più critiche della malattia. La somministrazione di sedativi per via enterale non consente fluttuazioni iperacute ed offre quindi maggiore stabilità (onset / offset prolungati). Inoltre, è più difficile raggiungere livelli di sedazione profonda. Queste caratteristiche sono importanti nel paziente long-term in cui è raccomandato perseguire un piano sedativo stabile e superficiale. Tenere i pazienti sempre risvegliabili e ben adattati alla patologia critica / invasività anziché risvegliarli ogni giorno è un obiettivo culturalmente rivoluzionario, anche se assodato localmente in alcuni centri da più di 10 anni. In particolare, i pazienti critici soffrono quasi tutti di disturbi del ritmo sonno-veglia e riportano la deprivazione di sonno come uno dei peggiori sintomi del decorso in terapia intensiva; il “fenotipo dormiente” durante la notte non corrisponde ad un sonno fisiologico e ristorativo . Sia le percezioni dei pazienti che le rilevazioni strumentali dimostrano l’inadeguatezza del sonno in termini di qualità e di quantità. Tra diverse motivazioni, i bassi livelli di melatonina endogena potrebbero giocare un ruolo importante. La melatonina è un ormone con effetti ipnoinducenti, antiossidanti ed immunomodulanti. I pazienti critici ad alto rischio presentano livelli plasmatici di melatonina drammaticamente ridotti rispetto alla norma, sia in termini di picchi notturni che nei livelli basali diurni. Non si sa, attualmente, se questi ridotti livelli sono determinati dalla riduzione nella produzione endogena o dall’aumentato consumo. Indipendentemente dalle ragioni che lo causano, i ridotti livelli di melatoninemia endogena sono stati correlati alla severità della sepsi, alla prevalenza di PTSD, alla gravità delle alterazioni del sonno durante il decorso critico. La somministrazione prolungata di melatonina non è mai stata testata nei pazienti critici per più di 4 giorni continuativi. E’ una procedura semplice, a bassissimo costo, e che può ripristinare i livelli endogeni. Le potenzialità terapeutiche nel contesto della terapia intensiva sono rappresentate innanzitutto dall’azione ipnoinducente fisiologica (risparmio di sedativi e maggiore ristoratività del sonno). In secondo luogo, soprattutto nei pazienti settici, potrebbe risultare utile l’azione antiossidante ed immunomodulante, dimostratasi clinicamente rilevante in modelli animali di shock settico e nella sepsi neonatale. In uno studio randomizzato e controllato, monocentrico, in doppio cieco, fra melatonina e placebo, la somministrazione di questo ormone si è rivelata efficace nel ridurre la dose totale di sedativi, riducendo significativamente alcuni effetti collaterali.

Analgesia e sedazione in TI : come e perché / G. Mistraletti. ((Intervento presentato al 10. convegno Congresso Nazionale STAT : Selected Topics in Anestesia e Terapia Intensiva tenutosi a Udine nel 2012.

Analgesia e sedazione in TI : come e perché

G. Mistraletti
Primo
2012

Abstract

L’adattamento alla patologia critica ed alle procedure invasive necessarie in Terapia Intensiva richiede praticamente sempre l’utilizzo di farmaci analgesici e sedativi. In tutto il mondo è diffusa la sedazione endovena in continuo per la sua efficacia e maneggevolezza (onset e offset), ma che presenta anche effetti collaterali non secondari, soprattutto evidenti nei pazienti long-term, che necessitano di ventilazione meccanica per periodi prolungati. Le recenti linee guida, basate su protocolli randomizzati, pongono un target sedativo di RASS = 0 e sottolineano la necessità di usare meno farmaci possibili attraverso l’uso di protocolli (less is better!), utilizzando quotidianamente i test di sospensione/risveglio, utilizzando farmaci a breve emivita (remifentanil) o principi attivi che non permettono di arrivare a livelli di sedazione profonda (dexmedetomidina). In realtà, anche se “sarebbe bene” tenere i pazienti più svegli, è diffusa la pratica di mantenere livelli sedativi più profondi di quanto desiderato, determinando sostanzialmente lo scivolamento verso effetti collaterali evitabili: gli oppiacei possono dare ritardato svezzamento dalla ventilazione meccanica, rallentato transito intestinale, bradicardia ed ipotensione. La sospensione quotidiana dell’infusione continua di molecole a breve durata d’azione come propofol, midazolam e dexmedetomidina potrebbe essere deliriogenica, determinando una sorta di stretching cerebrale. La sedazione enterale è possibile fin dai primi giorni di Terapia Intensiva, dato che l’intestino funziona precocemente anche nelle fasi più critiche della malattia. La somministrazione di sedativi per via enterale non consente fluttuazioni iperacute ed offre quindi maggiore stabilità (onset / offset prolungati). Inoltre, è più difficile raggiungere livelli di sedazione profonda. Queste caratteristiche sono importanti nel paziente long-term in cui è raccomandato perseguire un piano sedativo stabile e superficiale. Tenere i pazienti sempre risvegliabili e ben adattati alla patologia critica / invasività anziché risvegliarli ogni giorno è un obiettivo culturalmente rivoluzionario, anche se assodato localmente in alcuni centri da più di 10 anni. In particolare, i pazienti critici soffrono quasi tutti di disturbi del ritmo sonno-veglia e riportano la deprivazione di sonno come uno dei peggiori sintomi del decorso in terapia intensiva; il “fenotipo dormiente” durante la notte non corrisponde ad un sonno fisiologico e ristorativo . Sia le percezioni dei pazienti che le rilevazioni strumentali dimostrano l’inadeguatezza del sonno in termini di qualità e di quantità. Tra diverse motivazioni, i bassi livelli di melatonina endogena potrebbero giocare un ruolo importante. La melatonina è un ormone con effetti ipnoinducenti, antiossidanti ed immunomodulanti. I pazienti critici ad alto rischio presentano livelli plasmatici di melatonina drammaticamente ridotti rispetto alla norma, sia in termini di picchi notturni che nei livelli basali diurni. Non si sa, attualmente, se questi ridotti livelli sono determinati dalla riduzione nella produzione endogena o dall’aumentato consumo. Indipendentemente dalle ragioni che lo causano, i ridotti livelli di melatoninemia endogena sono stati correlati alla severità della sepsi, alla prevalenza di PTSD, alla gravità delle alterazioni del sonno durante il decorso critico. La somministrazione prolungata di melatonina non è mai stata testata nei pazienti critici per più di 4 giorni continuativi. E’ una procedura semplice, a bassissimo costo, e che può ripristinare i livelli endogeni. Le potenzialità terapeutiche nel contesto della terapia intensiva sono rappresentate innanzitutto dall’azione ipnoinducente fisiologica (risparmio di sedativi e maggiore ristoratività del sonno). In secondo luogo, soprattutto nei pazienti settici, potrebbe risultare utile l’azione antiossidante ed immunomodulante, dimostratasi clinicamente rilevante in modelli animali di shock settico e nella sepsi neonatale. In uno studio randomizzato e controllato, monocentrico, in doppio cieco, fra melatonina e placebo, la somministrazione di questo ormone si è rivelata efficace nel ridurre la dose totale di sedativi, riducendo significativamente alcuni effetti collaterali.
23-feb-2012
Settore MED/41 - Anestesiologia
Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI)
Analgesia e sedazione in TI : come e perché / G. Mistraletti. ((Intervento presentato al 10. convegno Congresso Nazionale STAT : Selected Topics in Anestesia e Terapia Intensiva tenutosi a Udine nel 2012.
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