Il volume raccoglie una serie di studi di linguisti e giuristi sulla comunicazione giuridica nel mondo contemporaneo, ponendosi in una prospettiva interdisciplinare grazie alla quale si combinano competenze diverse e ugualmente legittime su un comune oggetto di indagine. Benché la materia sia stata trattata autonomamente sia nell’ambito delle scienze del linguaggio sia in quello delle scienze giuridiche e della filosofia del diritto, è la natura stessa dei fenomeni indagati che suggerisce come idealmente più proficuo un approccio articolato sui due fronti disciplinari. Un approccio che può servire a creare sinergie che consentano di integrare visioni intrinsecamente diverse e dare luogo a un quadro completo ed esauriente, senza che per questo gli esperti dell’uno e dell’altro settore debbano avventurarsi in incursioni all’interno di un territorio non proprio, con il rischio – giustamente segnalato da Bice Mortara Garavelli – di passi falsi e incompetenze. D’altra parte, come è stato ampiamente riconosciuto nella letteratura anche in correnti di pensiero affatto diverse , il rapporto tra lingua e diritto è talmente intimo che tali incursioni sono praticamente inevitabili quando non vi sia una sinergia tra i due saperi realizzata grazie alla combinazione di contributi offerti da studiosi appartenenti ai due campi di indagine. È questa sinergia disciplinare che ha animato un ciclo di due incontri di studio sul tema “Linguaggi giuridici e mondo contemporaneo”, che le curatrici hanno promosso nel corso del 2006 presso la Libera Università IULM (18.1.2006) e l’Università degli Studi di Milano (7.4.2006), dal quale ha avuto origine l’idea di questo volume. La scelta del tema nasce dalla constatazione che nella società contemporanea, caratterizzata da uno stato di cambiamento continuo, rapido e capillare, si fa urgente l’esigenza di riflettere sul ruolo e sull’evoluzione del linguaggio giuridico, proprio perché tra i linguaggi specialistici esso è quello che più di tutti intrattiene un intimo rapporto con la cultura della società che lo utilizza e di cui è diretta espressione, e ne riflette valori e contraddizioni, cambiamenti e trasformazioni. Questo necessariamente richiede che la lingua del diritto si evolva in parallelo ai valori predominanti, ai fenomeni sociali, alle concezioni politiche e alle tecnologie, le quali soprattutto nel mondo contemporaneo hanno un impatto determinante sull’assetto della vita civile. Un’esigenza che risulta almeno parzialmente in conflitto con la natura profondamente conservatrice del linguaggio giuridico, che più di qualsiasi altro linguaggio specialistico porta con sé un patrimonio espressivo – fatto non solo di indispensabili tecnicismi, ma anche di tecnicismi collaterali, di stereotipi fraseologici, di moduli sintattici, di modelli testuali e di schemi retorici – accumulatosi nel tempo e assai difficile da dismettere e sostituire. Proprio da questo tipo di problematica, che non riguarda certo solamente l’italiano, ma numerose altre lingue, ed è particolarmente sentita in alcuni paesi, come l’Australia, la Gran Bretagna e la Svezia, nonché nell’ambito degli organismi comunitari, sono nati nel tempo i diversi movimenti in favore della semplificazione della lingua del diritto (plain language), che trova la propria ragione d’essere in una peculiarità di questo linguaggio specialistico che lo rende assolutamente unico: nel suo ambito anche i testi più tecnici – in particolare i testi costitutivi di diverso tipo, come il testo legislativo e la sentenza –, pur essendo redatti da esperti utilizzando la terminologia, la sintassi complessa e le convenzioni testuali degli specialisti, estendono la propria validità al cittadino qualunque, che è costretto a confrontarsi con essi e ad essi conformarsi, tanto più che, in caso di mancato rispetto, l’ignoranza non è né scusante né attenuante. Pertanto, per la comunicazione giuridica per lo più non si applicano – o si applicano solo marginalmente – le tradizionali classificazioni ‘verticali’ delle lingue speciali, che categorizzano le realizzazione testuali a seconda del grado di competenza specifica rispettivamente degli emittenti e dei destinatari . D’altra parte, non sempre la via della semplificazione dà risultati che non siano comunque discutibili, come emerge chiaramente da un’analisi anche cursoria di alcuni dei documenti in versione plain language pubblicati a titolo esemplificativo dai sostenitori della semplificazione ad ogni costo.( ) Infatti, alcune delle caratteristiche più spesso deplorate del linguaggio giuridico, come il ricorso a tecnicismi terminologici privi di trasparenza, gli arcaicismi lessicali e sintattici, la sintassi intricata e sovente marcata, l’uso sistematico di astrazioni e di forme nominali, entro certi limiti hanno la loro ragione d’essere nella complicatezza della materia, nella complessità della casistica o del ragionamento o, ancora, nella necessità di recepire testi o giurisprudenza precedente. Queste considerazioni servono a inquadrare lo spirito su cui poggia questa raccolta di saggi, in molti dei quali nella esplorazione di diversi temi connessi all’uso della lingua e all’organizzazione del discorso in ambito giuridico si affrontano alcuni dei tratti contraddittori propri della comunicazione giuridica poc’anzi discussi – come l’esigenza di evoluzione e l’innato conservatorismo, le istanze di chiarezza e il rigore concettuale – che si manifestano in modo particolarmente acuto nel mondo contemporaneo. Il taglio e gli obiettivi dei diversi contributi sono ovviamente diversi: laddove i giuristi privilegiano i problemi che riguardano l’uso linguistico agli effetti dell’efficacia della norma, della sua interpretazione e applicazione, o ai fini del rigore espositivo della dottrina, o della comparazione tra concettualizzazioni e categorizzazioni, i linguisti sono più interessati a esplorare i tratti peculiari del linguaggio giuridico in quanto varietà della lingua vincolante e vincolata, soggetta a rigide restrizioni semiotiche, in cui alcuni fenomeni rilevabili limitatamente in altre varietà della lingua si manifestano in maniera macroscopica, costituendo così un terreno in indagine fertile ai fini della descrizione e teorizzazione di alcuni fenomeni linguistici. Ma, come emerge chiaramente da alcuni dei contributi, per esempio da quello di Dario Mantovani o quello di Maurizio Gotti, gli interessi sono sovente convergenti, sicché l’applicazione di strumenti analitici diversi e la differente prospettiva d’analisi hanno valore sinergico e servono ad arricchire e ad approfondire i risultati dell’indagine.

Il linguaggio giuridico : prospettive interdisciplinari / [a cura di] G.E. Garzone, F. Santulli. - Milano : Giuffré, 2008. - ISBN 9788814138928.

Il linguaggio giuridico : prospettive interdisciplinari

G.E. Garzone
Primo
;
2008

Abstract

Il volume raccoglie una serie di studi di linguisti e giuristi sulla comunicazione giuridica nel mondo contemporaneo, ponendosi in una prospettiva interdisciplinare grazie alla quale si combinano competenze diverse e ugualmente legittime su un comune oggetto di indagine. Benché la materia sia stata trattata autonomamente sia nell’ambito delle scienze del linguaggio sia in quello delle scienze giuridiche e della filosofia del diritto, è la natura stessa dei fenomeni indagati che suggerisce come idealmente più proficuo un approccio articolato sui due fronti disciplinari. Un approccio che può servire a creare sinergie che consentano di integrare visioni intrinsecamente diverse e dare luogo a un quadro completo ed esauriente, senza che per questo gli esperti dell’uno e dell’altro settore debbano avventurarsi in incursioni all’interno di un territorio non proprio, con il rischio – giustamente segnalato da Bice Mortara Garavelli – di passi falsi e incompetenze. D’altra parte, come è stato ampiamente riconosciuto nella letteratura anche in correnti di pensiero affatto diverse , il rapporto tra lingua e diritto è talmente intimo che tali incursioni sono praticamente inevitabili quando non vi sia una sinergia tra i due saperi realizzata grazie alla combinazione di contributi offerti da studiosi appartenenti ai due campi di indagine. È questa sinergia disciplinare che ha animato un ciclo di due incontri di studio sul tema “Linguaggi giuridici e mondo contemporaneo”, che le curatrici hanno promosso nel corso del 2006 presso la Libera Università IULM (18.1.2006) e l’Università degli Studi di Milano (7.4.2006), dal quale ha avuto origine l’idea di questo volume. La scelta del tema nasce dalla constatazione che nella società contemporanea, caratterizzata da uno stato di cambiamento continuo, rapido e capillare, si fa urgente l’esigenza di riflettere sul ruolo e sull’evoluzione del linguaggio giuridico, proprio perché tra i linguaggi specialistici esso è quello che più di tutti intrattiene un intimo rapporto con la cultura della società che lo utilizza e di cui è diretta espressione, e ne riflette valori e contraddizioni, cambiamenti e trasformazioni. Questo necessariamente richiede che la lingua del diritto si evolva in parallelo ai valori predominanti, ai fenomeni sociali, alle concezioni politiche e alle tecnologie, le quali soprattutto nel mondo contemporaneo hanno un impatto determinante sull’assetto della vita civile. Un’esigenza che risulta almeno parzialmente in conflitto con la natura profondamente conservatrice del linguaggio giuridico, che più di qualsiasi altro linguaggio specialistico porta con sé un patrimonio espressivo – fatto non solo di indispensabili tecnicismi, ma anche di tecnicismi collaterali, di stereotipi fraseologici, di moduli sintattici, di modelli testuali e di schemi retorici – accumulatosi nel tempo e assai difficile da dismettere e sostituire. Proprio da questo tipo di problematica, che non riguarda certo solamente l’italiano, ma numerose altre lingue, ed è particolarmente sentita in alcuni paesi, come l’Australia, la Gran Bretagna e la Svezia, nonché nell’ambito degli organismi comunitari, sono nati nel tempo i diversi movimenti in favore della semplificazione della lingua del diritto (plain language), che trova la propria ragione d’essere in una peculiarità di questo linguaggio specialistico che lo rende assolutamente unico: nel suo ambito anche i testi più tecnici – in particolare i testi costitutivi di diverso tipo, come il testo legislativo e la sentenza –, pur essendo redatti da esperti utilizzando la terminologia, la sintassi complessa e le convenzioni testuali degli specialisti, estendono la propria validità al cittadino qualunque, che è costretto a confrontarsi con essi e ad essi conformarsi, tanto più che, in caso di mancato rispetto, l’ignoranza non è né scusante né attenuante. Pertanto, per la comunicazione giuridica per lo più non si applicano – o si applicano solo marginalmente – le tradizionali classificazioni ‘verticali’ delle lingue speciali, che categorizzano le realizzazione testuali a seconda del grado di competenza specifica rispettivamente degli emittenti e dei destinatari . D’altra parte, non sempre la via della semplificazione dà risultati che non siano comunque discutibili, come emerge chiaramente da un’analisi anche cursoria di alcuni dei documenti in versione plain language pubblicati a titolo esemplificativo dai sostenitori della semplificazione ad ogni costo.( ) Infatti, alcune delle caratteristiche più spesso deplorate del linguaggio giuridico, come il ricorso a tecnicismi terminologici privi di trasparenza, gli arcaicismi lessicali e sintattici, la sintassi intricata e sovente marcata, l’uso sistematico di astrazioni e di forme nominali, entro certi limiti hanno la loro ragione d’essere nella complicatezza della materia, nella complessità della casistica o del ragionamento o, ancora, nella necessità di recepire testi o giurisprudenza precedente. Queste considerazioni servono a inquadrare lo spirito su cui poggia questa raccolta di saggi, in molti dei quali nella esplorazione di diversi temi connessi all’uso della lingua e all’organizzazione del discorso in ambito giuridico si affrontano alcuni dei tratti contraddittori propri della comunicazione giuridica poc’anzi discussi – come l’esigenza di evoluzione e l’innato conservatorismo, le istanze di chiarezza e il rigore concettuale – che si manifestano in modo particolarmente acuto nel mondo contemporaneo. Il taglio e gli obiettivi dei diversi contributi sono ovviamente diversi: laddove i giuristi privilegiano i problemi che riguardano l’uso linguistico agli effetti dell’efficacia della norma, della sua interpretazione e applicazione, o ai fini del rigore espositivo della dottrina, o della comparazione tra concettualizzazioni e categorizzazioni, i linguisti sono più interessati a esplorare i tratti peculiari del linguaggio giuridico in quanto varietà della lingua vincolante e vincolata, soggetta a rigide restrizioni semiotiche, in cui alcuni fenomeni rilevabili limitatamente in altre varietà della lingua si manifestano in maniera macroscopica, costituendo così un terreno in indagine fertile ai fini della descrizione e teorizzazione di alcuni fenomeni linguistici. Ma, come emerge chiaramente da alcuni dei contributi, per esempio da quello di Dario Mantovani o quello di Maurizio Gotti, gli interessi sono sovente convergenti, sicché l’applicazione di strumenti analitici diversi e la differente prospettiva d’analisi hanno valore sinergico e servono ad arricchire e ad approfondire i risultati dell’indagine.
2008
linguaggio giuridico ; testo giuridico ; linguistica ; diritto ; performatività ; sentenza
Settore IUS/13 - Diritto Internazionale
Settore IUS/02 - Diritto Privato Comparato
Settore L-LIN/12 - Lingua e Traduzione - Lingua Inglese
Il linguaggio giuridico : prospettive interdisciplinari / [a cura di] G.E. Garzone, F. Santulli. - Milano : Giuffré, 2008. - ISBN 9788814138928.
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