Per il diritto romano erano incolae coloro che avevano il domicilio entro i confini di un municipio o di una colonia diversi da quelli in cui avessero la loro origo. È benvero attestata una differenza fondamentale tra coloro che si domiciliavano nell’oppidum e coloro che lo facevano nel territorium, in quanto per i secondi il domicilio non era sufficiente per ottenere la qualifica di incolae, ma era altresì necessario il possesso o la proprietà di un ager. Tuttavia, quando i rispettivi requisiti o adempimenti fossero stati rispettati, sia gli individui domiciliati nell’oppidum, sia quelli domiciliati nel territorium erano considerati tutti incolae a ogni effetto di legge, senza che possa affermarsi che la qualifica di incolae potesse più pienamente o più correttamente applicarsi ai primi, rispetto ai secondi, contrariamente a quanto ritenuto da gran parte della più influente dottrina moderna. S’è infatti visto che, dei testi che si sono utilizzati per negare quest’ultima affermazione, e cioè D.50.1.35, D.50.1.27.1 e C.10.40(39).3, il primo e il terzo non erano riferiti a individui domiciliati, ma solo a persone dimoranti nel territorio di una civitas, e il secondo non trattava della relazione tra città e territorio di una stessa civitas, ma dei rapporti tra due civitates. Il fatto che tanto i domiciliati nell’oppidum, quanto quelli nel territorium fossero in linea di principio considerati egualmente incolae di una stessa civitas, non impediva naturalmente, in chiave pragmatica, di ravvisare differenze di fatto notevoli tra gli uni e gli altri: quelli che abitavano nel centro urbano erano ovviamente molto più partecipi della vita cittadina, rispetto a quelli che vivevano in zone molto periferiche e spesso assai lontane dal capoluogo e, in confronto con questi ultimi, essi sfruttavano i servizi della città in modo molto più ampio. Tutto ciò giustamente non era considerato privo di conseguenze dal diritto e difatti gli incolae domiciliati nell’oppidum, perciò denominati urbani, oppidani o intramurani, erano soggetti a munera e, in età più avanzata, dovevano accettare honores in misura maggiore rispetto agli altri, che erano detti in contrapposizione ruris incolae o anche incolae extramurani.

Osservazioni in tema di domicilio degli “incolae”. La distinzione tra “incolae” di città e “incolae” di campagna / L. Gagliardi - In: Gli Statuti Municipali / L. Capogrossi Colognesi, E. Gabba. - Pavia : IUSS Press, 2006. - ISBN 88-7358-031-9. - pp. 647-672

Osservazioni in tema di domicilio degli “incolae”. La distinzione tra “incolae” di città e “incolae” di campagna

L. Gagliardi
Primo
2006

Abstract

Per il diritto romano erano incolae coloro che avevano il domicilio entro i confini di un municipio o di una colonia diversi da quelli in cui avessero la loro origo. È benvero attestata una differenza fondamentale tra coloro che si domiciliavano nell’oppidum e coloro che lo facevano nel territorium, in quanto per i secondi il domicilio non era sufficiente per ottenere la qualifica di incolae, ma era altresì necessario il possesso o la proprietà di un ager. Tuttavia, quando i rispettivi requisiti o adempimenti fossero stati rispettati, sia gli individui domiciliati nell’oppidum, sia quelli domiciliati nel territorium erano considerati tutti incolae a ogni effetto di legge, senza che possa affermarsi che la qualifica di incolae potesse più pienamente o più correttamente applicarsi ai primi, rispetto ai secondi, contrariamente a quanto ritenuto da gran parte della più influente dottrina moderna. S’è infatti visto che, dei testi che si sono utilizzati per negare quest’ultima affermazione, e cioè D.50.1.35, D.50.1.27.1 e C.10.40(39).3, il primo e il terzo non erano riferiti a individui domiciliati, ma solo a persone dimoranti nel territorio di una civitas, e il secondo non trattava della relazione tra città e territorio di una stessa civitas, ma dei rapporti tra due civitates. Il fatto che tanto i domiciliati nell’oppidum, quanto quelli nel territorium fossero in linea di principio considerati egualmente incolae di una stessa civitas, non impediva naturalmente, in chiave pragmatica, di ravvisare differenze di fatto notevoli tra gli uni e gli altri: quelli che abitavano nel centro urbano erano ovviamente molto più partecipi della vita cittadina, rispetto a quelli che vivevano in zone molto periferiche e spesso assai lontane dal capoluogo e, in confronto con questi ultimi, essi sfruttavano i servizi della città in modo molto più ampio. Tutto ciò giustamente non era considerato privo di conseguenze dal diritto e difatti gli incolae domiciliati nell’oppidum, perciò denominati urbani, oppidani o intramurani, erano soggetti a munera e, in età più avanzata, dovevano accettare honores in misura maggiore rispetto agli altri, che erano detti in contrapposizione ruris incolae o anche incolae extramurani.
Settore IUS/18 - Diritto Romano e Diritti dell'Antichita'
2006
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