Atti 112° congresso SIC 2010

Topic:CHIRURGIA MININVASIVA TORACICA
Autori: GIANCARLO ROVIARO, CONTARDO VERGANI
Istituzione: DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIRURGICHE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO CLINICA CHIRURGICA I

U.O.C. Chirurgia Generale 1°
Fondazione IRCCS Ca' Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano
E-mail: gian.roviaro@unimi.it    contardo.vergani@unimi.it Tel: 02. 50 32 03 40 – 02. 55 03 58 11
Fax: 02. 55 03 58 10

Titolo Relazione:
INTRODUZIONE ALLA CHIRURGIA MININVASIVA

Alla fine dell’800, Carlo Forlanini, si era accorto che allorché in un paziente affetto da Tubercolosi cavitaria, si verificava un Pnx spontaneo, la malattia aveva un decorso più favorevole. Forlanini pensò quindi che la mancata guarigione delle caverne tubercolari dipendesse dal fatto che i movimenti respiratori del polmone impedivano la riparazione delle lesioni, mentre l’immobilizzazione del polmone avrebbe dovuto favorirne la cicatrizzazione.
Secondo questa ipotesi, per guarire una caverna tubercolare sarebbe stato quindi necessario sopprimere la funzione del polmone mediante il collasso dello stesso, introducendo un gas inerte: in questo modo il polmone sarebbe stato messo in uno stato di riposo funzionale che avrebbe favorito la cicatrizzazione.
Nel 1882, Carlo Forlanini, ideò la tecnica del Pneumotorace artificiale come terapia della Tubercolosi, in quei tempi tanto frequente da essere quasi endemica.
Questa metodica ebbe un grandissimo successo in tutto il mondo, come novità assoluta per la terapia della TBC, per la quale non esistevano né presidi chirurgici né farmaceutici.
Ben presto, però, ci si accorse che non tutti i pazienti trovavano giovamento da un Pneumotorace Artificiale in quanto molti di essi presentavano aderenze pleuriche che impedivano il collasso del polmone.
Per ovviare a questi inconvenienti, l’internista svedese Jacobaeus ideò una tecnica che mediante l’introduzione di un cistoscopio nel cavo pleurico e con l’aiuto di un cauterio permetteva di lisare le aderenze pleuriche che impedivano il collasso del polmone.
Il primo intervento “toracoscopico” fu quindi eseguito nel 1910, esattamente cento anni orsono.
Nel maggio scorso a Cremona organizzato dall’AIPO (Ass. Ital. Pneumologi Ospedalieri) e dall’ ERS (European Respiratory Society) si è tenuto un convegno dal titolo “Jacobaeus Day” per celebrare questo centenario.
Le due tecniche di Forlanini e di Jacobaeus ebbero una rapida diffusione in tutto il mondo: ma l’avvento della chirurgia toracica e soprattutto l’introduzione della Streptomicina nel 1945, come antibiotico per la TBC, determinarono una drastica e rapida diminuzione, fino all’abbandono, di queste due metodiche.
La toracoscopia continuò ad essere utilizzata solo in pochi centri e in pazienti selezionati come procedura diagnostica.
Nel 1972, uno dei più importanti trattati di Chirurgia Toracica “General Thoracic Surgery” di Thomas Shields, dedicava alla toracoscopia solo 12 righe di trattazione affermando che “ in the era of artificial pneumothorax Therapy, thoracoscopic inspection and lysis of pleural adhesions, commonly were performed. Currently, however, indications for thoracoscopy are encountered only rarely……”.
Alla fine degli anni ’80, la moderna tecnologia produsse ottiche sempre più perfezionate, telecamere miniaturizzate, suturatrici meccaniche: questi presidi chirurgici, uniti anche al diffuso bisogno di una chirurgia con una minore invasività creavano un terreno assai fertile per questa chirurgia che stava per nascere.
Nel 1987 Philippe Mouret eseguì a Lione, la prima colecistectomia laparoscopica che nella storia della chirurgia mini invasiva viene considerato il primo intervento laparoscopico.
Fu da quel momento che vari centri sparsi nel mondo cominciarono a cimentarsi con queste nuove problematiche.
Negli anni 1990-91  si assistette ad una vera e propria esplosione di questa nuova branca della chirurgia che rapidamente si impose all’attenzione degli ambienti scientifici con la violenze delle novità vincenti: la diffusa applicazione pratica che ottenne sconvolse il mondo della chirurgia tradizionale.
In quegli stessi anni comparvero i primi lavori di esperienze cliniche e le prime casistiche di interventi laparoscopici nel trattamento della calcolosi della colecisti , del Reflusso Gastroesofageo, dall’acalasia, delle appendicectomie, ernie etc etc.
Nel 1991, grazie alla produzione di nuovi strumenti specificatamente dedicati alla chirurgia toracoscopica Cuschieri [1] in Scozia opera i primi pazienti affetti da Pnx spontaneo, gli statunitensi Mack e Landreneau [2] che hanno a disposizione le prime endostaplers, eseguono resezioni polmonari (wedge resection) e in Italia, con il mio gruppo eseguimmo i primi interventi di resezione di tumore del mediastino [3] (sett. ’91) e di lobectomia e pneumonectomia (ott. ’91) [4].
L’entusiasmo di quei momenti era così grande che eravamo convinti di potere operare ogni patologia con la chirurgia miniinvasiva e pur avendo una grande esperienza in chirurgia generale convenzionale ci sentivamo come pionieri che stavano scoprendo un mondo nuovo ed eccitante.
Ricordo distintamente il giorno in cui introducemmo la telecamera nel cavo toracico di un anziano paziente affetto da ca del polmone del lobo inf. Dx, allo scopo di meglio stadiare la neoplasia.
La scissura era libera, si vedeva chiaramente l’arteria battere, c’erano poche aderenze e così pure erano liberi i vasi del mediastino: cominciammo ad isolare queste strutture, e passo dopo passo , quasi senza rendercene conto alla fine constatammo di avere eseguito la prima lobectomia toracoscopia.
Il filmato di quell’intervento dopo alcuni giorni fu presentato a Chicago al Congresso dell’American College of Surgeons; le prime reazioni furono caratterizzate da grande stupore, da interesse e da ammirazione per questa tecnica innovativa.
Tuttavia superato questo momento, la tecnica sollevò molte perplessità, e fu considerata troppo difficile, potenzialmente catastrofica, in caso di lesioni vascolari a torace chiuso, senza reali vantaggi nei confronti delle tecniche tradizionali e soprattutto, oncologicamente scorretta.
La stragrande maggioranza dei grandi chirurghi toracici tradizionali, statunitensi, europei e soprattutto italiani, fu contro questa nuova tecnologia.
La stessa situazione si verificò anche al 1° Simposio mondiale di Chirurgia Toracoscopica che si tenne nel gennaio del 1993 a San Antonio (Texas) a cui parteciparono più di 2000 persone e dove presentammo la prima serie di 30 lobectomie e pneumonectomie toracoscopiche [5].
In quella occasione le più importanti scuole mondiali presentarono le loro esperienze di chirurgia toracoscopia, ma i due commentatori, illustri chirurghi toracici convenzionali Ginsberg e Cooper, si dimostrarono contrari a tutte le varie tecniche toracoscopiche presentate. In quel primo consenso mondiale si capì però che il cammino della Chirurgia Toracoscopica era inarrestabile e da subito fu evidente che alcune tecniche toracoscopiche  erano facili da imparare e da eseguire, ed avrebbero avuto una rapida diffusione, mentre altre, tecnicamente più complesse, richiedenti una più lunga fase di apprendimento, avrebbero trovato difficoltà nel loro pratico ut