La mia analisi parte da una considerazione relativa ai percorsi editoriali della narrativa distopica e di fantascienza oggi in Italia, in rapporto alle scelte tematiche e di stile soprattutto delle autrici. In essi, quel che appare forse ancora più evidente che in passato è la discrasia tra i romanzi di autrici straniere, scelti e pubblicati nel contesto italiano e la parallela assenza quasi totale di sviluppo di una voce narrativa convincente che arrivi dal contesto italiano. Senza alcuna intenzione polemica, intendo confrontare alcuni dati e alcuni risultati della scrittura di fantascienza femminile in Italia tra gli anni’ 80 e oggi, per tentare di comprendere come mai continui a esservi un autentico interesse, spesso perseguito con ostinazione e a dispetto dei mezzi a disposizione dei piccoli editori, per scrittrici straniere come Trisha Sullivan o Nnedi Okorafor – preziose, innovative e straordinarie nelle loro scelte espressive e tematiche – e appaia invece di difficile collocazione buona parte della produzione di scrittrici italiane di analoga complessità, come accade ad esempio nei romanzi della giovane Emanuela Valentini, di Clelia Farris e di altre ancora. Citando deliberatamente un volume critico del 1992, La città delle donne (O. Palusci), nel titolo di questo contributo, vorrei mostrare come vi sia stato in realtà un percorso di chiusura di spazi, editoriali e del fandom, che necessita di una riflessione.

Lo spazio che non c’è: nuove mappe per la città delle donne / N. Vallorani. - In: CONTACTZONE. - ISSN 2723-8881. - 2020:1(2020), pp. 6.58-6.68. ((Intervento presentato al convegno Mutazioni e metamorfosi: linguaggi e modelli narrativi della fantascienza : Prospettive critiche in Italia tenutosi a Napoli nel 2017.

Lo spazio che non c’è: nuove mappe per la città delle donne

N. Vallorani
2020

Abstract

La mia analisi parte da una considerazione relativa ai percorsi editoriali della narrativa distopica e di fantascienza oggi in Italia, in rapporto alle scelte tematiche e di stile soprattutto delle autrici. In essi, quel che appare forse ancora più evidente che in passato è la discrasia tra i romanzi di autrici straniere, scelti e pubblicati nel contesto italiano e la parallela assenza quasi totale di sviluppo di una voce narrativa convincente che arrivi dal contesto italiano. Senza alcuna intenzione polemica, intendo confrontare alcuni dati e alcuni risultati della scrittura di fantascienza femminile in Italia tra gli anni’ 80 e oggi, per tentare di comprendere come mai continui a esservi un autentico interesse, spesso perseguito con ostinazione e a dispetto dei mezzi a disposizione dei piccoli editori, per scrittrici straniere come Trisha Sullivan o Nnedi Okorafor – preziose, innovative e straordinarie nelle loro scelte espressive e tematiche – e appaia invece di difficile collocazione buona parte della produzione di scrittrici italiane di analoga complessità, come accade ad esempio nei romanzi della giovane Emanuela Valentini, di Clelia Farris e di altre ancora. Citando deliberatamente un volume critico del 1992, La città delle donne (O. Palusci), nel titolo di questo contributo, vorrei mostrare come vi sia stato in realtà un percorso di chiusura di spazi, editoriali e del fandom, che necessita di una riflessione.
Fantascienza, donne, promozione culturale, invisibilità
Settore L-LIN/10 - Letteratura Inglese
Settore L-LIN/11 - Lingue e Letterature Anglo-Americane
2020
Università degli studi Orientale
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