Insieme al precedente, il fragmentum 92 introduce nel Canzoniere la tematica luttuosa, destinata ad avere grande rilievo nella seconda sezione. Il sonetto prende avvio dall’esplicita citazione di Piangete, amanti, in cui Dante lamenta la scomparsa di un’amica di Beatrice. Entrambi i sonetti, d’altro canto, nascono dal riuso di un genere diffuso nel corpus trobadorico, poi noto – benché molto raro – nella produzione italiana delle origini, il planh: lo suggeriscono sia la presenza nei due testi di alcuni topoi ben attestati in Provenza, sia un possibile riscontro diretto tra di essi e Eu non chant ges per talan de chantar di Lanfranco Cigala, a sua volta profondamente convenzionale e rappresentativa del genere. Tuttavia, Dante e Petrarca guardano alla tradizione occitanica con l’intento di rinnovarla attraverso una vera e propria appropriazione e trasformazione: il lamento per l’amata morta, che tra trovatori e Siciliani comportava la conclusione dell’esperienza sentimentale, diviene infatti occasione per comporre rime “in morte”, che esprimono un amore capace di resistere alla perdita e attribuiscono ad esso un preciso valore simbolico e morale. Scopo del confronto tra i tre componimenti e tra di essi e il genere di riferimento è dunque una maggiore comprensione del rinnovamento che Petrarca ha portato alla lirica, rispetto tanto alle consuetudini cortesi quanto alla lezione dantesca, in considerazione del diverso ruolo che Beatrice e Laura svolgono nei confronti dell’io lirico dopo la morte e della differente concezione dell’aldilà che caratterizza i due poeti in termini morali ed esistenziali.

Influenze dantesche e trobadoriche in Rvf 92 / G. Ravera - In: Lureatus in Urbe I / [a cura di] L. Marcozzi, P. Rigo. - Prima edizione. - Roma : Aracne, 2019. - ISBN 9788825525908. - pp. 37-47 (( Intervento presentato al 1. convegno Laureatus in Urbe tenutosi a Roma nel 2017.

Influenze dantesche e trobadoriche in Rvf 92

G. Ravera
2019

Abstract

Insieme al precedente, il fragmentum 92 introduce nel Canzoniere la tematica luttuosa, destinata ad avere grande rilievo nella seconda sezione. Il sonetto prende avvio dall’esplicita citazione di Piangete, amanti, in cui Dante lamenta la scomparsa di un’amica di Beatrice. Entrambi i sonetti, d’altro canto, nascono dal riuso di un genere diffuso nel corpus trobadorico, poi noto – benché molto raro – nella produzione italiana delle origini, il planh: lo suggeriscono sia la presenza nei due testi di alcuni topoi ben attestati in Provenza, sia un possibile riscontro diretto tra di essi e Eu non chant ges per talan de chantar di Lanfranco Cigala, a sua volta profondamente convenzionale e rappresentativa del genere. Tuttavia, Dante e Petrarca guardano alla tradizione occitanica con l’intento di rinnovarla attraverso una vera e propria appropriazione e trasformazione: il lamento per l’amata morta, che tra trovatori e Siciliani comportava la conclusione dell’esperienza sentimentale, diviene infatti occasione per comporre rime “in morte”, che esprimono un amore capace di resistere alla perdita e attribuiscono ad esso un preciso valore simbolico e morale. Scopo del confronto tra i tre componimenti e tra di essi e il genere di riferimento è dunque una maggiore comprensione del rinnovamento che Petrarca ha portato alla lirica, rispetto tanto alle consuetudini cortesi quanto alla lezione dantesca, in considerazione del diverso ruolo che Beatrice e Laura svolgono nei confronti dell’io lirico dopo la morte e della differente concezione dell’aldilà che caratterizza i due poeti in termini morali ed esistenziali.
Petrarca; Cino da Pistoia; Lanfranco Cigala; Dante Alighieri; lirica; planh; topoi; generi
Settore L-FIL-LET/10 - Letteratura Italiana
2019
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