L'articolo analizza i quesiti di Damietta, riportati da Ṣāliḥ b. al-Ḥusayn al-Ja‘farī nel trattato al-Bayān, quesiti che testimoniano uno dei più significativi dibattiti teologico-filosofici tra musulmani e cristiani nel medioevo. Tali quesiti, elaborati presumibilmente nella corte federiciana, sarebbero stati inviati ad al-Kāmil tra il 1221 e il 1222 dalla cancelleria araba di Federico II, in occasione delle trattative con Ludovico di Baviera durante la crociata di Damietta (qui si ripercorre nel dettaglio le vicende alle pp. 248-71, basandosi in particolare sull'Historia Damiatina di Oliviero di Paderborn). È plausibile che il trattato di al-Ḥusayn non avesse alla base i quesiti federiciani, peraltro nominati, ma gli spunti teologici e dottrinali offerti dalle Epistolae salutares di Oliviero, in cui si polemizza con la religione islamica ricorrendo a temi biblici, teologici e politici, e unendo insieme spunti di propaganda cristiana, sforzo missionario e tentativi di discutere alcuni aspetti del pensiero islamico. I quesiti invece, pur avendo attinenze con le dottrine coraniche (ad esempio la teopatia di Maometto), rifletterebbero essenzialmente un'indagine di tipo epistemologico, e sarebbero legati all'attività di assimilazione e studio del pensiero aristotelico promosso alla corte federiciana attraverso le traduzioni di Michele Scoto (si segnalano in particolare quella del Commentarium magnum in Metaphysicam Aristotelis di Averroè, del De animalibus di Aristotele, dell'Abbreviatio de animalibus di Avicenna e del De motibus caelorum di al-Biṭrūjī). Tale aspetto è evidente dall'analisi dei quesiti, riguardanti, stando al trattato di Ṣāliḥ, tre ambiti di sicuro collegamento con la dottrina aristotelica mediata dai commentatori arabi: 1) meteorologia; 2) sogni e visioni; 3) embriologia. La pratica della quaestio rifletterebbe da un lato collegamenti con i metodi di insegnamento universitari, dall'altro la precisa volontà dei dotti della corte di Federico di porre questioni filosofico-scientifiche e culturali indirizzate al raggiungimento di verità condivise tra cristiani e musulmani. Le ragioni di tale confronto non andrebbero ricercate tanto in una politica di tolleranza e apertura da parte del sovrano, quanto nelle sue precise ambizioni, indirizzate alla creazione di un potere universalistico in grado di imporsi sia sul concreto piano politico sia su quello culturale.

Federico II e i quesiti di Damietta (618/1221-22) / G. Mandala' (ATTI / CENTRO DI STUDI NORMANNO-SVEVI, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI). - In: Civiltà a contatto nel Mezzogiorno normanno svevo : economia società istituzioni / [a cura di] M. Boccuzzi, P. Cordasco. - Prima edizione. - Bari : Adda, 2018. - ISBN 9788867173914. - pp. 241-317 (( Intervento presentato al 21. convegno Giornate normanno-sveve tenutosi a Melfi nel 2014.

Federico II e i quesiti di Damietta (618/1221-22)

G. Mandala'
Primo
2018

Abstract

L'articolo analizza i quesiti di Damietta, riportati da Ṣāliḥ b. al-Ḥusayn al-Ja‘farī nel trattato al-Bayān, quesiti che testimoniano uno dei più significativi dibattiti teologico-filosofici tra musulmani e cristiani nel medioevo. Tali quesiti, elaborati presumibilmente nella corte federiciana, sarebbero stati inviati ad al-Kāmil tra il 1221 e il 1222 dalla cancelleria araba di Federico II, in occasione delle trattative con Ludovico di Baviera durante la crociata di Damietta (qui si ripercorre nel dettaglio le vicende alle pp. 248-71, basandosi in particolare sull'Historia Damiatina di Oliviero di Paderborn). È plausibile che il trattato di al-Ḥusayn non avesse alla base i quesiti federiciani, peraltro nominati, ma gli spunti teologici e dottrinali offerti dalle Epistolae salutares di Oliviero, in cui si polemizza con la religione islamica ricorrendo a temi biblici, teologici e politici, e unendo insieme spunti di propaganda cristiana, sforzo missionario e tentativi di discutere alcuni aspetti del pensiero islamico. I quesiti invece, pur avendo attinenze con le dottrine coraniche (ad esempio la teopatia di Maometto), rifletterebbero essenzialmente un'indagine di tipo epistemologico, e sarebbero legati all'attività di assimilazione e studio del pensiero aristotelico promosso alla corte federiciana attraverso le traduzioni di Michele Scoto (si segnalano in particolare quella del Commentarium magnum in Metaphysicam Aristotelis di Averroè, del De animalibus di Aristotele, dell'Abbreviatio de animalibus di Avicenna e del De motibus caelorum di al-Biṭrūjī). Tale aspetto è evidente dall'analisi dei quesiti, riguardanti, stando al trattato di Ṣāliḥ, tre ambiti di sicuro collegamento con la dottrina aristotelica mediata dai commentatori arabi: 1) meteorologia; 2) sogni e visioni; 3) embriologia. La pratica della quaestio rifletterebbe da un lato collegamenti con i metodi di insegnamento universitari, dall'altro la precisa volontà dei dotti della corte di Federico di porre questioni filosofico-scientifiche e culturali indirizzate al raggiungimento di verità condivise tra cristiani e musulmani. Le ragioni di tale confronto non andrebbero ricercate tanto in una politica di tolleranza e apertura da parte del sovrano, quanto nelle sue precise ambizioni, indirizzate alla creazione di un potere universalistico in grado di imporsi sia sul concreto piano politico sia su quello culturale.
Settore L-OR/10 - Storia dei Paesi Islamici
Settore M-STO/01 - Storia Medievale
2018
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