Le odierne forme di imprenditorialità dal basso possono essere paragonate alla ‘rivoluzione industriosa’ che caratterizzò la transizione del nord Europa verso un’economia di mercato tra il XVII e XVIII secolo. Cosi come un’ondata di piccoli imprenditori alimentò il processo di modernizzazione dell’epoca, anche oggi le nuove attività imprenditoriali si caratterizzano per una grande intensità di lavoro, una scarsità di capitali e la non proprietà di conoscenze e competenze che sono comunemente disponibili. Inoltre la somiglianza è anche di tipo culturale, come nel caso dei primi proto-imprenditori capitalisti di cui Max Weber ha scritto nel suo lavoro sull'Etica Protestante. Infatti l'attuale ondata di imprenditorialità è guidata da una mentalità laboriosa, dove si privilegia il ‘duro lavoro’ che diviene il principale strumento per raggiungere l’autorealizzazione personale. In questo paper rivisiteremo gli scritti di Max Weber sullo spirito del capitalismo e sulla prima fase dell’etica protestante alla luce dei dati emersi dalle nostre interviste con diversi attori economici come start-uppers, imprenditori sociali, co-workers, i lavoratori freelance delle industrie creative, i riders di Deliveroo, i giovani neorurali e altri soggetti imprenditoriali della gig economy. Con il presente lavoro suggeriamo che, come nel caso dei primi proto-imprenditori capitalisti descritti da Weber, questi nuovi soggetti industriosi considerano il ‘duro lavoro’ come il dispositivo principale attraverso il quale realizzare innanzitutto le proprie attitudini e le proprie aspirazioni, relegando le ricompense economiche ad un ruolo di secondaria importanza. Queste motivazioni interne sono orientate alla ricerca di una stabilità esistenziale in un mercato e in un contesto sociale in rapida evoluzione, caratterizzato da forte incertezza e precarietà. E mentre la mentalità industriosa di oggi non è più legata a una visione del mondo religioso ma piuttosto alle nozioni di autorealizzazione soggettiva o a vaghi ideali politici di cambiamento sociale, la performance di una soggettività laboriosa diventa una condizione necessaria per il successo economico, cosi come per i proto-imprenditori capitalisti descritti da Weber. È solo contribuendo alla creazione collettiva di un immaginario economico che si può trovare un posto sul mercato. Proprio come per l'etica protestante negli scritti di Weber, questo immaginario collettivo consente anche l'esistenza di un mercato, in assenza di meccanismi istituzionali consolidati per la stima del valore e del rischio. Da un lato è grazie a questo immaginario che i soggetti industriosi possono creare e definire le proprie idee di business e poi successivamente, nella fase di implementazione dell’attività, adottare dei comportamenti coerenti con le aspettative derivanti da questi possibili futuri economici, trasformando l’incertezza del mercato in un rischio prevedibile ma non calcolabile probabilisticamente. Dall’altro lato, invece, questo processo diviene il meccanismo attraverso il quale gli stessi attori economici riescono a caratterizzare, qualificare, le proprie merci. Solo proiettando i prodotti all’interno di questo immaginario è possibile riconoscerne il valore simbolico, che all’interno del mercato si traduce in valore economico. La capacità di poter creare ed alimentare costantemente e collettivamente l’immaginario economico, quindi, diventa un asset della stessa attività imprenditoriale.

L’etica industriosa e lo spirito dell’economia start-up / A. Arvidsson, V. Luise. ((Intervento presentato al convegno Con gli occhi di domani : culture e linguaggi giovanili: la creatività come risorsa tenutosi a Napoli nel 2017.

L’etica industriosa e lo spirito dell’economia start-up

A. Arvidsson;V. Luise
2017

Abstract

Le odierne forme di imprenditorialità dal basso possono essere paragonate alla ‘rivoluzione industriosa’ che caratterizzò la transizione del nord Europa verso un’economia di mercato tra il XVII e XVIII secolo. Cosi come un’ondata di piccoli imprenditori alimentò il processo di modernizzazione dell’epoca, anche oggi le nuove attività imprenditoriali si caratterizzano per una grande intensità di lavoro, una scarsità di capitali e la non proprietà di conoscenze e competenze che sono comunemente disponibili. Inoltre la somiglianza è anche di tipo culturale, come nel caso dei primi proto-imprenditori capitalisti di cui Max Weber ha scritto nel suo lavoro sull'Etica Protestante. Infatti l'attuale ondata di imprenditorialità è guidata da una mentalità laboriosa, dove si privilegia il ‘duro lavoro’ che diviene il principale strumento per raggiungere l’autorealizzazione personale. In questo paper rivisiteremo gli scritti di Max Weber sullo spirito del capitalismo e sulla prima fase dell’etica protestante alla luce dei dati emersi dalle nostre interviste con diversi attori economici come start-uppers, imprenditori sociali, co-workers, i lavoratori freelance delle industrie creative, i riders di Deliveroo, i giovani neorurali e altri soggetti imprenditoriali della gig economy. Con il presente lavoro suggeriamo che, come nel caso dei primi proto-imprenditori capitalisti descritti da Weber, questi nuovi soggetti industriosi considerano il ‘duro lavoro’ come il dispositivo principale attraverso il quale realizzare innanzitutto le proprie attitudini e le proprie aspirazioni, relegando le ricompense economiche ad un ruolo di secondaria importanza. Queste motivazioni interne sono orientate alla ricerca di una stabilità esistenziale in un mercato e in un contesto sociale in rapida evoluzione, caratterizzato da forte incertezza e precarietà. E mentre la mentalità industriosa di oggi non è più legata a una visione del mondo religioso ma piuttosto alle nozioni di autorealizzazione soggettiva o a vaghi ideali politici di cambiamento sociale, la performance di una soggettività laboriosa diventa una condizione necessaria per il successo economico, cosi come per i proto-imprenditori capitalisti descritti da Weber. È solo contribuendo alla creazione collettiva di un immaginario economico che si può trovare un posto sul mercato. Proprio come per l'etica protestante negli scritti di Weber, questo immaginario collettivo consente anche l'esistenza di un mercato, in assenza di meccanismi istituzionali consolidati per la stima del valore e del rischio. Da un lato è grazie a questo immaginario che i soggetti industriosi possono creare e definire le proprie idee di business e poi successivamente, nella fase di implementazione dell’attività, adottare dei comportamenti coerenti con le aspettative derivanti da questi possibili futuri economici, trasformando l’incertezza del mercato in un rischio prevedibile ma non calcolabile probabilisticamente. Dall’altro lato, invece, questo processo diviene il meccanismo attraverso il quale gli stessi attori economici riescono a caratterizzare, qualificare, le proprie merci. Solo proiettando i prodotti all’interno di questo immaginario è possibile riconoscerne il valore simbolico, che all’interno del mercato si traduce in valore economico. La capacità di poter creare ed alimentare costantemente e collettivamente l’immaginario economico, quindi, diventa un asset della stessa attività imprenditoriale.
2017
Settore SPS/08 - Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi
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L’etica industriosa e lo spirito dell’economia start-up / A. Arvidsson, V. Luise. ((Intervento presentato al convegno Con gli occhi di domani : culture e linguaggi giovanili: la creatività come risorsa tenutosi a Napoli nel 2017.
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