Per la storiografia musicale il fatto più rilevante del primo decennio borbonico nel ducato di Parma, Piacenza e Guastalla (1749-1759) è il progetto di innestare la tradizione teatrale e letteraria francese sull’opera in musica italiana, condotto dal poeta teatrale Carlo Innocenzo Frugoni e dal compositore Tommaso Traetta con il beneplacito della corte parmense. Il tentativo di riforma – cui peraltro arrise un successo molto parziale – si inseriva in un disegno preciso e di lunga data, condotto dalla duchessa Luisa Elisabetta in perfetto accordo con il segretario particolare (poi intendente generale della Real Casa) Du Tillot, colto intellettuale e abile uomo politico. Con il concorso di artisti e uomini di cultura francesi chiamati alla corte parmense, con l’importazione di arredi, opere d’arte e maestranze dalla corte reale di Francia, la duchessa intendeva fare dei suoi piccoli stati un punto di riferimento per le arti, nella consapevolezza che la risonanza culturale fosse altrettanto importante dell’abilità diplomatica esercitata nelle sue mosse sul complesso scacchiere europeo. Il rinnovamento culturale e istituzionale – tanto più necessario dopo la spoliazione del ducato effettuata da don Carlo nel 1734 – si inseriva, inoltre, nel quadro di una politica francesizzante con la quale Luisa Elisabetta (pienamente assecondata da Du Tillot) desiderava svincolare i suoi stati dalla tutela e dai condizionamenti della corona spagnola. Della musica, non diversamente dalle altre arti, Du Tillot – appassionato cultore di musica e teatro ed egli stesso musicista dilettante – fece uno strumento primario d’azione politica e ideologica. Privilegiando il teatro e la festa en plein air, inserì ogni manifestazione spettacolare nel suo programma di riforma dell’amministrazione pubblica. Accentrò il controllo dell’attività teatrale assumendone la gestione diretta e abbandonando il tradizionale sistema impresariale: in prima persona o tramite diretti subalterni scelse le opere da rappresentare, sovrintese alla scrittura degli artisti, agli allestimenti scenici, ai costumi, intrattenne una fitta rete di relazioni internazionali, si tenne in contatto epistolare con corrispondenti francesi per la fornitura di quanto era necessario all’allestimento degli spettacoli nei teatri di corte. Ingaggiò inoltre stabilmente una compagnia francese di attori, cantanti e ballerini ed assunse un directeur du spectacle français per i concerti da camera e per l’opera in teatro. La musica ebbe, in ogni caso, una presenza capillare alla corte parmense, dove impregnò di sé la quotidianità oltre a rivestire un ruolo primario in tutte le occasioni ufficiali. Un’attività riccamente articolata e diversificata – coinvolgente i teatri ducali, i palazzi di corte, la chiesa, la camera – è attestata, tra l’altro, da un gruppo di documenti contabili e amministrativi conservati all’Archivio di Stato di Parma. Vi figurano ricevute di pagamento per le prestazioni di cantanti e strumentisti, per la riparazione e l’acquisto di strumenti, per la musica eseguita in particolari solennità religiose, per le scenografie e il vestiario dell’opera, per la copiatura di partiture effettuata in loco o a Parigi: una fonte preziosa d’informazione sulla prassi musicale, il gusto, le aspirazioni culturali di una corte che puntava a un ruolo internazionale di rilievo.

Musica alla corte di Parma nel primo decennio borbonico (1749-1759): progetti di riforma del teatro d’opera / C. Toscani (STUDI E SAGGI). - In: Musica di ieri esperienza d’oggi : ventidue studi per Paolo Fabbri / [a cura di] M.C. Bertieri, A. Roccatagliati. - Lucca : Libreria Musicale Italiana, 2018. - ISBN 9788870969474. - pp. 95-108

Musica alla corte di Parma nel primo decennio borbonico (1749-1759): progetti di riforma del teatro d’opera

C. Toscani
2018

Abstract

Per la storiografia musicale il fatto più rilevante del primo decennio borbonico nel ducato di Parma, Piacenza e Guastalla (1749-1759) è il progetto di innestare la tradizione teatrale e letteraria francese sull’opera in musica italiana, condotto dal poeta teatrale Carlo Innocenzo Frugoni e dal compositore Tommaso Traetta con il beneplacito della corte parmense. Il tentativo di riforma – cui peraltro arrise un successo molto parziale – si inseriva in un disegno preciso e di lunga data, condotto dalla duchessa Luisa Elisabetta in perfetto accordo con il segretario particolare (poi intendente generale della Real Casa) Du Tillot, colto intellettuale e abile uomo politico. Con il concorso di artisti e uomini di cultura francesi chiamati alla corte parmense, con l’importazione di arredi, opere d’arte e maestranze dalla corte reale di Francia, la duchessa intendeva fare dei suoi piccoli stati un punto di riferimento per le arti, nella consapevolezza che la risonanza culturale fosse altrettanto importante dell’abilità diplomatica esercitata nelle sue mosse sul complesso scacchiere europeo. Il rinnovamento culturale e istituzionale – tanto più necessario dopo la spoliazione del ducato effettuata da don Carlo nel 1734 – si inseriva, inoltre, nel quadro di una politica francesizzante con la quale Luisa Elisabetta (pienamente assecondata da Du Tillot) desiderava svincolare i suoi stati dalla tutela e dai condizionamenti della corona spagnola. Della musica, non diversamente dalle altre arti, Du Tillot – appassionato cultore di musica e teatro ed egli stesso musicista dilettante – fece uno strumento primario d’azione politica e ideologica. Privilegiando il teatro e la festa en plein air, inserì ogni manifestazione spettacolare nel suo programma di riforma dell’amministrazione pubblica. Accentrò il controllo dell’attività teatrale assumendone la gestione diretta e abbandonando il tradizionale sistema impresariale: in prima persona o tramite diretti subalterni scelse le opere da rappresentare, sovrintese alla scrittura degli artisti, agli allestimenti scenici, ai costumi, intrattenne una fitta rete di relazioni internazionali, si tenne in contatto epistolare con corrispondenti francesi per la fornitura di quanto era necessario all’allestimento degli spettacoli nei teatri di corte. Ingaggiò inoltre stabilmente una compagnia francese di attori, cantanti e ballerini ed assunse un directeur du spectacle français per i concerti da camera e per l’opera in teatro. La musica ebbe, in ogni caso, una presenza capillare alla corte parmense, dove impregnò di sé la quotidianità oltre a rivestire un ruolo primario in tutte le occasioni ufficiali. Un’attività riccamente articolata e diversificata – coinvolgente i teatri ducali, i palazzi di corte, la chiesa, la camera – è attestata, tra l’altro, da un gruppo di documenti contabili e amministrativi conservati all’Archivio di Stato di Parma. Vi figurano ricevute di pagamento per le prestazioni di cantanti e strumentisti, per la riparazione e l’acquisto di strumenti, per la musica eseguita in particolari solennità religiose, per le scenografie e il vestiario dell’opera, per la copiatura di partiture effettuata in loco o a Parigi: una fonte preziosa d’informazione sulla prassi musicale, il gusto, le aspirazioni culturali di una corte che puntava a un ruolo internazionale di rilievo.
Settore L-ART/07 - Musicologia e Storia della Musica
2018
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