Paolo Spinicci apre questo saggio con una discussione delle caratteristiche salienti delle proprietà espressive. In particolare, Spinicci individua tre requisiti per una teoria dell'espressività. In primo luogo, tale teoria deve rendere conto del carattere percettivamente immediato delle proprietà espressive. Esse si danno alla percezione senza apparente bisogno di alcuna riflessione ulteriore. In secondo luogo, i fenomeni espressivi non sono espressioni tout court: non v'è nessun nesso essenziale tra la manifestazione di malinconia offerta da un tramonto e un'istanza particolare di malinconia in quanto vissuto. In ultimo, i fenomeni espressivi, benché si diano in modo immediato alla percezione, hanno natura prospettica: un medesimo contenuto percettivo può dar luogo a interpretazioni differenti del suo carattere espressivo, senza che ciò implichi che solo una di queste interpretazioni sia corretta. Se il bianco è descritto da Melville come disumano, nella nostra culture simboleggia purezza e innocenza, e in quella cinese è il colore del lutto. Spinicci non esita ad ammettere che questi requisiti sembrano avere un carattere quasi paradossale, in ragione dell'evidente tensione tra di essi. In particolare, sembra difficile poter parlare dell'immediatezza percettiva dei fenomeni espressivi ed allo stesso tempo ritenere che essi abbiano natura prospettica. Ad ogni modo, Spinicci sostiene che una teoria convincente dell'espressività debba rendere conto di queste tre caratteristiche, e procede dunque nell'esame di alcune soluzioni storicamente rilevanti. Dopo avere esposto e rifiutato la teoria proiezionistica di Lipps, Spinicci, prende in considerazione due soluzioni differenti. La prima e la strada causalistica: le proprietà espressive sono caratterizzate dalla loro capacita di suscitare in noi gli stati d'animo di cui sono espressione. La malinconia del tramonto è dunque tutt'uno con la capacità del tramonto di renderci malinconici. Questa teoria è conosciuta nella filosofia analitica anglosassone sotto il nome di arousal theory, ed è stata più volte proposta come soluzione all'enigma dell'espressività musicale, ma è normalmente considerata inadeguata (si veda l'introduzione generale di questa antologia per un breve resoconto del dibattito sull'espressività della musica). Spinicci rifiuta tale teoria soluzioni per due ragioni. Da un lato, un tramonto resta malinconico indipendentemente dal nostro stato d'animo, e una canzone allegra ci sembra allegra anche quando siamo tristi: non sembra esservi un legame causale essenziale tra la percezione di una proprietà espressiva e il nostro stato emotivo. Dall'altro lato, la teoria causalistica ignora la distinzione tra cause e ragioni: essa è banalmente vera se sostiene che la percezione di proprietà espressive è regolata da nessi causali. Tuttavia, fornire ragioni per la presenza di una determinata proprietà espressiva è una pratica diversa da quella di individuare il processo causale che soggiace alla nostra percezione di tale proprietà, proprio come spiegare i processi neuro-fisiologici che sono responsabili della mia affermazione “7+5=12” non significa giustificare la verità di tale enunciato. Spinicci considera dunque una soluzione differente, per la quale ha maggiore simpatia. Questa è la teoria che egli definisce “obiettivistica”. Un simile approccio è centrato su una lettura “intransitiva” del verbo “esprimere”: se l'espressione di tristezza attraverso le lacrime rimanda ad una tristezza reale (un vissuto), l'espressione di collera del tuono o del mare agitato non rimanda a un'emozione reale, ma è semplice presentazione delle manifestazioni esteriori di tale emozione – è dunque “intransitiva”, nella misura in cui non si riferisce ad un vissuto. La teoria obiettivistica discussa da Spinicci ha dei chiari esempi in Peter Kivy e Stephen Davies – si veda, ad esempio, l'abbozzo che Davies presenta nel saggio contenuto in questa raccolta. Questo tipo di risposta al problema dell'espressività – talvolta definito “cognitivista”, è tuttora uno tra i più diffusi, in particolare nel caso dell'espressività musicale. Secondo Spinicci, questa teoria fallisce, malgrado i suoi indubbi punti di forza, poiché non rende conto della distinzione fondamentale tra segni espressivi e manifestazioni espressive. I primi sono correlati comportamentali delle emozioni, e servono come indicatori della presenza di un'emozione. Le seconde sono invece parte costitutiva delle emozioni. Posso imparare a riconoscere il risentimento in una persona dal modo il suo sguardo si fa all'improvviso corrucciato, e capisco che il gatto è infastidito dal movimento rapido della sua coda. Queste non sono manifestazioni espressive, ma unicamente segni che ci aiutano a determinare la presenza delle emozioni cui rimandano. Una manifestazione espressiva è invece una caratteristica generale dell'emozione in questione. La gioia che si manifesta nel saltellare del cane che ritrova il suo padrone manifesta una caratteristica dinamica della gioia in generale. A partire da queste considerazioni, Spinicci elabora una proposta per una teoria differente, che possa rispettare i tre requisti che aprono il suo contributo. Questa teoria è fondata su un'analogia tra il dominio dell'espressività e quello della raffigurazione. Le manifestazioni espressive hanno un carattere percettivamente immediato, nel senso in cui la battaglia di San Romano dipinta da Paolo Uccello si squaderna di fronte a noi appena posiamo lo sguardo sul quella tavola e sui pigmenti che la ricoprono. La battaglia che è dipinta in quell'opera, tuttavia, non è realmente sulla tavola di legno, né sono reali i cavalli o i soldati che vi sono raffigurati. Essi non sono parte di quella tavola o di quei pigmenti, ma non semplicemente qualcosa che appare ad uno spettatore che osservi quel dipinto. Allo stesso modo, la malinconia del tramonto non è una caratteristica del paesaggio, ma semplicemente un modo di apparire di quel paesaggio ad uno spettatore – sebbene la malinconia sia nel paesaggio e sia percettivamente data qualora questo lo sia. Così Spinicci risolve la tensione tra l'immediatezza percettiva dei fenomeni espressivi e la loro irrealtà. Come possiamo invece rendere conto del carattere prospettico delle proprietà espressive? Secondo Spinicci, è qui che deve entrare in gioco la facoltà dell'immaginazione. Se ci sforziamo di vedere nel bianco un'assenza di determinazioni che lascia aperta ogni possibilità, se ci facciamo abbagliare dalla sua accecante chiarezza, allora forse potremo capire in che senso esso sia potuto apparire disumano a Melville, e d'improvviso la sua usuale innocenza ci sembrerà più lontana.

Fenomeni e manifestazioni espressive / P. Spinicci (PROBLEMI DI FILOSOFIA DELL'ESPERIENZA). - In: Espressività : un dibattito contemporaneo / [a cura di] M. Benenti, M. Ravasio. - Prima edizione. - Milano : Mimesis, 2017 Apr. - ISBN 9788857538839. - pp. 147-168

Fenomeni e manifestazioni espressive

P. Spinicci
Primo
2017

Abstract

Paolo Spinicci apre questo saggio con una discussione delle caratteristiche salienti delle proprietà espressive. In particolare, Spinicci individua tre requisiti per una teoria dell'espressività. In primo luogo, tale teoria deve rendere conto del carattere percettivamente immediato delle proprietà espressive. Esse si danno alla percezione senza apparente bisogno di alcuna riflessione ulteriore. In secondo luogo, i fenomeni espressivi non sono espressioni tout court: non v'è nessun nesso essenziale tra la manifestazione di malinconia offerta da un tramonto e un'istanza particolare di malinconia in quanto vissuto. In ultimo, i fenomeni espressivi, benché si diano in modo immediato alla percezione, hanno natura prospettica: un medesimo contenuto percettivo può dar luogo a interpretazioni differenti del suo carattere espressivo, senza che ciò implichi che solo una di queste interpretazioni sia corretta. Se il bianco è descritto da Melville come disumano, nella nostra culture simboleggia purezza e innocenza, e in quella cinese è il colore del lutto. Spinicci non esita ad ammettere che questi requisiti sembrano avere un carattere quasi paradossale, in ragione dell'evidente tensione tra di essi. In particolare, sembra difficile poter parlare dell'immediatezza percettiva dei fenomeni espressivi ed allo stesso tempo ritenere che essi abbiano natura prospettica. Ad ogni modo, Spinicci sostiene che una teoria convincente dell'espressività debba rendere conto di queste tre caratteristiche, e procede dunque nell'esame di alcune soluzioni storicamente rilevanti. Dopo avere esposto e rifiutato la teoria proiezionistica di Lipps, Spinicci, prende in considerazione due soluzioni differenti. La prima e la strada causalistica: le proprietà espressive sono caratterizzate dalla loro capacita di suscitare in noi gli stati d'animo di cui sono espressione. La malinconia del tramonto è dunque tutt'uno con la capacità del tramonto di renderci malinconici. Questa teoria è conosciuta nella filosofia analitica anglosassone sotto il nome di arousal theory, ed è stata più volte proposta come soluzione all'enigma dell'espressività musicale, ma è normalmente considerata inadeguata (si veda l'introduzione generale di questa antologia per un breve resoconto del dibattito sull'espressività della musica). Spinicci rifiuta tale teoria soluzioni per due ragioni. Da un lato, un tramonto resta malinconico indipendentemente dal nostro stato d'animo, e una canzone allegra ci sembra allegra anche quando siamo tristi: non sembra esservi un legame causale essenziale tra la percezione di una proprietà espressiva e il nostro stato emotivo. Dall'altro lato, la teoria causalistica ignora la distinzione tra cause e ragioni: essa è banalmente vera se sostiene che la percezione di proprietà espressive è regolata da nessi causali. Tuttavia, fornire ragioni per la presenza di una determinata proprietà espressiva è una pratica diversa da quella di individuare il processo causale che soggiace alla nostra percezione di tale proprietà, proprio come spiegare i processi neuro-fisiologici che sono responsabili della mia affermazione “7+5=12” non significa giustificare la verità di tale enunciato. Spinicci considera dunque una soluzione differente, per la quale ha maggiore simpatia. Questa è la teoria che egli definisce “obiettivistica”. Un simile approccio è centrato su una lettura “intransitiva” del verbo “esprimere”: se l'espressione di tristezza attraverso le lacrime rimanda ad una tristezza reale (un vissuto), l'espressione di collera del tuono o del mare agitato non rimanda a un'emozione reale, ma è semplice presentazione delle manifestazioni esteriori di tale emozione – è dunque “intransitiva”, nella misura in cui non si riferisce ad un vissuto. La teoria obiettivistica discussa da Spinicci ha dei chiari esempi in Peter Kivy e Stephen Davies – si veda, ad esempio, l'abbozzo che Davies presenta nel saggio contenuto in questa raccolta. Questo tipo di risposta al problema dell'espressività – talvolta definito “cognitivista”, è tuttora uno tra i più diffusi, in particolare nel caso dell'espressività musicale. Secondo Spinicci, questa teoria fallisce, malgrado i suoi indubbi punti di forza, poiché non rende conto della distinzione fondamentale tra segni espressivi e manifestazioni espressive. I primi sono correlati comportamentali delle emozioni, e servono come indicatori della presenza di un'emozione. Le seconde sono invece parte costitutiva delle emozioni. Posso imparare a riconoscere il risentimento in una persona dal modo il suo sguardo si fa all'improvviso corrucciato, e capisco che il gatto è infastidito dal movimento rapido della sua coda. Queste non sono manifestazioni espressive, ma unicamente segni che ci aiutano a determinare la presenza delle emozioni cui rimandano. Una manifestazione espressiva è invece una caratteristica generale dell'emozione in questione. La gioia che si manifesta nel saltellare del cane che ritrova il suo padrone manifesta una caratteristica dinamica della gioia in generale. A partire da queste considerazioni, Spinicci elabora una proposta per una teoria differente, che possa rispettare i tre requisti che aprono il suo contributo. Questa teoria è fondata su un'analogia tra il dominio dell'espressività e quello della raffigurazione. Le manifestazioni espressive hanno un carattere percettivamente immediato, nel senso in cui la battaglia di San Romano dipinta da Paolo Uccello si squaderna di fronte a noi appena posiamo lo sguardo sul quella tavola e sui pigmenti che la ricoprono. La battaglia che è dipinta in quell'opera, tuttavia, non è realmente sulla tavola di legno, né sono reali i cavalli o i soldati che vi sono raffigurati. Essi non sono parte di quella tavola o di quei pigmenti, ma non semplicemente qualcosa che appare ad uno spettatore che osservi quel dipinto. Allo stesso modo, la malinconia del tramonto non è una caratteristica del paesaggio, ma semplicemente un modo di apparire di quel paesaggio ad uno spettatore – sebbene la malinconia sia nel paesaggio e sia percettivamente data qualora questo lo sia. Così Spinicci risolve la tensione tra l'immediatezza percettiva dei fenomeni espressivi e la loro irrealtà. Come possiamo invece rendere conto del carattere prospettico delle proprietà espressive? Secondo Spinicci, è qui che deve entrare in gioco la facoltà dell'immaginazione. Se ci sforziamo di vedere nel bianco un'assenza di determinazioni che lascia aperta ogni possibilità, se ci facciamo abbagliare dalla sua accecante chiarezza, allora forse potremo capire in che senso esso sia potuto apparire disumano a Melville, e d'improvviso la sua usuale innocenza ci sembrerà più lontana.
espressione; percezione; estetica
Settore M-FIL/01 - Filosofia Teoretica
Settore M-FIL/04 - Estetica
apr-2017
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