Introduzione: Nella costruzione dell’accesso vascolare protesico (AP), i materiali biologici e semibiologici sono tuttora poco impiegati, soprattutto negli Stati Uniti, mentre ampia diffusione in tutto il mondo ha ottenuto il PTFE nelle sue molteplici varianti, nonostante l’alta incidenza di complicanze e la ridotta durata che ne accompagna l’uso. Pazienti e metodi: Fin dall’inizio della nostra esperienza nel campo degli accessi protesici per emodialisi nel paziente complesso, abbiamo sempre preferito l’utilizzo di materiali biologici o semibiologici. Abbiamo preso in esame una serie continuativa di 746 nuovi accessi vascolari, costruiti in 553 pazienti fra il Gennaio 1990 e il Maggio 2008, impiegando materiali biologici (Gruppo I, costituito da 351 AP in vena safena omologa, 145 AP in vena mesenterica bovina, 104 AP in uretere bovino decellularizzato) e semi-biologici (Gruppo II, formato di 151 AP in collagene ovino, cresciuto su un mesh di Dacron, che rimane intruso nello spessore del collagene stesso). In questi due gruppi di accessi protesici, costruiti nello stesso periodo, utilizzando le medesime tecniche, sono state comparate la sopravvivenza primaria / secondaria, calcolandole secondo la metodica di Kaplan -Meier e valutandone le differenze col log rank L’incidenza di complicanze maggiori (infezione e steal syndrome) sono state invece calcolate secondo l’incidenza per 1000 mesi di funzione dell’accesso protesico. Risultati: La pervietà primaria del Gruppo I ad 1, 2 e 5 anni risulta del 54%, 41% e 30%, migliore rispetto ai tassi di sopravvivenza del Gruppo II, pari a 44%, 35% e 24% agli stessi periodi (p< 0.01). Più simile risulta la pervietà secondaria fra i due Gruppi, con valori del 73%, 60% e 43% per il Gruppo I, contro il 71%, 61% e 51% del Gruppo II. A 5 anni i risultati in questo secondo gruppo appaiono addirittura migliori rispetto alle protesi biologiche. Nel Gruppo I sono stati registrati 30 episodi infettivi dell’accesso vascolare e 2 steal syndromes (rispettivamente 1,3 e 0,09 per 1000 mesi di funzione che hanno necessitato di reintervento chirurgico. Nel Gruppo II, 9 furono i reinterventi per infezione ed 1 il reintervento correttivo per steal syndrome (rispettivamente, 1,8 e 0,2 per 1000 mesi di funzione). Discussione e Conclusioni Le protesi biologiche e semibiologiche presentano una pervietà a distanza assai maggiore rispetto alle protesi in PTFE, ed assai inferiore è l’incidenza di infezioni. E’ interessante notare che nei periodi tardivi le protesi semibiologiche appaiono presentare una migliore pervietà, forse dovuta alla presenza della rete di Dacron, intrusa nel collagene che ne irrobustisce la parete.

Protesi biologiche e semibiologiche per gli accessi vascolari emodialitici : risultati a distanza / L. Berardinelli, C. Beretta, M. Raiteri, A. Giussani, A. Pasciucco. ((Intervento presentato al convegno 2 Congresso Nazionale del Gruppo di Studio degli Accessi Vascolari della Società Italiana di Nefrologia tenutosi a Roma nel 2008.

Protesi biologiche e semibiologiche per gli accessi vascolari emodialitici : risultati a distanza

L. Berardinelli
Primo
;
2008

Abstract

Introduzione: Nella costruzione dell’accesso vascolare protesico (AP), i materiali biologici e semibiologici sono tuttora poco impiegati, soprattutto negli Stati Uniti, mentre ampia diffusione in tutto il mondo ha ottenuto il PTFE nelle sue molteplici varianti, nonostante l’alta incidenza di complicanze e la ridotta durata che ne accompagna l’uso. Pazienti e metodi: Fin dall’inizio della nostra esperienza nel campo degli accessi protesici per emodialisi nel paziente complesso, abbiamo sempre preferito l’utilizzo di materiali biologici o semibiologici. Abbiamo preso in esame una serie continuativa di 746 nuovi accessi vascolari, costruiti in 553 pazienti fra il Gennaio 1990 e il Maggio 2008, impiegando materiali biologici (Gruppo I, costituito da 351 AP in vena safena omologa, 145 AP in vena mesenterica bovina, 104 AP in uretere bovino decellularizzato) e semi-biologici (Gruppo II, formato di 151 AP in collagene ovino, cresciuto su un mesh di Dacron, che rimane intruso nello spessore del collagene stesso). In questi due gruppi di accessi protesici, costruiti nello stesso periodo, utilizzando le medesime tecniche, sono state comparate la sopravvivenza primaria / secondaria, calcolandole secondo la metodica di Kaplan -Meier e valutandone le differenze col log rank L’incidenza di complicanze maggiori (infezione e steal syndrome) sono state invece calcolate secondo l’incidenza per 1000 mesi di funzione dell’accesso protesico. Risultati: La pervietà primaria del Gruppo I ad 1, 2 e 5 anni risulta del 54%, 41% e 30%, migliore rispetto ai tassi di sopravvivenza del Gruppo II, pari a 44%, 35% e 24% agli stessi periodi (p< 0.01). Più simile risulta la pervietà secondaria fra i due Gruppi, con valori del 73%, 60% e 43% per il Gruppo I, contro il 71%, 61% e 51% del Gruppo II. A 5 anni i risultati in questo secondo gruppo appaiono addirittura migliori rispetto alle protesi biologiche. Nel Gruppo I sono stati registrati 30 episodi infettivi dell’accesso vascolare e 2 steal syndromes (rispettivamente 1,3 e 0,09 per 1000 mesi di funzione che hanno necessitato di reintervento chirurgico. Nel Gruppo II, 9 furono i reinterventi per infezione ed 1 il reintervento correttivo per steal syndrome (rispettivamente, 1,8 e 0,2 per 1000 mesi di funzione). Discussione e Conclusioni Le protesi biologiche e semibiologiche presentano una pervietà a distanza assai maggiore rispetto alle protesi in PTFE, ed assai inferiore è l’incidenza di infezioni. E’ interessante notare che nei periodi tardivi le protesi semibiologiche appaiono presentare una migliore pervietà, forse dovuta alla presenza della rete di Dacron, intrusa nel collagene che ne irrobustisce la parete.
2008
Settore MED/18 - Chirurgia Generale
Protesi biologiche e semibiologiche per gli accessi vascolari emodialitici : risultati a distanza / L. Berardinelli, C. Beretta, M. Raiteri, A. Giussani, A. Pasciucco. ((Intervento presentato al convegno 2 Congresso Nazionale del Gruppo di Studio degli Accessi Vascolari della Società Italiana di Nefrologia tenutosi a Roma nel 2008.
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