Il problema dell’organizzazione dei supporti necessari agli eserciti, cioè la predisposizione di un’amministrazione in grado di farsi carico delle esigenze relative a paghe, sussistenze, alloggi e trasporti delle truppe che sempre più numerose presidiavano e percorrevano l’Europa, divenne nel corso dell’età moderna un affare di vitale importanza, che condizionava sia gli esiti delle campagne militari, sia i rapporti tra governanti e governati. La sua evoluzione nel corso del XVIII secolo da un lato seguì gli imperativi militari legati alla crescita delle dimensioni degli effettivi e alla ricerca di una maggiore efficienza, dall’altro fu l’esito di istanze di riforma più ampie degli assetti amministrativi statali. Il sistema di alloggio e assistenza all’esercito nello Stato di Milano all’arrivo delle truppe imperiali aveva come punto di riferimento essenziale la figura del commissario dello stato. Il commissario costituiva il cardine del controllo dei ceti locali sugli alloggiamenti degli eserciti e sulle spese militari. Era un esponente del governo patrizio milanese, un corpo intermedio tra il governo e il paese, che si interponeva tra le esigenze militari legate alla grande politica del sistema imperiale di cui Milano faceva parte e le comunità. La guerra di successione austriaca segnò una svolta nella storia dell’Austria e dei suoi domini, chiamati a contribuire stabilmente ai costi di mantenimento dell’esercito. Per quanto riguarda la Lombardia Austriaca a partire dal 1750 veniva meno ogni distinzione tra esercito di presidio dello stato ed esercito campale, e gli oneri militari divennero sempre più funzionali alle esigenze militari di tutto il complesso asburgico e sempre meno negoziabili. Il regio decreto del 9 luglio 1772 instaurò un nuovo piano militare: tutta l’amministrazione finanziaria dei contingenti assegnati alla Lombardia fu riservata al consiglio aulico di guerra, senza alcun obbligo per quest’ultimo di comunicare al governo milanese la destinazione dei fondi stanziati ogni anno dalla regia camera. I compiti del commissario dello stato rimasero ristretti alle occorrenze di assistenza alle comunità e alla truppa per l’organizzazione dei quartieri, delle caserme, delle marce, e per le fazioni militari sostenute dalle comunità. In sostanza la carica era ormai svuotata delle valenze di autonomia giudiziaria ed equitativa tipiche delle magistrature patrizie, per divenire un ufficio esecutivo dell’amministrazione fiscale. Dal 1780 la definizione di quote fisse per il rimborso delle comunità alloggianti tolse ulteriore spazio alla conflittualità fra civili e militari, rendendo inutile una apposita istituzione con funzione conciliativa tra le parti. Il rapporto fra truppa e comunità si trasferiva su un piano meramente amministrativo, e quindi potevano essere i semplici cancellieri del censo a farsi rilasciare le attestazioni relative al numero dei contingenti che vi avevano alloggiato, e poi le province avrebbero richiesto i relativi rimborsi sulla base delle tabelle approvate una volta per tutte. Nel 1786 con l’istituzione del consiglio di governo e la creazione degli intendenti politici provinciali il commissario dello stato fu soppresso. Le funzioni da esso svolte furono aggregate alle intendenze politiche provinciali. In sostanza i cancellieri delle comunità da allora in poi avrebbero inviato all’intendente politico provinciale le note delle fazioni sostenute; passava cioè all’intendente il compito di regolare i rapporti con le autorità militari. La questione degli alloggiamenti dei soldati nella sua dimensione amministrativa era così definitivamente separata dai veri e propri affari militari, ed attribuita alle autorità provinciali; esse non potevano avere però alcuna ingerenza nelle decisioni eminentemente militari, né operare con discrezionalità; dimensione, dislocazione e spostamento di truppe e viveri erano di competenza delle autorità militari dipendenti dal consiglio aulico di guerra, in cui non potevano immischiarsi le autorità lombarde. In età leopoldina un decreto di abolizione delle intendenze parve ricondurre tutto al precedente sistema. Se questi e analoghi decreti di Leopoldo II parvero interpretare l’idea del sovrano di costituire un’articolazione provinciale con cui restituire un ruolo ai ceti locali, nell’intento di dare spazio alla partecipazione dei sudditi attraverso forme di decentramento, nella Lombardia Austriaca questo suonava come un ritorno ad un passato ormai tramontato di negoziazione tra sovrano e ceto patrizio in materia fiscale. Infatti di segno diverso era stato il tentativo di costituzione toscana, che doveva essere fondata su una rappresentanza dei possidenti, non su un reintegro dei ceti privilegiati cittadini in ruoli di governo.

Commissario di Stato ed intendenti nell'organizzazione militare della Lombardia Autriaca / A. Dattero - In: Con la ragione e col cuore : studi dedicati a Carlo Capra / [a cura di] S. Levati, M. Meriggi. - Milano : FrancoAngeli, 2008. - ISBN 9788856802238. - pp. 243-261

Commissario di Stato ed intendenti nell'organizzazione militare della Lombardia Autriaca

A. Dattero
Primo
2008

Abstract

Il problema dell’organizzazione dei supporti necessari agli eserciti, cioè la predisposizione di un’amministrazione in grado di farsi carico delle esigenze relative a paghe, sussistenze, alloggi e trasporti delle truppe che sempre più numerose presidiavano e percorrevano l’Europa, divenne nel corso dell’età moderna un affare di vitale importanza, che condizionava sia gli esiti delle campagne militari, sia i rapporti tra governanti e governati. La sua evoluzione nel corso del XVIII secolo da un lato seguì gli imperativi militari legati alla crescita delle dimensioni degli effettivi e alla ricerca di una maggiore efficienza, dall’altro fu l’esito di istanze di riforma più ampie degli assetti amministrativi statali. Il sistema di alloggio e assistenza all’esercito nello Stato di Milano all’arrivo delle truppe imperiali aveva come punto di riferimento essenziale la figura del commissario dello stato. Il commissario costituiva il cardine del controllo dei ceti locali sugli alloggiamenti degli eserciti e sulle spese militari. Era un esponente del governo patrizio milanese, un corpo intermedio tra il governo e il paese, che si interponeva tra le esigenze militari legate alla grande politica del sistema imperiale di cui Milano faceva parte e le comunità. La guerra di successione austriaca segnò una svolta nella storia dell’Austria e dei suoi domini, chiamati a contribuire stabilmente ai costi di mantenimento dell’esercito. Per quanto riguarda la Lombardia Austriaca a partire dal 1750 veniva meno ogni distinzione tra esercito di presidio dello stato ed esercito campale, e gli oneri militari divennero sempre più funzionali alle esigenze militari di tutto il complesso asburgico e sempre meno negoziabili. Il regio decreto del 9 luglio 1772 instaurò un nuovo piano militare: tutta l’amministrazione finanziaria dei contingenti assegnati alla Lombardia fu riservata al consiglio aulico di guerra, senza alcun obbligo per quest’ultimo di comunicare al governo milanese la destinazione dei fondi stanziati ogni anno dalla regia camera. I compiti del commissario dello stato rimasero ristretti alle occorrenze di assistenza alle comunità e alla truppa per l’organizzazione dei quartieri, delle caserme, delle marce, e per le fazioni militari sostenute dalle comunità. In sostanza la carica era ormai svuotata delle valenze di autonomia giudiziaria ed equitativa tipiche delle magistrature patrizie, per divenire un ufficio esecutivo dell’amministrazione fiscale. Dal 1780 la definizione di quote fisse per il rimborso delle comunità alloggianti tolse ulteriore spazio alla conflittualità fra civili e militari, rendendo inutile una apposita istituzione con funzione conciliativa tra le parti. Il rapporto fra truppa e comunità si trasferiva su un piano meramente amministrativo, e quindi potevano essere i semplici cancellieri del censo a farsi rilasciare le attestazioni relative al numero dei contingenti che vi avevano alloggiato, e poi le province avrebbero richiesto i relativi rimborsi sulla base delle tabelle approvate una volta per tutte. Nel 1786 con l’istituzione del consiglio di governo e la creazione degli intendenti politici provinciali il commissario dello stato fu soppresso. Le funzioni da esso svolte furono aggregate alle intendenze politiche provinciali. In sostanza i cancellieri delle comunità da allora in poi avrebbero inviato all’intendente politico provinciale le note delle fazioni sostenute; passava cioè all’intendente il compito di regolare i rapporti con le autorità militari. La questione degli alloggiamenti dei soldati nella sua dimensione amministrativa era così definitivamente separata dai veri e propri affari militari, ed attribuita alle autorità provinciali; esse non potevano avere però alcuna ingerenza nelle decisioni eminentemente militari, né operare con discrezionalità; dimensione, dislocazione e spostamento di truppe e viveri erano di competenza delle autorità militari dipendenti dal consiglio aulico di guerra, in cui non potevano immischiarsi le autorità lombarde. In età leopoldina un decreto di abolizione delle intendenze parve ricondurre tutto al precedente sistema. Se questi e analoghi decreti di Leopoldo II parvero interpretare l’idea del sovrano di costituire un’articolazione provinciale con cui restituire un ruolo ai ceti locali, nell’intento di dare spazio alla partecipazione dei sudditi attraverso forme di decentramento, nella Lombardia Austriaca questo suonava come un ritorno ad un passato ormai tramontato di negoziazione tra sovrano e ceto patrizio in materia fiscale. Infatti di segno diverso era stato il tentativo di costituzione toscana, che doveva essere fondata su una rappresentanza dei possidenti, non su un reintegro dei ceti privilegiati cittadini in ruoli di governo.
Settore M-STO/02 - Storia Moderna
2008
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