Uno degli argomenti che per decenni ha occupato la scena metodologica è il dilemma fra domande con risposta “aperta” e domande con risposta “chiusa”. Le origini del dibattito risalgono agli anni precedenti alla seconda guerra mondiale. Il culmine di questo conflitto si ebbe a metà degli anni Quaranta: le due opposte fazioni erano rappresentate dalla Division of Polls di Wilson e dalla Division of Program Surveys di Likert, entrambe appartenenti al Bureau of Intelligence allora diretto da Keith R. Kane (Converse 1987, 195-201). Nella primavera del 1942 Kane chiese a Lazarsfeld di studiare la situazione per trovare una soluzione metodologica. Il famoso articolo del ‘44 è una rielaborazione del rapporto che Lazarsfeld consegnò nel ‘42 a Kane. Il conflitto era originato anche dalle diverse pratiche di ricerca. Gli intervistatori della Division of Polls di Wilson, ad esempio, facevano scegliere all’intervistato una delle modalità di risposta pre-codificate. Invece gli intervistatori che lavoravano per Likert erano istruiti a trascrivere fedelmente i commenti degli intervistati e scegliere, in un secondo momento, la risposta pre-codificata più vicina al commento dell’intervistato. Questa procedura permetteva di rilevare le varie distorsioni che si producevano durante l’intervista, che secondo Likert doveva essere più vicina possibile ad una conversazione. Questa tecnica di somministrazione venne da lui battezzata “domande chiuse/risposte aperte” (fixed question/free answers). I ricercatori della Division of Program Surveys dedicavano anche molta cura alle procedure di codifica dei materiali narrativi raccolti con le risposte aperte, ma ben presto si accorsero di quanto questa procedura fosse lunga e laboriosa. Quindi la tecnica di Likert richiedeva più tempo e denaro. Qualche decennio dopo il metodologo norvegese Galtung (1967) propose una variante di questa tecnica: utilizzare nel questionario molte domande double-side, cioé aperte per l’intervistato, ma chiuse per l’intervistatore. In altri termini l’intervistatore aveva (lui) il compito di “chiudere” le domande fatte in modo aperto all’intervistato, interpretando le sue risposte e commenti. Una tecnica quindi più agile della precedente. Tuttavia sappiamo bene come andò a finire: il modello standardizzato di Wilson ebbe la meglio e le pratiche contemporanee di somministrazione del questionario consistono nel fare scegliere all’intervistato la risposta all’interno di una gamma di modalità prefissate. Questa tecnica è sicuramente più agevole ma produce molte distorsioni, ben note in letteratura (Pitrone 1984; Marradi 1988; Marradi e Gasperoni 1992, Lanzetti 1993; Gobo 1997). Il presente paper presenta i risultati di una sperimentazione condotta nell’autunno del 2001. In quell’occasione diressi una survey in cui 98 studenti (del mio corso in Tecniche della Ricerca Sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche) intervistarono telefonicamente 629 iscritti alla medesima facoltà. Molte domande furono presentante in modo aperto e poi chiuse dagli intervistatori durante l’intervista stessa, superando così i limiti della tecnica di Likert. Inoltre, contrariamente alle attuali (costose) tendenze che vedono nei mixed methods e nella triangolazione un valida alternativa ai metodi convenzionali, la tecnica proposta consiste in una sintesi (o integrazione) di due metodi differenti (il sondaggio e l’intervista discorsiva) all’interno di uno solo: il sondaggio discorsivo.

Il sondaggio discorsivo / G. Gobo. ((Intervento presentato al convegno Qualità del dato e rispetto della persona nella ricerca sociale e di marketing tenutosi a Milano nel 2008.

Il sondaggio discorsivo

G. Gobo
Primo
2008

Abstract

Uno degli argomenti che per decenni ha occupato la scena metodologica è il dilemma fra domande con risposta “aperta” e domande con risposta “chiusa”. Le origini del dibattito risalgono agli anni precedenti alla seconda guerra mondiale. Il culmine di questo conflitto si ebbe a metà degli anni Quaranta: le due opposte fazioni erano rappresentate dalla Division of Polls di Wilson e dalla Division of Program Surveys di Likert, entrambe appartenenti al Bureau of Intelligence allora diretto da Keith R. Kane (Converse 1987, 195-201). Nella primavera del 1942 Kane chiese a Lazarsfeld di studiare la situazione per trovare una soluzione metodologica. Il famoso articolo del ‘44 è una rielaborazione del rapporto che Lazarsfeld consegnò nel ‘42 a Kane. Il conflitto era originato anche dalle diverse pratiche di ricerca. Gli intervistatori della Division of Polls di Wilson, ad esempio, facevano scegliere all’intervistato una delle modalità di risposta pre-codificate. Invece gli intervistatori che lavoravano per Likert erano istruiti a trascrivere fedelmente i commenti degli intervistati e scegliere, in un secondo momento, la risposta pre-codificata più vicina al commento dell’intervistato. Questa procedura permetteva di rilevare le varie distorsioni che si producevano durante l’intervista, che secondo Likert doveva essere più vicina possibile ad una conversazione. Questa tecnica di somministrazione venne da lui battezzata “domande chiuse/risposte aperte” (fixed question/free answers). I ricercatori della Division of Program Surveys dedicavano anche molta cura alle procedure di codifica dei materiali narrativi raccolti con le risposte aperte, ma ben presto si accorsero di quanto questa procedura fosse lunga e laboriosa. Quindi la tecnica di Likert richiedeva più tempo e denaro. Qualche decennio dopo il metodologo norvegese Galtung (1967) propose una variante di questa tecnica: utilizzare nel questionario molte domande double-side, cioé aperte per l’intervistato, ma chiuse per l’intervistatore. In altri termini l’intervistatore aveva (lui) il compito di “chiudere” le domande fatte in modo aperto all’intervistato, interpretando le sue risposte e commenti. Una tecnica quindi più agile della precedente. Tuttavia sappiamo bene come andò a finire: il modello standardizzato di Wilson ebbe la meglio e le pratiche contemporanee di somministrazione del questionario consistono nel fare scegliere all’intervistato la risposta all’interno di una gamma di modalità prefissate. Questa tecnica è sicuramente più agevole ma produce molte distorsioni, ben note in letteratura (Pitrone 1984; Marradi 1988; Marradi e Gasperoni 1992, Lanzetti 1993; Gobo 1997). Il presente paper presenta i risultati di una sperimentazione condotta nell’autunno del 2001. In quell’occasione diressi una survey in cui 98 studenti (del mio corso in Tecniche della Ricerca Sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche) intervistarono telefonicamente 629 iscritti alla medesima facoltà. Molte domande furono presentante in modo aperto e poi chiuse dagli intervistatori durante l’intervista stessa, superando così i limiti della tecnica di Likert. Inoltre, contrariamente alle attuali (costose) tendenze che vedono nei mixed methods e nella triangolazione un valida alternativa ai metodi convenzionali, la tecnica proposta consiste in una sintesi (o integrazione) di due metodi differenti (il sondaggio e l’intervista discorsiva) all’interno di uno solo: il sondaggio discorsivo.
7-nov-2008
sondaggio ; intervista ; survey ; metodi quantitativi
Settore SPS/07 - Sociologia Generale
Associazione Italiana di Sociologia
Il sondaggio discorsivo / G. Gobo. ((Intervento presentato al convegno Qualità del dato e rispetto della persona nella ricerca sociale e di marketing tenutosi a Milano nel 2008.
Conference Object
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/50110
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact