Lo Stato di Milano dopo il passaggio sotto il dominio degli Asburgo d’Austria all’inizio del XVIII secolo, continuò ad esercitare il ruolo di antemurale d’Italia che lo contraddistingueva durante la dominazione spagnola, quindi ad alloggiare eserciti numerosi, di presidio e di transito. Essi si stanziavano in un territorio con una propria organizzazione militare consolidata, e contrassegnata per molti aspetti dalla separazione tra città e contadi. Nei decenni che seguirono la guerra di successione polacca le autorità austriache avviarono riforme miranti ad integrare città e territori nella più vasta organizzazione militare statale, cioè a fondere le forze del presidio urbano con quelle dell’esercito campale per quanto riguardava la struttura di comando, gli aspetti finanziari, l’organizzazione logistica e gli alloggiamenti. A proposito di quest’ultimo punto, venne avviato un vasto programma di costruzione di caserme, collocate tanto nelle campagne (soprattutto lungo le vie di transito dei reggimenti), quanto nelle città. Un’ulteriore fase di riforme militari trasse alimento non solo da esigenze logistico-strategiche, ma dal contesto più generale del riordinamento dell’amministrazione statale, secondo criteri di accentramento e di riunificazione delle città e dei contadi, come dimostrò l’istituzione nel 1786 degli intendenti politici provinciali. Negli anni Ottanta Giuseppe II stabilì con un decreto valido per tutti i domini della monarchia quali piazzeforti erano utili e quali dovessero essere abolite. Un passaggio successivo fu compiuto dalle autorità militari austriache, che decisero di alienare le piazzeforti ritenute inutili, per versare gli introiti ottenuti nel fondo militare. Si trattò di una novità di grande portata: dato che le piazzeforti erano quasi tutte collocate in città, questo decreto sancì la smilitarizzazione di importanti spazi urbani, e dette impulso a trasformazioni profonde, non solo nell’assetto militare, ma anche negli aspetti urbanistici e architettonici, e nei rapporti fra militari e civili. Dal punto di vista dei rapporti tra società civile e mondo militare questo processo segnò una svolta storica: non erano più i bastioni a chiudere la città in uno spazio militarizzato, ma il militare ad essere contenuto in spazi definiti. In tal senso la demolizione delle mura divenne un segno tangibile della separazione tra militari e civili. Certo non si trattava affatto di un allontanamento dalla città dei soldati, che vi rimasero ben presenti, ma di un fenomeno che coinvolgeva le strutture militari nella più generale tendenza alla separazione funzionale della società nel suo complesso e alla specializzazione professionale.

Un aspetto del riformismo austriaco: caserme e mondo urbano nella Lombardia del Settecento / A. Dattero - In: Militari e società civile nell'Europa dell'età moderna (secoli XVI-XVIII) / [a cura di] C. Donati, B. R. Kroener. - Bologna : Il Mulino, 2007. - ISBN 978-88-15-12107-3. - pp. 401-446 (( Intervento presentato al XLVII settimana di studi. convegno Militari e società civile nell'Europa dell'età moderna (secoli XVI-XVIII) tenutosi a Trento nel 2004.

Un aspetto del riformismo austriaco: caserme e mondo urbano nella Lombardia del Settecento

A. Dattero
Primo
2007

Abstract

Lo Stato di Milano dopo il passaggio sotto il dominio degli Asburgo d’Austria all’inizio del XVIII secolo, continuò ad esercitare il ruolo di antemurale d’Italia che lo contraddistingueva durante la dominazione spagnola, quindi ad alloggiare eserciti numerosi, di presidio e di transito. Essi si stanziavano in un territorio con una propria organizzazione militare consolidata, e contrassegnata per molti aspetti dalla separazione tra città e contadi. Nei decenni che seguirono la guerra di successione polacca le autorità austriache avviarono riforme miranti ad integrare città e territori nella più vasta organizzazione militare statale, cioè a fondere le forze del presidio urbano con quelle dell’esercito campale per quanto riguardava la struttura di comando, gli aspetti finanziari, l’organizzazione logistica e gli alloggiamenti. A proposito di quest’ultimo punto, venne avviato un vasto programma di costruzione di caserme, collocate tanto nelle campagne (soprattutto lungo le vie di transito dei reggimenti), quanto nelle città. Un’ulteriore fase di riforme militari trasse alimento non solo da esigenze logistico-strategiche, ma dal contesto più generale del riordinamento dell’amministrazione statale, secondo criteri di accentramento e di riunificazione delle città e dei contadi, come dimostrò l’istituzione nel 1786 degli intendenti politici provinciali. Negli anni Ottanta Giuseppe II stabilì con un decreto valido per tutti i domini della monarchia quali piazzeforti erano utili e quali dovessero essere abolite. Un passaggio successivo fu compiuto dalle autorità militari austriache, che decisero di alienare le piazzeforti ritenute inutili, per versare gli introiti ottenuti nel fondo militare. Si trattò di una novità di grande portata: dato che le piazzeforti erano quasi tutte collocate in città, questo decreto sancì la smilitarizzazione di importanti spazi urbani, e dette impulso a trasformazioni profonde, non solo nell’assetto militare, ma anche negli aspetti urbanistici e architettonici, e nei rapporti fra militari e civili. Dal punto di vista dei rapporti tra società civile e mondo militare questo processo segnò una svolta storica: non erano più i bastioni a chiudere la città in uno spazio militarizzato, ma il militare ad essere contenuto in spazi definiti. In tal senso la demolizione delle mura divenne un segno tangibile della separazione tra militari e civili. Certo non si trattava affatto di un allontanamento dalla città dei soldati, che vi rimasero ben presenti, ma di un fenomeno che coinvolgeva le strutture militari nella più generale tendenza alla separazione funzionale della società nel suo complesso e alla specializzazione professionale.
Settore M-STO/02 - Storia Moderna
2007
99 - altro
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