Lo studio dell’evoluzione del Bacino del Cellino durante il Pliocene inferiore permette di interpretare, sulla base di nuove osservazioni sedimentologiche, il riempimento torbiditico dell’avanfossa Periadriatica nel settore Abruzzese. In una prima fase (Pliocene basale) il bacino si apre verso sud permettendo la sedimentazione di spessi strati di conglomerato (conglomerati di Pietranico) con provenienza meridionale dal vicino Massiccio della Maiella. La presenza di indicatori di corrente alla base degli strati, la natura dei clasti e il loro sviluppo dimostrano la loro origine meridionale. Nello stesso tempo, un’estensione flessurale si verifica nella zona di cerniera della placca Adriatica in sottoscorrimento (downbending), originando faglie longitudinali dirette N-S, parallele alla direzione delle strutture appenniniche. Il depocentro, suddiviso in graben paralleli, raggiunge la sua massima profondità e diventa l’area di accumulo di torbiditi questa volta con provenienza settentrionale, così come avviene di norma nell’avanfossa Periadriatica. All’inizio le correnti torbiditiche hanno volumi limitati e composizione molto argillosa (fase di starvazione), ma rapidamente il tasso di sedimentazione cresce con uno sviluppo di una sequenza di tipo “coarsening and thickening upward”. In questo momento iniziano ad accumularsi spessi strati sabbiosi intercalati a torbiditi sottilmente stratificate. Il bacino assume una nuova forma, con la chiusura a sud dovuta al sollevamento di una struttura trasversale al bacino stesso (Alto del Cigno). La dimensione del bacino può essere stimata in almeno 150 km nella direzione parallela all’asse del bacino e 30 – 40 km nella direzione perpendicolare (Carruba et al., 2006). Il grande volume delle correnti di torbida permette la sedimentazione di strati che si depositano nell’intero bacino: le correlazioni strato a strato, effettuate grazie all’utilizzo di dati di pozzo (log elettrici) mostrano un ottimo grado di correlazione senza apprezzabili variazioni di natura e di spessore degli strati (Fig.1). I flussi torbiditici sono probabilmente molto diluiti e quindi in grado di muoversi per lunghe distanze e quindi estendersi per l’intera area del bacino; nel Bacino del Cellino questa caratteristica (e cioè la presenza di strati con estensione bacinale) è peculiare della porzione inferiore della successione stratigrafica (membri E – D – C della Formazione di Cellino). Contrariamente a quanto avviene per i suddetti membri, i megastrati del soprastante membro B mostrano (come si può dedurre dalle correlazioni di sottosuolo) una estensione laterale limitata ad alcune aree del bacino e sensibili variazioni di spessore. Il membro A, che chiude la Formazione di Cellino, è costituito principalmente da torbiditi sottilmente stratificate con rari megastrati di estensione areale limitata e di difficile correlazione. Mentre in passato si è studiata attentamente la geometria di questi megastrati a scala bacinale sulla base di dati di sottosuolo, nel presente studio ci siamo focalizzati su un’accurata analisi di facies partendo da dati raccolti in affioramento. Ciò ha permesso di effettuare nuove considerazioni sui meccanismi di trasporto e deposizione. In particolare è stato osservato quanto segue: 1) membri E - D - C La porzione inferiore della Formazione di Cellino (Fig.2) è costituita da megastrati tabulari con alla base arenarie molto spesse e massicce. La loro organizzazione interna indica la presenza correnti “sostenute” che durano a lungo nel tempo (sustained turbidity current; Kneller and Branney, 1995) e depositano importanti spessori di sedimento in aggradazione. Le seguenti caratteristiche interne posso indicare flussi “sostenuti”: (i) strati torbiditici con spessori e volume enormi, (ii) presenza di una porzione massiva basale molto spessa (0.5 – 6 m), (iii) frequenti ripetizioni verticali di intervalli deposizionali massivi e a laminazione parallela e incrociata, associate a sottili superfici di erosione, (iv) porzione sommitale pelitica molto spessa (1 – 10 m) oppure rappresentata da torbiditi sottili, (v) profilo granulometrico dello strato non ben sviluppato ma che in generale indica una diminuzione della granulometria verso l’alto, (vi) abbondante materia organica, (vii) importanti strutture dovute a fuga d’acqua. La presenza dello spesso intervallo massivo alla base può essere spiegata come il risultato di una progressiva aggradazione e assenza di trazione. La frequente ripetizione verticale di strutture sedimentarie (intervalli massivi e intervalli laminati) e la presenza di superfici erosive all’interno dei megastrati riflettono le variazioni nel tempo della velocità del flusso all’interno della stessa corrente (flussi quasi-stazionari). La porzione superiore gradata (da sabbie fini a silt) dei megastrati rappresenta la fase finale della corrente, quando si assiste ad una sua progressiva diminuzione della velocità nel tempo. Assumendo uno scenario caratterizzato dalla presenza di flussi torbiditici quasi-stazionari (e cioè che durano a lungo nel tempo), risulta più semplice spiegare la presenza dei numerosi megastrati che caratterizzano la porzione inferiore della Formazione di Cellino. In quest’ottica, i fattori che determinano lo spessore degli strati sarebbero il confinamento del bacino, il tasso e la durata dell’evento deposizionale che, come spiegato precedentemente, può perdurare fino a quando la corrente è in grado di mantenere (sostenere) un flusso di sedimento verso le aree deposizionali del bacino. 2) membro B Una riattivazione dell’attività tettonica da origine a una nuova morfologia del bacino che si caratterizza per un generale sollevamento dell’area settentrionale e conseguente approfondimento delle regioni meridionali del bacino, dovuto ad una migrazione verso sud del depocentro dell’avanfossa. Nella porzione inferiore di questo membro i megastrati diventano meno frequenti e tendono ad assottigliarsi verso sud (flussi depletivi sensu Kneller and Branney, 1995), mentre nella porzione superiore del membro B I flussi tendono ad oltrepassare le aree sopracorrente e a depositarsi nelle porzioni più meridionali del bacino (flussi accumulativi sensu Kneller and Branney, 1995). L’efficienza di trasporto è ancora molto alta: i megastrati si caratterizzano per la presenza di sequenze di Bouma troncate alla base ma con un intervallo pelitico a tetto molto sviluppato. 3) membro A Durante la deposizione del membro A il sollevamento delle aree settentrionali aumenta: come ben documentato dai dati di pozzo (es. le superfici erosionali e i depositi di riempimento di canale nei pozzi Bellante) si sviluppano superfici erosionali associate alla presenza di canali profondamente incisi che progradano verso i quadranti meridionali del bacino. Questa progradazione verso sud, associata ad un generale assottigliamento degli strati, è ben osservabile sul terreno lungo il torrente Fino e i suoi affluenti. I nostri dati suggeriscono che l’evoluzione sedimentaria del bacino del Cellino è da ricollegarsi all’interazione di diversi fattori di controllo, interni ed esterni al bacino, che sono caratteristici di molti bacini di avanfossa. In particolare, i megastrati del membro E potrebbero essere dovuti a flussi catastrofici e/o franamenti di sedimento da una scarpata durante un abbassamento relativo del livello marino indotte da un’intensa fase di sollevamento tettonico delle aree marginali del bacino stesso.

Evoluzione del Bacino del Cellino : geometria ed analisi di facies dei pricipali corpi sabbiosi (avanfossa Periadriatica pliocenica, Italia centrale) / S. Carruba, R. Casnedi, F. Felletti - In: Atti della 83. riunione estiva della Società Geologica Italiana / [a cura di] Boncio, Brozzetti Buccolini, Calamita, Crescenti D. Alessandro, Lavecchia, Miccadei, Pizzi, Raffi, Rainone, Ruscidelli, Rusi, Sciarra, Scisciani, Signanini, Stoppa. - Chieti : null, 2006 Sep. - pp. 1-236 (( Intervento presentato al 83. convegno Riunione estiva della Società Geologica Italiana tenutosi a Chieti nel 2006.

Evoluzione del Bacino del Cellino : geometria ed analisi di facies dei pricipali corpi sabbiosi (avanfossa Periadriatica pliocenica, Italia centrale)

F. Felletti
Ultimo
2006

Abstract

Lo studio dell’evoluzione del Bacino del Cellino durante il Pliocene inferiore permette di interpretare, sulla base di nuove osservazioni sedimentologiche, il riempimento torbiditico dell’avanfossa Periadriatica nel settore Abruzzese. In una prima fase (Pliocene basale) il bacino si apre verso sud permettendo la sedimentazione di spessi strati di conglomerato (conglomerati di Pietranico) con provenienza meridionale dal vicino Massiccio della Maiella. La presenza di indicatori di corrente alla base degli strati, la natura dei clasti e il loro sviluppo dimostrano la loro origine meridionale. Nello stesso tempo, un’estensione flessurale si verifica nella zona di cerniera della placca Adriatica in sottoscorrimento (downbending), originando faglie longitudinali dirette N-S, parallele alla direzione delle strutture appenniniche. Il depocentro, suddiviso in graben paralleli, raggiunge la sua massima profondità e diventa l’area di accumulo di torbiditi questa volta con provenienza settentrionale, così come avviene di norma nell’avanfossa Periadriatica. All’inizio le correnti torbiditiche hanno volumi limitati e composizione molto argillosa (fase di starvazione), ma rapidamente il tasso di sedimentazione cresce con uno sviluppo di una sequenza di tipo “coarsening and thickening upward”. In questo momento iniziano ad accumularsi spessi strati sabbiosi intercalati a torbiditi sottilmente stratificate. Il bacino assume una nuova forma, con la chiusura a sud dovuta al sollevamento di una struttura trasversale al bacino stesso (Alto del Cigno). La dimensione del bacino può essere stimata in almeno 150 km nella direzione parallela all’asse del bacino e 30 – 40 km nella direzione perpendicolare (Carruba et al., 2006). Il grande volume delle correnti di torbida permette la sedimentazione di strati che si depositano nell’intero bacino: le correlazioni strato a strato, effettuate grazie all’utilizzo di dati di pozzo (log elettrici) mostrano un ottimo grado di correlazione senza apprezzabili variazioni di natura e di spessore degli strati (Fig.1). I flussi torbiditici sono probabilmente molto diluiti e quindi in grado di muoversi per lunghe distanze e quindi estendersi per l’intera area del bacino; nel Bacino del Cellino questa caratteristica (e cioè la presenza di strati con estensione bacinale) è peculiare della porzione inferiore della successione stratigrafica (membri E – D – C della Formazione di Cellino). Contrariamente a quanto avviene per i suddetti membri, i megastrati del soprastante membro B mostrano (come si può dedurre dalle correlazioni di sottosuolo) una estensione laterale limitata ad alcune aree del bacino e sensibili variazioni di spessore. Il membro A, che chiude la Formazione di Cellino, è costituito principalmente da torbiditi sottilmente stratificate con rari megastrati di estensione areale limitata e di difficile correlazione. Mentre in passato si è studiata attentamente la geometria di questi megastrati a scala bacinale sulla base di dati di sottosuolo, nel presente studio ci siamo focalizzati su un’accurata analisi di facies partendo da dati raccolti in affioramento. Ciò ha permesso di effettuare nuove considerazioni sui meccanismi di trasporto e deposizione. In particolare è stato osservato quanto segue: 1) membri E - D - C La porzione inferiore della Formazione di Cellino (Fig.2) è costituita da megastrati tabulari con alla base arenarie molto spesse e massicce. La loro organizzazione interna indica la presenza correnti “sostenute” che durano a lungo nel tempo (sustained turbidity current; Kneller and Branney, 1995) e depositano importanti spessori di sedimento in aggradazione. Le seguenti caratteristiche interne posso indicare flussi “sostenuti”: (i) strati torbiditici con spessori e volume enormi, (ii) presenza di una porzione massiva basale molto spessa (0.5 – 6 m), (iii) frequenti ripetizioni verticali di intervalli deposizionali massivi e a laminazione parallela e incrociata, associate a sottili superfici di erosione, (iv) porzione sommitale pelitica molto spessa (1 – 10 m) oppure rappresentata da torbiditi sottili, (v) profilo granulometrico dello strato non ben sviluppato ma che in generale indica una diminuzione della granulometria verso l’alto, (vi) abbondante materia organica, (vii) importanti strutture dovute a fuga d’acqua. La presenza dello spesso intervallo massivo alla base può essere spiegata come il risultato di una progressiva aggradazione e assenza di trazione. La frequente ripetizione verticale di strutture sedimentarie (intervalli massivi e intervalli laminati) e la presenza di superfici erosive all’interno dei megastrati riflettono le variazioni nel tempo della velocità del flusso all’interno della stessa corrente (flussi quasi-stazionari). La porzione superiore gradata (da sabbie fini a silt) dei megastrati rappresenta la fase finale della corrente, quando si assiste ad una sua progressiva diminuzione della velocità nel tempo. Assumendo uno scenario caratterizzato dalla presenza di flussi torbiditici quasi-stazionari (e cioè che durano a lungo nel tempo), risulta più semplice spiegare la presenza dei numerosi megastrati che caratterizzano la porzione inferiore della Formazione di Cellino. In quest’ottica, i fattori che determinano lo spessore degli strati sarebbero il confinamento del bacino, il tasso e la durata dell’evento deposizionale che, come spiegato precedentemente, può perdurare fino a quando la corrente è in grado di mantenere (sostenere) un flusso di sedimento verso le aree deposizionali del bacino. 2) membro B Una riattivazione dell’attività tettonica da origine a una nuova morfologia del bacino che si caratterizza per un generale sollevamento dell’area settentrionale e conseguente approfondimento delle regioni meridionali del bacino, dovuto ad una migrazione verso sud del depocentro dell’avanfossa. Nella porzione inferiore di questo membro i megastrati diventano meno frequenti e tendono ad assottigliarsi verso sud (flussi depletivi sensu Kneller and Branney, 1995), mentre nella porzione superiore del membro B I flussi tendono ad oltrepassare le aree sopracorrente e a depositarsi nelle porzioni più meridionali del bacino (flussi accumulativi sensu Kneller and Branney, 1995). L’efficienza di trasporto è ancora molto alta: i megastrati si caratterizzano per la presenza di sequenze di Bouma troncate alla base ma con un intervallo pelitico a tetto molto sviluppato. 3) membro A Durante la deposizione del membro A il sollevamento delle aree settentrionali aumenta: come ben documentato dai dati di pozzo (es. le superfici erosionali e i depositi di riempimento di canale nei pozzi Bellante) si sviluppano superfici erosionali associate alla presenza di canali profondamente incisi che progradano verso i quadranti meridionali del bacino. Questa progradazione verso sud, associata ad un generale assottigliamento degli strati, è ben osservabile sul terreno lungo il torrente Fino e i suoi affluenti. I nostri dati suggeriscono che l’evoluzione sedimentaria del bacino del Cellino è da ricollegarsi all’interazione di diversi fattori di controllo, interni ed esterni al bacino, che sono caratteristici di molti bacini di avanfossa. In particolare, i megastrati del membro E potrebbero essere dovuti a flussi catastrofici e/o franamenti di sedimento da una scarpata durante un abbassamento relativo del livello marino indotte da un’intensa fase di sollevamento tettonico delle aree marginali del bacino stesso.
Cellino ; Avanfossa Periadriatica ; Pliocene ; orbiditi
Settore GEO/02 - Geologia Stratigrafica e Sedimentologica
set-2006
SGI
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