Gli androidi sono automi dalle sembianze umane che compiono azioni in maniera effettiva. Il Settecento è il secolo principe della loro fabbricazione. Sono stati creati androidi parlanti, disegnatori, scrivani e musicisti. Tre esemplari di questi strumentisti meccanici settecenteschi sono tuttora esistenti: un'organista Al Musée d’Art et d’Histoire di Neuchâtel; la suonatrice di salterio nota come Joueuse de tympanon al Musée National des Arts et Métiers di Parigi; un tamburino militare presso i depositi delle Raccolte d’Arte Applicata dei Civici Musei di Treviso. A questi esemplari vanno affiancati altri androidi musicali che hanno visto la luce nel XVIII secolo, androidi ormai perduti ma dei quali esistono diverse testimonianze letterarie e iconografiche. Flautisti, suonatori di galoubet & tambourin, organisti costituivano una schiera di meraviglie da esibire. Erano esposti di fronte al pubblico ristretto della corte reale e dei sovrani europei e rappresentavano la principale attrazione di pubblici spettacoli. La città di Parigi, in questo, ha costituito la ribalta più importante. Gli androidi musicali sono stati delle magnifiche attrazioni. Quella dello show, però, è solo la dimensione culturale più evidente che questi oggetti hanno vissuto. Infatti non è possibile separare la nascita e la ricezione degli androidi da un generale contesto di tipo scientifico. In primo luogo alcuni esemplari, tra cui il celebre flautista di Jacques de Vaucanson nel 1738, sono stati ufficialmente accolti dall’Accademia Reale delle Scienze di Parigi in qualità di applicazioni meccaniche d’avanguardia (in questa direzione un riconoscimento ulteriore è giunto dall’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, in cui è stata redatta una voce appositamente dedicata agli androidi). In secondo luogo non sono confluite solamente conoscenze meccaniche nella realizzazione di questi oggetti. I costruttori hanno dimostrato di possedere anche approfondite nozioni mediche e di averle consapevolmente utilizzate nella fabbricazione dei propri androidi. Il caso più emblematico è rappresentato dall’attività dell’atelier dei Jaquet-Droz, al quale si deve la produzione di tre dei più famosi androidi conosciuti e allo stesso tempo la realizzazione di arti artificiali forniti di una certa mobilità grazie allo sfruttamento degli stessi dispositivi meccanici alla base del funzionamento degli androidi. Tale corrispondenza tra corpo e macchina si ritrova in una caratteristica posseduta dagli androidi in generale: il fatto di essere dotati di peculiari movimenti, quali la rotazione della testa, degli occhi, il movimento del petto per il respiro, l’esecuzione di una riverenza. Vale a dire che questi oggetti venivano forniti di movimenti che gli permettessero di simulare un comportamento umano completo. In virtù di ciò è allora possibile riconoscere agli androidi un ruolo culturale estremamente significativo per l’età dei lumi. Essi potevano rappresentare prove concrete della validità di una concezione meccanicista dell’uomo. Ne erano quasi delle applicazioni sperimentali.

Androidi musicali del 18. secolo : tra scienza ed attrazione / A. Restelli. - 12:(2008).

Androidi musicali del 18. secolo : tra scienza ed attrazione

A. Restelli
Primo
2008

Abstract

Gli androidi sono automi dalle sembianze umane che compiono azioni in maniera effettiva. Il Settecento è il secolo principe della loro fabbricazione. Sono stati creati androidi parlanti, disegnatori, scrivani e musicisti. Tre esemplari di questi strumentisti meccanici settecenteschi sono tuttora esistenti: un'organista Al Musée d’Art et d’Histoire di Neuchâtel; la suonatrice di salterio nota come Joueuse de tympanon al Musée National des Arts et Métiers di Parigi; un tamburino militare presso i depositi delle Raccolte d’Arte Applicata dei Civici Musei di Treviso. A questi esemplari vanno affiancati altri androidi musicali che hanno visto la luce nel XVIII secolo, androidi ormai perduti ma dei quali esistono diverse testimonianze letterarie e iconografiche. Flautisti, suonatori di galoubet & tambourin, organisti costituivano una schiera di meraviglie da esibire. Erano esposti di fronte al pubblico ristretto della corte reale e dei sovrani europei e rappresentavano la principale attrazione di pubblici spettacoli. La città di Parigi, in questo, ha costituito la ribalta più importante. Gli androidi musicali sono stati delle magnifiche attrazioni. Quella dello show, però, è solo la dimensione culturale più evidente che questi oggetti hanno vissuto. Infatti non è possibile separare la nascita e la ricezione degli androidi da un generale contesto di tipo scientifico. In primo luogo alcuni esemplari, tra cui il celebre flautista di Jacques de Vaucanson nel 1738, sono stati ufficialmente accolti dall’Accademia Reale delle Scienze di Parigi in qualità di applicazioni meccaniche d’avanguardia (in questa direzione un riconoscimento ulteriore è giunto dall’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, in cui è stata redatta una voce appositamente dedicata agli androidi). In secondo luogo non sono confluite solamente conoscenze meccaniche nella realizzazione di questi oggetti. I costruttori hanno dimostrato di possedere anche approfondite nozioni mediche e di averle consapevolmente utilizzate nella fabbricazione dei propri androidi. Il caso più emblematico è rappresentato dall’attività dell’atelier dei Jaquet-Droz, al quale si deve la produzione di tre dei più famosi androidi conosciuti e allo stesso tempo la realizzazione di arti artificiali forniti di una certa mobilità grazie allo sfruttamento degli stessi dispositivi meccanici alla base del funzionamento degli androidi. Tale corrispondenza tra corpo e macchina si ritrova in una caratteristica posseduta dagli androidi in generale: il fatto di essere dotati di peculiari movimenti, quali la rotazione della testa, degli occhi, il movimento del petto per il respiro, l’esecuzione di una riverenza. Vale a dire che questi oggetti venivano forniti di movimenti che gli permettessero di simulare un comportamento umano completo. In virtù di ciò è allora possibile riconoscere agli androidi un ruolo culturale estremamente significativo per l’età dei lumi. Essi potevano rappresentare prove concrete della validità di una concezione meccanicista dell’uomo. Ne erano quasi delle applicazioni sperimentali.
Automi ; Androidi ; Jacques Vaucanson ; bottega Jaquet-Droz ; David Roentgen ; Peter Kintzing ; Illuminismo ; XVIII secolo
Settore L-ART/07 - Musicologia e Storia della Musica
2008
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