L’utilizzo dell’albumina umana in pazienti critici rappresenta uno degli argomenti più controversi della ricerca scientifica in terapia intensiva degli ultimi anni. In particolare, dalla fine degli anni ’90 a primi anni del 2000, sono state pubblicate tre differenti studi di meta-analisi che hanno portato a risultati contrastanti. Nel 2004 è stato concluso il primo studio multicentrico randomizzato che ha valutato l’efficacia della somministrazione di albumina rispetto ad una terapia fluidica con soluzione salina. In tale studio, la somministrazione di albumina è risultata “sicura” (SAFE), determinando una sopravvivenza a 90 giorni simile a quanto osservato in pazienti che hanno ricevuto soluzione salina. Tre caratteristiche morfologiche della molecola albumina conferiscono alla molecola stessa tre proprietà potenzialmente importanti nella fisiopatologia del paziente critico: 1) la presenza di gruppi cisteinici, che forniscono all’albumina la capacità di funzionare come sostanza bloccante i radicali liberi dell’ossigeno e i radicali legati al metabolismo dell’ossido nitrico; 2) la presenza dei domini I e II, che forniscono all’albumina la capacità di trasportare numerose sostanze nel nostro organismo; 3) la presenza di istidina, che fornisce all’albumina la proprietà di lavorare come sostanza tampone nell’equilibrio acido-base. Sulla base di questa proprietà l’albumina non dovrebbe essere considerata solamente come parte della terapia fluidica di supporto nei pazienti critici, ma anche come vero e prioprio farmaco.
Il buon uso dell'albumina in Medicina Interna / P. Caironi. ((Intervento presentato al 4. convegno Congresso Regionale FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti) tenutosi a Colombaro di Corte Franca nel 2006.
Il buon uso dell'albumina in Medicina Interna
P. CaironiPrimo
2006
Abstract
L’utilizzo dell’albumina umana in pazienti critici rappresenta uno degli argomenti più controversi della ricerca scientifica in terapia intensiva degli ultimi anni. In particolare, dalla fine degli anni ’90 a primi anni del 2000, sono state pubblicate tre differenti studi di meta-analisi che hanno portato a risultati contrastanti. Nel 2004 è stato concluso il primo studio multicentrico randomizzato che ha valutato l’efficacia della somministrazione di albumina rispetto ad una terapia fluidica con soluzione salina. In tale studio, la somministrazione di albumina è risultata “sicura” (SAFE), determinando una sopravvivenza a 90 giorni simile a quanto osservato in pazienti che hanno ricevuto soluzione salina. Tre caratteristiche morfologiche della molecola albumina conferiscono alla molecola stessa tre proprietà potenzialmente importanti nella fisiopatologia del paziente critico: 1) la presenza di gruppi cisteinici, che forniscono all’albumina la capacità di funzionare come sostanza bloccante i radicali liberi dell’ossigeno e i radicali legati al metabolismo dell’ossido nitrico; 2) la presenza dei domini I e II, che forniscono all’albumina la capacità di trasportare numerose sostanze nel nostro organismo; 3) la presenza di istidina, che fornisce all’albumina la proprietà di lavorare come sostanza tampone nell’equilibrio acido-base. Sulla base di questa proprietà l’albumina non dovrebbe essere considerata solamente come parte della terapia fluidica di supporto nei pazienti critici, ma anche come vero e prioprio farmaco.Pubblicazioni consigliate
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