Il saggio indaga le modalità con cui si forma, nel corso del XX secolo, l’idea che esista una “cucina italiana” reale e riconosciuta a livello internazionale, partendo da una situazione dualista, formata da una cucina d’èlite d’impostazione francese e una galassia di cucine regionali, fortemente legate alle produzioni agricole e artigianali e alle tradizioni locali, oltre che alle condizioni economiche strutturali e congiunturali. In particolare, si mette in evidenza come una “cucina italiana” si formi per un insieme di circostanze che vanno dall’affermazione dell’industria alimentare, della diffusione di prodotti e modelli alimentari tramite i mezzi di comunicazione di massa (in specie la televisione), le migrazioni interne e internazionali, l’urbanizzazione e l’industrializzazione che promuovono forme di alimentazione standardizzata e veloce presso strutture aziendali o locali pubblici, e dunque slegata dalle tradizionali abitudini alla mensa famigliare, di forte impronta regionale-locale. In questo quadro il vino non ha svolto reali funzioni “identitarie”, anche per la scarsa cura, salvo eccezioni, ad esso riservata nella produzione; soltanto negli ultimi tempi, in concomitanza con l’affermarsi di modelli di produzione e di consumo alimentare consapevoli e di qualità, la vitivinicoltura ha intrapreso la strada dell’intrinseca riqualificazione organolettica del prodotto e del recupero dei suoi legami col territorio.
Vin et gastronomie italienne, histoire d’une identité culturelle ? / G. Scaramellini - In: Des hommes et du vin : Le vin, patrimoine et marqueur d’identité culturelle / [a cura di] J. Pérard, M. Perrot. - Dijon : Centre Georges Chevrier : Université de Bourgogne, 2011. - ISBN 9782918173106. - pp. 169-186 (( Intervento presentato al 4. convegno Des hommes et du vin : Le vin, patrimoine et marqueur d’identité culturelle tenutosi a Clos-Vougeot (Bourgogne) nel 2010.
Vin et gastronomie italienne, histoire d’une identité culturelle ?
G. ScaramelliniPrimo
2011
Abstract
Il saggio indaga le modalità con cui si forma, nel corso del XX secolo, l’idea che esista una “cucina italiana” reale e riconosciuta a livello internazionale, partendo da una situazione dualista, formata da una cucina d’èlite d’impostazione francese e una galassia di cucine regionali, fortemente legate alle produzioni agricole e artigianali e alle tradizioni locali, oltre che alle condizioni economiche strutturali e congiunturali. In particolare, si mette in evidenza come una “cucina italiana” si formi per un insieme di circostanze che vanno dall’affermazione dell’industria alimentare, della diffusione di prodotti e modelli alimentari tramite i mezzi di comunicazione di massa (in specie la televisione), le migrazioni interne e internazionali, l’urbanizzazione e l’industrializzazione che promuovono forme di alimentazione standardizzata e veloce presso strutture aziendali o locali pubblici, e dunque slegata dalle tradizionali abitudini alla mensa famigliare, di forte impronta regionale-locale. In questo quadro il vino non ha svolto reali funzioni “identitarie”, anche per la scarsa cura, salvo eccezioni, ad esso riservata nella produzione; soltanto negli ultimi tempi, in concomitanza con l’affermarsi di modelli di produzione e di consumo alimentare consapevoli e di qualità, la vitivinicoltura ha intrapreso la strada dell’intrinseca riqualificazione organolettica del prodotto e del recupero dei suoi legami col territorio.Pubblicazioni consigliate
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