Come noto la responsabilità del Medico nell’ambito dell’esercizio della sua attività professionale contempla quella disciplinare per violazione di norme sia deontologiche, sia, eventualmente, contrattuali con il Sistema Sanitario Nazionale, nonché quella penale e civile . L’esatta conoscenza sia dei trattamenti farmacologici sia della congrua posologia e via di somministrazione risulta caposaldo della “buona arte medica” e presupposto metodologico indispensabile per la riduzione del rischio clinico, fondandosi quest’ultima, inevitabilmente, su una motivata impostazione dei processi decisionali diagnostico-terapeutici, al fine di raggiungere l’abbattimento degli errori o degli eventi indesiderati. A tale ultimo proposito si ritiene non debba mai trascurarsi di tenere in considerazione i dettami del nostro Codice Deontologico, avendo avuto prova che una sua attenta lettura fornisce la risposta a molte delle domande che inevitabilmente sorgono nell’espletamento di ogni tipo di attività medica. Appare, pertanto, opportuno premettere alcuni passi dell’art. 12 (Prescrizione e Trattamento terapeutico - Titolo III - compiti e doveri generali del medico, Capo IV – accertamenti diagnostici e trattamenti) del Codice di Deontologia Medica relativo all’ambito che qui viene affrontato: “... Le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche anche al fine dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente. ... Il medico è tenuto a una adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle prevedibili reazioni individuali, nonché delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici e deve adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate.”. Come noto l’errore tecnico o professionale può derivare «dalla trasgressione di quelle norme che sono universalmente riconosciute valide dalla scienza; l’errore può derivare da omissioni o da azioni improprie e può dipendere da imperizia, imprudenza o negligenza» . Pur se in ambito clinico errori di prescrizione e somministrazione farmacologica rappresentano un evento tutt’altro che trascurabile, tanto da essere al primo posto degli studi e dei provvedimenti di prevenzione in tema di clinical risk management (si pensi, ad esempio, alla predisposizione di carrelli ospedalieri con controllo elettronico per l’esatta individuazione quali-quantitativa del farmaco), in sede di contenzioso medico-legale e di richieste di risarcimento danni per malpractice la casistica risulta relativamente ristretta, e ciò, si ritiene, non tanto per l’esiguità delle conseguenze, ma per la difficoltà dell’identificazione di queste e, soprattutto, della loro correlazione ezio-patologica. In ogni caso, a riguardo delle problematiche inerenti alla prescrizione e alla somministrazione dei farmaci, la legislazione italiana affida al Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute) l'attività di approvvigionamento, controllo e sorveglianza della produzione, distribuzione e commercializzazione dei medicinali. Fra i medicinali rientra, fra l'altro, «ogni sostanza o composizione ... (idonea) allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell'uomo». Ogni medicinale viene quindi ammesso alla commercializzazione sul territorio della Repubblica Italiana in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale che ne proclama la relativa autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). L’AIC è sostanzialmente composta dalla cosiddetta “scheda tecnica” che contiene a sua volta l’indicazione terapeutica, la posologia, la modalità di somministrazione approvate per quel dato farmaco, nonché le interazioni, gli effetti indesiderati, etc. Anche il prezzo del farmaco viene pubblicato in Gazzetta, così come ogni eventuale modificazione dell’AIC. In Gazzetta viene infine precisato il regime di dispensazione al pubblico: se con ricetta medica ripetibile, con ricetta medica non ripetibile, con ricetta ministeriale speciale, oppure senza obbligo di ricetta medica. Nel prescrivere un farmaco bisogna, pertanto, attenersi a quanto riportato sulla AIC. Lo stabilisce una precisa norma di Legge: “… il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità” . La stessa Legge, tuttavia, ammette un’eccezione: “In singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata”; e ciò “qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale” . A tale riguardo si ritiene esplicativo proporre il caso della somministrazione, nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica, dell’Epoietina, che risulta in commercio nelle sue due forme Alfa e Beta, dovendosi somministrare la prima unicamente per via endovenosa e la seconda indifferentemente per via sottocutanea o per via endovenosa. La diversa modalità è fondata sul riscontro, in caso di somministrazione sottocute di Epoietina alfa, di casi di aplasia specifica delle cellule della serie rossa (PRCA). Ne deriva necessariamente l’indicazione all’utilizzo, per l’Epoietina alfa, della sola via endovenosa, dovendosi profilare il ricorrere di un comportamento medico colposo qualora venisse disattesa tale direttiva, a cui verrebbero rapportate, civilmente e penalmente, le eventuali sequele negative patite dal paziente. Nel caso in cui, nel paziente con insufficienza renale cronica, non fosse possibile la somministrazione endovenosa di Epoietina alfa dovrebbe essere valutato, per ogni singolo paziente, il rapporto rischio/beneficio della somministrazione sottocutanea, con l’obbligo, però, di informare il paziente e raccoglierne un adeguato consenso, potendosi prospettare, come già detto, nel caso della comparsa di effetti indesiderati gravi, profili di responsabilità di carattere civile e penale (anche nella forma della colpa specifica per innoservanza di leggi ex art. 43 c.p.). A riguardo della somministrazione di un farmaco senza seguire le modalità indicate dalla Casa Farmaceutica si ritiene esplicativa la sentenza della Corte di Cassazione, che riconosceva al medico un comportamento colposo di tipo imprudente, “per non aver osservato le prescrizioni della casa produttrice del farmaco, omettendo la diluizione di questo e la sua inoculazione via flebo” (somministrazione di una fiala di “Talofen” non diluito per via endovenosa). I giudici di merito hanno, a tale proposito, evidenziato che “se discrezionalità può essere riconosciuta, entro certi limiti, al medico … circa il dosaggio di determinati medicinali, non può essergliene riconosciuta alcuna per quanto concerne le modalità della somministrazione: laddove le conoscenze chimico-farmaceutiche della casa produttrice rendano necessario l’attenersi alle sue indicazioni è, per converso, gravemente imprudente il discostarsene da parte del sanitario privo delle conoscenze stesse. Donde la responsabilità penale per colpa da imprudenza in caso di evento lesivo alle persone”. Si ritiene, inoltre, che, nonostante la crescente autonomia e la correlata responsabilità contemplate nei nuovi profili professionali sanitari (DM 70/1997: l’infermiere garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche), il medico, qualora esegua il trattamento non direttamente, ma per interposta figura saniaria professionale (l’infermiere), non possa esimersi dalla precisazione della via di somministrazione del farmaco prescritto, soprattutto qualora questo risulti di non routinario utilizzo, ovvero sostenga gravi controindicazioni o complicanze se somministrato per altra via. Si ricorda, infine, che nella somministrazione di un farmaco potrebbero essere ravvisati gli estremi dell’esercizio di una attività pericolosa ex art. 20: e ciò comporterebbe, a carico del medico, il pesante onere di provare “di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

La prescrizione farmacologica del medico di medicina generale: aspetti medico-legali ed orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilita’ professionale / S. Garibaldo, U.R. Genovese, E. Ronchi. ((Intervento presentato al 34. convegno Congresso Nazionale SIMLA tenutosi a Sorrento nel 2004.

La prescrizione farmacologica del medico di medicina generale: aspetti medico-legali ed orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilita’ professionale

U.R. Genovese
Secondo
;
2004

Abstract

Come noto la responsabilità del Medico nell’ambito dell’esercizio della sua attività professionale contempla quella disciplinare per violazione di norme sia deontologiche, sia, eventualmente, contrattuali con il Sistema Sanitario Nazionale, nonché quella penale e civile . L’esatta conoscenza sia dei trattamenti farmacologici sia della congrua posologia e via di somministrazione risulta caposaldo della “buona arte medica” e presupposto metodologico indispensabile per la riduzione del rischio clinico, fondandosi quest’ultima, inevitabilmente, su una motivata impostazione dei processi decisionali diagnostico-terapeutici, al fine di raggiungere l’abbattimento degli errori o degli eventi indesiderati. A tale ultimo proposito si ritiene non debba mai trascurarsi di tenere in considerazione i dettami del nostro Codice Deontologico, avendo avuto prova che una sua attenta lettura fornisce la risposta a molte delle domande che inevitabilmente sorgono nell’espletamento di ogni tipo di attività medica. Appare, pertanto, opportuno premettere alcuni passi dell’art. 12 (Prescrizione e Trattamento terapeutico - Titolo III - compiti e doveri generali del medico, Capo IV – accertamenti diagnostici e trattamenti) del Codice di Deontologia Medica relativo all’ambito che qui viene affrontato: “... Le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche anche al fine dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente. ... Il medico è tenuto a una adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle prevedibili reazioni individuali, nonché delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici e deve adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate.”. Come noto l’errore tecnico o professionale può derivare «dalla trasgressione di quelle norme che sono universalmente riconosciute valide dalla scienza; l’errore può derivare da omissioni o da azioni improprie e può dipendere da imperizia, imprudenza o negligenza» . Pur se in ambito clinico errori di prescrizione e somministrazione farmacologica rappresentano un evento tutt’altro che trascurabile, tanto da essere al primo posto degli studi e dei provvedimenti di prevenzione in tema di clinical risk management (si pensi, ad esempio, alla predisposizione di carrelli ospedalieri con controllo elettronico per l’esatta individuazione quali-quantitativa del farmaco), in sede di contenzioso medico-legale e di richieste di risarcimento danni per malpractice la casistica risulta relativamente ristretta, e ciò, si ritiene, non tanto per l’esiguità delle conseguenze, ma per la difficoltà dell’identificazione di queste e, soprattutto, della loro correlazione ezio-patologica. In ogni caso, a riguardo delle problematiche inerenti alla prescrizione e alla somministrazione dei farmaci, la legislazione italiana affida al Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute) l'attività di approvvigionamento, controllo e sorveglianza della produzione, distribuzione e commercializzazione dei medicinali. Fra i medicinali rientra, fra l'altro, «ogni sostanza o composizione ... (idonea) allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell'uomo». Ogni medicinale viene quindi ammesso alla commercializzazione sul territorio della Repubblica Italiana in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale che ne proclama la relativa autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). L’AIC è sostanzialmente composta dalla cosiddetta “scheda tecnica” che contiene a sua volta l’indicazione terapeutica, la posologia, la modalità di somministrazione approvate per quel dato farmaco, nonché le interazioni, gli effetti indesiderati, etc. Anche il prezzo del farmaco viene pubblicato in Gazzetta, così come ogni eventuale modificazione dell’AIC. In Gazzetta viene infine precisato il regime di dispensazione al pubblico: se con ricetta medica ripetibile, con ricetta medica non ripetibile, con ricetta ministeriale speciale, oppure senza obbligo di ricetta medica. Nel prescrivere un farmaco bisogna, pertanto, attenersi a quanto riportato sulla AIC. Lo stabilisce una precisa norma di Legge: “… il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità” . La stessa Legge, tuttavia, ammette un’eccezione: “In singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata”; e ciò “qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale” . A tale riguardo si ritiene esplicativo proporre il caso della somministrazione, nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica, dell’Epoietina, che risulta in commercio nelle sue due forme Alfa e Beta, dovendosi somministrare la prima unicamente per via endovenosa e la seconda indifferentemente per via sottocutanea o per via endovenosa. La diversa modalità è fondata sul riscontro, in caso di somministrazione sottocute di Epoietina alfa, di casi di aplasia specifica delle cellule della serie rossa (PRCA). Ne deriva necessariamente l’indicazione all’utilizzo, per l’Epoietina alfa, della sola via endovenosa, dovendosi profilare il ricorrere di un comportamento medico colposo qualora venisse disattesa tale direttiva, a cui verrebbero rapportate, civilmente e penalmente, le eventuali sequele negative patite dal paziente. Nel caso in cui, nel paziente con insufficienza renale cronica, non fosse possibile la somministrazione endovenosa di Epoietina alfa dovrebbe essere valutato, per ogni singolo paziente, il rapporto rischio/beneficio della somministrazione sottocutanea, con l’obbligo, però, di informare il paziente e raccoglierne un adeguato consenso, potendosi prospettare, come già detto, nel caso della comparsa di effetti indesiderati gravi, profili di responsabilità di carattere civile e penale (anche nella forma della colpa specifica per innoservanza di leggi ex art. 43 c.p.). A riguardo della somministrazione di un farmaco senza seguire le modalità indicate dalla Casa Farmaceutica si ritiene esplicativa la sentenza della Corte di Cassazione, che riconosceva al medico un comportamento colposo di tipo imprudente, “per non aver osservato le prescrizioni della casa produttrice del farmaco, omettendo la diluizione di questo e la sua inoculazione via flebo” (somministrazione di una fiala di “Talofen” non diluito per via endovenosa). I giudici di merito hanno, a tale proposito, evidenziato che “se discrezionalità può essere riconosciuta, entro certi limiti, al medico … circa il dosaggio di determinati medicinali, non può essergliene riconosciuta alcuna per quanto concerne le modalità della somministrazione: laddove le conoscenze chimico-farmaceutiche della casa produttrice rendano necessario l’attenersi alle sue indicazioni è, per converso, gravemente imprudente il discostarsene da parte del sanitario privo delle conoscenze stesse. Donde la responsabilità penale per colpa da imprudenza in caso di evento lesivo alle persone”. Si ritiene, inoltre, che, nonostante la crescente autonomia e la correlata responsabilità contemplate nei nuovi profili professionali sanitari (DM 70/1997: l’infermiere garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche), il medico, qualora esegua il trattamento non direttamente, ma per interposta figura saniaria professionale (l’infermiere), non possa esimersi dalla precisazione della via di somministrazione del farmaco prescritto, soprattutto qualora questo risulti di non routinario utilizzo, ovvero sostenga gravi controindicazioni o complicanze se somministrato per altra via. Si ricorda, infine, che nella somministrazione di un farmaco potrebbero essere ravvisati gli estremi dell’esercizio di una attività pericolosa ex art. 20: e ciò comporterebbe, a carico del medico, il pesante onere di provare “di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.
giu-2004
Settore MED/43 - Medicina Legale
La prescrizione farmacologica del medico di medicina generale: aspetti medico-legali ed orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilita’ professionale / S. Garibaldo, U.R. Genovese, E. Ronchi. ((Intervento presentato al 34. convegno Congresso Nazionale SIMLA tenutosi a Sorrento nel 2004.
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