Dopo una breve premessa che rileva l’anomalo silenzio di dottrina scientifica e media dopo la sentenza del 2011 della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha “assolto” l’Italia per l’esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche (mentre la sentenza di primo grado che aveva rilevato, in relazione alla medesima fattispecie, una violazione della Convenzione europea era stata accolta da reazioni rumorose e bipartisan), l’autore esamina il ricorso governativo che investito della questione la Grande Camera e la sentenza pronunciata da quest’ultima. La sentenza è esaminata, in particolare, sotto due prospettive: 1) alla luce dei principi di laicità e di neutralità dello stato davanti a tutte le credenze religiose e le confessioni: principi che hanno avuto un ruolo importante nella evoluzione della giurisprudenza della Corte degli ultimi anni e che tuttavia nel caso di specie sono stati “trascurati” o impoveriti di alcuni loro contenuti fondanti, al fine di legittimare una soluzione della fattispecie che, secondo parte della dottrina (e secondo l’autore) sembra essere stata decisa “a tavolino” e in base a considerazioni più politiche che giuridiche; 2) alla luce della distinzione tra simboli “passivi” (tra i quali la Corte annovera il crocifisso, esposto con le modalità riscontrabili nel caso specifico) e simboli “forti” (tra i quali, secondo costante giurisprudenza di Strasburgo, deve essere incluso il velo islamico indossato all’interno delle scuole pubbliche dei paesi che ne vietano il porto alla luce del principio di laicità statuale), che la Corte ha applicato nel caso in esame apparentemente discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza.
La sentenza Lautsi e altri c. Italia della Corte europea dei Diritti dell’Uomo / M. Toscano. - In: STATO, CHIESE E PLURALISMO CONFESSIONALE. - ISSN 1971-8543. - 2011:(2011 Oct 31), pp. 1-48.
La sentenza Lautsi e altri c. Italia della Corte europea dei Diritti dell’Uomo
M. ToscanoPrimo
2011
Abstract
Dopo una breve premessa che rileva l’anomalo silenzio di dottrina scientifica e media dopo la sentenza del 2011 della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha “assolto” l’Italia per l’esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche (mentre la sentenza di primo grado che aveva rilevato, in relazione alla medesima fattispecie, una violazione della Convenzione europea era stata accolta da reazioni rumorose e bipartisan), l’autore esamina il ricorso governativo che investito della questione la Grande Camera e la sentenza pronunciata da quest’ultima. La sentenza è esaminata, in particolare, sotto due prospettive: 1) alla luce dei principi di laicità e di neutralità dello stato davanti a tutte le credenze religiose e le confessioni: principi che hanno avuto un ruolo importante nella evoluzione della giurisprudenza della Corte degli ultimi anni e che tuttavia nel caso di specie sono stati “trascurati” o impoveriti di alcuni loro contenuti fondanti, al fine di legittimare una soluzione della fattispecie che, secondo parte della dottrina (e secondo l’autore) sembra essere stata decisa “a tavolino” e in base a considerazioni più politiche che giuridiche; 2) alla luce della distinzione tra simboli “passivi” (tra i quali la Corte annovera il crocifisso, esposto con le modalità riscontrabili nel caso specifico) e simboli “forti” (tra i quali, secondo costante giurisprudenza di Strasburgo, deve essere incluso il velo islamico indossato all’interno delle scuole pubbliche dei paesi che ne vietano il porto alla luce del principio di laicità statuale), che la Corte ha applicato nel caso in esame apparentemente discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza.File | Dimensione | Formato | |
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