In questo elaborato l’obiettivo primario di tracciare un excursus storico nella formazione dell’ostetrica si è naturalmente integrato con quello più ampio di ripercorrere le vicende storiche, politiche e socio – culturali che hanno trasformato un’arte empirica in una professione intellettuale, caratterizzata da autonomia decisionale, assunzione di responsabilità negli ambiti di propria competenza e da una formazione scientifica e tecnica. La professione dell’ostetrica nasce come sapere femminile, trasmesso e arricchito di generazione in generazione. Fin dalle più antiche civiltà è presente una specifica figura deputata al parto: ella, che è chiamata di volta in volta maiai, majelledeth, obstetrix, levatrice, ricoglitrice, è considerata la mediatrice dei complessi rituali magico – religiosi della nascita e la depositaria di una “medicina” popolare basata sull’uso di erbe, unguenti, preghiere e formule magiche. Fin oltre il Medioevo l’assistenza alla nascita e alle malattie delle donne spetta esclusivamente alle levatrici, per le quali non è prevista alcuna formazione che non sia meramente empirica. Tra il Quattrocento e il Cinquecento la levatrice viene vista come la depositaria di una serie di pratiche che potevano indurre malefici e sortilegi; diventa così bersaglio di processi inquisitoriali e oggetto di controllo da parte della Chiesa. Dopo un periodo di oscurità per la scienza medica, nel 1500 risorgono finalmente in Europa la medicina e gli studi anatomici; gravidanza e parto acquisiscono il carattere di fenomeno biologico e per la prima volta si prefigura per gli uomini la possibilità di assistere ai parti. Compaiono i primi trattati di ostetricia, scritti in volgare per poter essere compresi dalle levatrici che avevano scarsa istruzione; “La comare o ricoglitrice” è il primo manuale redatto in Italia ad opera di Scipione Mercurio. Nel XVII secolo assistiamo al progressivo intervento degli uomini sulla scena del parto soprattutto in seguito all’introduzione dell’uso del forcipe, che diventa simbolo del nuovo ruolo dei chirurghi. Con il diffondersi della presenza degli ostetrici al capezzale delle partorienti, l’attività delle levatrici viene delegittimata finché i chirurghi non curano essi stessi la loro formazione. Intorno alla metà del Settecento, anche in seguito alla presa di coscienza dell’elevata mortalità materna e neonatale, il parto diventa oggetto di interesse da parte di medici e uomini di stato. Il progetto di controllo della pratica e della preparazione delle levatrici si concretizza con l’istituzione di commissioni d’esame e con la fondazione di scuole annesse o collegate agli ospedali. La prima scuola per levatrici si apre a Torino nel 1728; ad essa fanno seguito Bologna, Milano, Firenze e così via; nel contesto di queste prime scuole le linee di intervento per la formazione e le modalità di accesso sono molto diverse da una situazione all’altra. Con la nascita delle scuole si realizza la fusione tra insegnamento teorico e tirocinio pratico. L’unificazione raggiunta in Italia col regno sabaudo comporta la necessità di provvedere unitariamente anche per la formazione delle levatrici: la questione viene risolta a livello universitario con il RD 10/02/1876 relativo al “regolamento delle scuole di ostetricia per levatrici” fino a giungere all’ordinamento del 1936, convertito nella legge 25/3/1937 n. 921, comprendente anche la disciplina giuridica della professione. Nel corso degli anni viene più volte modificata la durata del corso di studi e i requisiti per l’accesso; vengono modificati i regolamenti e i programmi si arricchiscono di nuove materie e vengono definiti più dettagliatamente. A fronte di un lungo e complesso iter di riordino della legislazione concernente la formazione universitaria, oggi il percorso formativo dell’ostetrica è regolamentato dalle leggi italiane secondo le disposizioni del DM 509/99 e le successive variazioni previste dai DM 270/04 e dalla direttiva europea 2005/36/CE. L’architettura del sistema formativo attuale offre la possibilità di sviluppare diversi gradi di conoscenze e abilità ognuno dei quali si traduce in un corrispettivo profilo e ambito di responsabilità. Importante innovazione, a seguito delle leggi di riforma universitaria, è costituita dal riconoscimento epistemologico della disciplina ostetrica. Quest’elaborato si propone di offrire spunti per riflettere sulle criticità della formazione attuale e per ripensare la formazione in relazione agli scenari nuovi e più ampi attraverso i quali si muove oggi la professionista ostetrica.

La formazione dell’ostetrica: excursus storico / G. Lepore, D. Calistri. - [s.l] : CdL Magistrale in Scienze Infermiristiche e Ostetriche - Università degli Studi di Milano, 2011 Mar 16.

La formazione dell’ostetrica: excursus storico

D. Calistri
Ultimo
2011

Abstract

In questo elaborato l’obiettivo primario di tracciare un excursus storico nella formazione dell’ostetrica si è naturalmente integrato con quello più ampio di ripercorrere le vicende storiche, politiche e socio – culturali che hanno trasformato un’arte empirica in una professione intellettuale, caratterizzata da autonomia decisionale, assunzione di responsabilità negli ambiti di propria competenza e da una formazione scientifica e tecnica. La professione dell’ostetrica nasce come sapere femminile, trasmesso e arricchito di generazione in generazione. Fin dalle più antiche civiltà è presente una specifica figura deputata al parto: ella, che è chiamata di volta in volta maiai, majelledeth, obstetrix, levatrice, ricoglitrice, è considerata la mediatrice dei complessi rituali magico – religiosi della nascita e la depositaria di una “medicina” popolare basata sull’uso di erbe, unguenti, preghiere e formule magiche. Fin oltre il Medioevo l’assistenza alla nascita e alle malattie delle donne spetta esclusivamente alle levatrici, per le quali non è prevista alcuna formazione che non sia meramente empirica. Tra il Quattrocento e il Cinquecento la levatrice viene vista come la depositaria di una serie di pratiche che potevano indurre malefici e sortilegi; diventa così bersaglio di processi inquisitoriali e oggetto di controllo da parte della Chiesa. Dopo un periodo di oscurità per la scienza medica, nel 1500 risorgono finalmente in Europa la medicina e gli studi anatomici; gravidanza e parto acquisiscono il carattere di fenomeno biologico e per la prima volta si prefigura per gli uomini la possibilità di assistere ai parti. Compaiono i primi trattati di ostetricia, scritti in volgare per poter essere compresi dalle levatrici che avevano scarsa istruzione; “La comare o ricoglitrice” è il primo manuale redatto in Italia ad opera di Scipione Mercurio. Nel XVII secolo assistiamo al progressivo intervento degli uomini sulla scena del parto soprattutto in seguito all’introduzione dell’uso del forcipe, che diventa simbolo del nuovo ruolo dei chirurghi. Con il diffondersi della presenza degli ostetrici al capezzale delle partorienti, l’attività delle levatrici viene delegittimata finché i chirurghi non curano essi stessi la loro formazione. Intorno alla metà del Settecento, anche in seguito alla presa di coscienza dell’elevata mortalità materna e neonatale, il parto diventa oggetto di interesse da parte di medici e uomini di stato. Il progetto di controllo della pratica e della preparazione delle levatrici si concretizza con l’istituzione di commissioni d’esame e con la fondazione di scuole annesse o collegate agli ospedali. La prima scuola per levatrici si apre a Torino nel 1728; ad essa fanno seguito Bologna, Milano, Firenze e così via; nel contesto di queste prime scuole le linee di intervento per la formazione e le modalità di accesso sono molto diverse da una situazione all’altra. Con la nascita delle scuole si realizza la fusione tra insegnamento teorico e tirocinio pratico. L’unificazione raggiunta in Italia col regno sabaudo comporta la necessità di provvedere unitariamente anche per la formazione delle levatrici: la questione viene risolta a livello universitario con il RD 10/02/1876 relativo al “regolamento delle scuole di ostetricia per levatrici” fino a giungere all’ordinamento del 1936, convertito nella legge 25/3/1937 n. 921, comprendente anche la disciplina giuridica della professione. Nel corso degli anni viene più volte modificata la durata del corso di studi e i requisiti per l’accesso; vengono modificati i regolamenti e i programmi si arricchiscono di nuove materie e vengono definiti più dettagliatamente. A fronte di un lungo e complesso iter di riordino della legislazione concernente la formazione universitaria, oggi il percorso formativo dell’ostetrica è regolamentato dalle leggi italiane secondo le disposizioni del DM 509/99 e le successive variazioni previste dai DM 270/04 e dalla direttiva europea 2005/36/CE. L’architettura del sistema formativo attuale offre la possibilità di sviluppare diversi gradi di conoscenze e abilità ognuno dei quali si traduce in un corrispettivo profilo e ambito di responsabilità. Importante innovazione, a seguito delle leggi di riforma universitaria, è costituita dal riconoscimento epistemologico della disciplina ostetrica. Quest’elaborato si propone di offrire spunti per riflettere sulle criticità della formazione attuale e per ripensare la formazione in relazione agli scenari nuovi e più ampi attraverso i quali si muove oggi la professionista ostetrica.
16-mar-2011
formazione ; storia ; ostetrica
Settore MED/47 - Scienze Infermieristiche Ostetrico-Ginecologiche
Working Paper
La formazione dell’ostetrica: excursus storico / G. Lepore, D. Calistri. - [s.l] : CdL Magistrale in Scienze Infermiristiche e Ostetriche - Università degli Studi di Milano, 2011 Mar 16.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2434/155694
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